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Egitto: condannate a morte 183 persone per assalto a commissariato

Prosegue senza freni l’ondata repressiva del regime egiziano che fa capo al generale Al Sisi. Che nelle ultime ore conta un’altra pesantissima senza che prevede la messa a morte di quasi 200 persone. Oggi la Corte d’assise di Giza ha condannato alla pena capitale 183 persone per l’assalto a un commissariato nella periferia ovest del Cairo in cui nell’agosto 2013 morirono 11 agenti di polizia.
L’assalto fu condotto nel quartiere di Kirdasah subito dopo la sanguinosa dispersione dei sit-in di Fratelli musulmani che protestavano contro il colpo di stato militare e la deposizione del presidente islamista Mohamed Morsi. La sentenza è di primo grado e quindi appellabile. I processi di massa egiziani vengono criticati da istituzioni internazionali, governi e ong per carenze rispetto agli standard giuridici occidentali ma sono considerati necessari dalle autorità egiziane per far fronte alla minaccia interna rappresentata dai Fratelli musulmani, movimento dichiarato fuorilegge nonostante l’enorme seguito sociale di cui gode.
Come ha dimostrato quello dei 545 condannati a morte nel processo da rifare di Minya, finito con 37 sentenze capitali per ora annullate, gli appelli hanno comunque un impatto notevole sui pronunciamenti di primo grado. Nel caso di Kirdasah, quartiere-roccaforte dei Fratelli musulmani nel governatorato di Giza (la parte sud-ovest del Cairo) gli imputati sono 188 di cui 151 alla sbarra e 37 latitanti (uno è stato condannato a dieci anni, due assolti e due sono deceduti). Per gli imputati c’è anche l’accusa di aver tentato di uccidere altri dieci agenti, di aver danneggiato il commissariato e dato fuoco a mezzi blindati e vetture della polizia, di aver utilizzato armi da fuoco. Oltre ai processi con condanne a morte, ve ne sono altri sempre di massa ma con pene inferiori (ad esempio 101 condannati l’estate scorsa a tre anni per “violenze”).

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