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Da Bursa, Turchia. Una lettera su quanto accade

I miei occhi, le mie parole per dirvi la Turchia non raccontata

di Margherita Parrao

Ciao a tutti
vi scrivo perché qui in Turchia sta succedendo qualcosa di enorme, e vorrei mettere al corrente più gente possibile perché i media turchi non ne parlano, e da quel che vedo anche molti di quelli stranieri stan dicendo ben poco su ciò che accade da queste parti.

Ormai alla fine della mia avventura turca (lavoro per una Ong turca che si occupa di promuovere l’interculturalità e la cittadinanza attiva tra i giovani) tornerò definitivamente in Italia il 7 giugno, riesco a vedere uno scorcio di Turchia che ben pochi conoscono, forse gli stessi turchi non sapevano di potere arrivare a tanto.

Ho vissuto 7 mesi nel tranquillo quartiere universitario di Görükle,città di Bursa, nota per essere una delle più conservatrici della Turchia Occidentale, assieme a Konya (e con occidentale non intendo “del lato europeo”, perché siamo su quello asiatico, ma semplicemente della parte ovest del Paese), la città con più moschee in assoluto per abitante di tutta la Turchia.

Il nostro quartiere, come ho raccontato a molti, è abitato quasi completamente da studenti, giovani di massimo 25 anni che frequentano il mega-campus universitario dell’Uludag, a pochi minuti da qui. Potremmo trovarci in qualsiasi parte del mondo su un lato della strada principale, non sembra quasi Turchia, con pub e discoteche ad ogni angolo, quasi si trattasse dei Navigli a Milano, o del Quadrilatero a Torino.

Attraversando la strada, però, ci si imbatte in locali completamente diversi e rigorosamente islamici, dove alcol, fumo e gioco-scommessa sono rigorosamente banditi, e se uno studente erasmus dovesse confondersi e chiedere una birra dal lato sbagliato della strada verrebbe rimproverato, perché la divisione è molto netta e chiara.

Ho vissuto in questo ambiente finora, dove le anime laiche e conservatrici della Turchia convivono tranquillamente, pur non propense a mischiarsi tra loro, senza mai uno scontro, una lite, un ascoltare toni accesi al di fuori dei giorni dei derby di calcio.
Anche i laici sono laici nel senso che non vogliono intromissioni della religione nella politica, ma certo non si può dire non siano religiosi nella loro vita privata, dove comunque pregano le loro 5 volte al giorno, alcune donne indossano il velo e non si azzarderebbero mai a commettere un’infrazione (ho raccontato a molti quanto mi abbia stupito vedere che qui i negozi restano aperti quando il commerciante esce a pregare il venerdì e la notte la mercanzia resti tranquillamente esposta fuori… furti non ce ne sono a memoria d’uomo!).

Certo, la politica resta un argomento semi-tabù, come il sesso e molti altri temi che, se aperti, vengono presi quasi come provocazioni… ma la vita di chi sta qui è sempre scorsa molto tranquilla, quasi monotona per quelli che sono i miei standard.

Fino a meno di un mese fa, quando la gente ha cominciato a discutere in maniera sempre più accesa delle nuove misure di Erdogan – il governo turco – e delle grandi polemiche per le misure restrittive sull’alcol.
Fino a quando ha cominciato a farsi vedere anche qui la mano repressiva delbgoverno, si sono cominciati a vedere in giro posti di blocco che controllavano le auto con ragazzi a bordo (e solo quelle, quando c’era almeno una ragazza lasciavano invece passare le macchine tranquillamente), c’è addirittura stata un inseguimento con tanto di sparatoria perché un’auto non si è fermata.

Finché non sono arrivate le notizie da Gezi Park a Istanbul,le foto mandate amici e parenti e pubblicate in facebook… i media turchi non ne hanno assolutamente parlato, ma non è servito: tutti sono venuti a conoscenza della repressione selvaggia messa in atto sui manifestanti di Gezi Park, che volevano semplicemente proteggere un parco, manifestavano abbracciando gli alberi e con letture pubbliche e son stati sgomberati con una tal violenza, che ha impressionato tutti.

Un morto, due persone in coma, centinaia di feriti. L’indignazione è subito salita. Le persone hanno cominciato a scendere in strada l’altroieri pomeriggio.
I cortei sono diventati sempre più folti, hanno marciato per le strade tutta notte, e per ogni partecipante che se ne andava stanco a dormire, almeno un paio se ne aggiungevano sentendo il corteo sfilare.
Internet va a singhiozzo perché il governo sta cercando di bloccare le connessioni, io stessa vi scrivo dal pc della mia coinquilina perché la mia compagnia è bloccata.

A singhiozzo arrivano anche notizie dalle altre città, dove pare la situazione sia la stessa di qui, anzi, nelle altre città stanno peggio perché la repressione è molto forte, mentre a Bursa al momento non ci sono stati episodi, almeno non che io sappia.

La protesta contro la distruzione del parco è diventata una protesta contro il governo, e vedendo la repressione portata avanti tanti suoi sostenitori sono comunque scesi in piazza.
Ad Istanbul, Izmir e Ankara ci sono scontri dove pare sia salito il numero di morti e feriti, a Izmir sono stati arrestati tutti i volontari che hanno provato ad avvicinarsi ai feriti per aiutarli.

In alcune città stanno usando anche il butano, oltre i lacrimogeni e i cannoni ad acqua, per disperdere le folle.

Qui a Bursa ho partecipato alla manifestazione più grande che io abbia mai visto, con centinaia di migliaia di persone, nonostante il 34 gradi all’ombra di ieri.

Quando è sceso il buio la gente non è tornata a casa, anzi, chi aveva lavorato durante il giorno si è unito al corteo, dando il cambio a quelli che stremati avevano bisogno di riposare un po’ dopo una giornata di marcia.
Dalle case tutti si affacciano ai balconi ad applaudire e accendono e spengono la luce a intermittenza in segno di solidarietà.

A mezzanotte sono tornata a casa e alle due di notte si sentivano ancora gli slogan per strada.
Tutta la Tuchia è bloccata, non solo Istanbul, dove comunque l’occupazione dei ponti principali che uniscono il lato europeo a quello asiatico è stata sicuramente tattica per rendere davvero effettiva la protesta.

Non conosco persona che non abbia almeno acceso e spento le luci durante la notte in segno di solidarietà, che non abbia almeno postato qualcosa su fb… c’è chi parla di un’altra Piazza Tahrir. Io credo il contesto sia un po’ diverso, ma credo sia innegabile la imponenza della mobilitazione.

Perché vi scrivo? Perché la diffusione delle notizie sta avvenendo soprattutto attraverso i social network, e credo che tutti debbano fare la loro parte.
Come ha detto anche il regista turco Ferzan Ozpetek, «la democrazia Turca ha bisogno dell’aiuto di tutti».

Margherita

* da YallaItalia.it

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