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Crisi. Tocca a Singapore

Un moderato aumento dei licenziamenti in aziende del terziario spiega ufficialmente un numero di quanti sono rimasti senza lavoro superiore nel 2014 a quelli dell’anno precedente. Sono stati 7.710 i lavoratori costretti a lasciare il posto di lavoro nei primi nove mesi dello scorso anno, 500 in più rispetto al 2013.
Per il ministero dell’Occupazione, a spiegare il dato è soprattutto la contrazione del settore dei servizi evidenziata dalla chiusura definitiva o dalla ricollocazione all’estero di aziende incentivate dai costi elevati, dalla scarsità di clienti e dalla ristrutturazione in atto nel sistema produttivo singaporeano.
Dei licenziati, 2.212 sono stati lavoratori sindacalizzati, anche se in misura inferiore del 27% rispetto al 2013 e in complesso i due terzi dei nuovi senza lavoro provengono dal settore manifatturiero.
Alcune centinaia si lavoratori potranno essere ricollocati entro marzo nei settori della chimica e dell’elettronica. In ribasso gli aumenti dei salari e ridotti anche i bonus annuali, a segnalare – anche non tenendo conto di casi-limite di aziende non in grado di garantire alcun incremento – che la tradizionale efficienza del sistema produttivo locale, in buona parte addetto alla trasformazione di materie prime in prodotti finiti e fortemente segnato dal commercio di prodotti petroliferi e dalla loro raffinazione, chiede per non arretrare interventi concreti e coordinati.
Crollato anche da 5.793 a 1.323 il numero dei lavoratori che godevano di una settimana a orario ridotto, in maggioranza addetti alla produzione di semiconduttori e di componenti e prodotti elettronici.

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