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La Turchia si arrabbia con Standard & Poor’s

E’ guerra tra la Turchia e Standard & Poor’s, che non fornirà più i suoi servizi di rating al paese, dopo che il governo di Ankara ha deciso di non rinnovare l’accordo con l’agenzia statunitense a causa di una stima negativa sul debito nazionale.
Lo ha annunciato S&P con un comunicato, in cui spiega che fornirà sulle finanze turche solo previsioni “non richieste”, inerenti esclusivamente il suo credito sovrano. Le previsioni non forniranno quindi informazioni agli investitori su altri aspetti dell’economia del paese.

Il ministero del Tesoro di Ankara ha però minimizzato la mossa, spiegando che restano in piedi gli accordi con le agenzie concorrenti di S&P, come Fitch e Moody’s, e che quindi non si aspetta un impatto negativo sugli investimenti esteri e sui mercati.

La disputa risale allo scorso maggio, quando S&P ha declassato l’outlook del credito sovrano di Ankara da ‘BB’ positivo a ‘BB’ stabile. Una mossa che il premier Recep Tayyip Erdogan giudicò “ideologica” e che lo spinse a minacciare di “non riconoscere” piu’ l’agenzia e le sue valutazioni. Nel suo comunicato, S&P spiega che “continuerà a fornire valutazioni non richieste sulla Turchia, perchè si ritiene di poter avere accesso a un numero sufficiente di informazioni pubbliche di qualità attendibile a sostegno delle nostre analisi e perché crediamo che ci sia un interesse significativo dei mercati in queste valutazioni”. Il rating che S&P assegna alla Turchia e’ ‘BB’, due gradini sotto l’investment grade. Lo scorso novembre, invece, Fitch ha assegnato alla Turchia un rating pari a ‘BBB’, riconoscendo al paese l’investment grade per la prima volta dal 1994. Per Moody’s Ankara é al livello Ba1, appena sotto l’investment grade.

Ma già a maggio, dopo lo sgarbo di S&P’s, Ankara si era messa sulla scia di Pechino (che si è creata un’agenzia di rating chiamata Dagong Global Credit Rating Co) e ha dato avvio alle procedure per la creazione di una propria agenzia di rating.

 

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