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Yemen, combattimenti ad Aden tra ribelli sciiti e milizie sunnite

Lo Yemen assiste in queste ore a un’improvvisa recrudescenza del conflitto a bassa intensità che interessa un paese nel quale si scontrano da tempo gli interessi contrapposti delle petromonarchie del Golfo, che sostengono il deposto governo, e l’asse sciita che invece sostiene le rivendicazioni dei ribelli sciiti Houthi che da tempo richiedono maggiore partecipazione al potere e una più equa distribuzione delle risorse finora assicurate soprattutto alle popolazioni sunnite. Da alcune ore si combatte ad Aden, seconda città del paese, diventata di fatto una sorta di capitale ombra dello Yemen dopo che alcuni mesi fa Sana’a è stata occupata dalle milizie sciite provenienti dal nord e le forze fedeli al deposto governo si sono rifugiate nel sud.

A contendersi Aden e in particolare l’aeroporto i sostenitori del deposto presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi e le milizie fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh, alleato del movimento Houthi che a gennaio si è impossessato del potere per impedire l’approvazione di una riforma costituzionale che aumentava ulteriormente il potere dei sunniti legati al Consiglio di Cooperazione del Golfo.

I combattimenti, scoppiati nella nottata attorno allo scalo internazionale, obbligando le autorità a sospendere tutti i voli, si sono estesi per tutto il perimetro dell’aeroporto e nei quartieri residenziali della zona. Da una parte ci sono le unità delle forze speciali guidate da un ufficiale ribelle dell’esercito, il generale Abdel Hafez al-Sakkaf, e dall’altra i membri dei cosiddetti ‘comitati popolari’ che difendono Hadi. Il generale ribelle Sakkaf si è rifiutato di dimettersi come ordinatogli da Hadi. Secondo il bilancio in circolazione, le vittime sarebbero due uomini delle forze speciali e tre dei ‘comitati popolari’, milizie che avrebbero inoltre preso in ostaggio 12 nemici lasciati a presidio della filiale locale della Banca centrale.  Truppe regolari, fedeli ad Hadi, sono state dispiegate in appoggio ai ‘comitati popolari’: si tratterebbe di diverse centinaia di soldati guidati dal ministro della Difesa, Mahmoud al-Soubeihi.

Da Aden il deposto presidente Hadi sta cercando di riorganizzare le sue forze potendo contare su una parte dell’esercito e sulle milizie sunnite, dopo che pochi giorni i suoi ministri sono stati rilasciati dai ribelli sciiti che li trattenevano da due mesi. Un passo atteso da molto tempo e adottato dagli Houthi proprio per favorire la ripresa del dialogo, anche se secondo alcune fonti gli esponenti del governo non sarebbero stati rilasciati spontaneamente ma sarebbero riusciti a sottrarsi alla prigionia.

Il fattore scatenante dell’improvvisa escalation potrebbe essere stato l’omicidio di Abdulkarim al-Khaiwani, giornalista e attivista yemenita vincitore del premio al ‘giornalismo per i diritti umani sotto minaccia’ tributatogli da Amnesty International. Al-Khaiwani, assassinato ieri a Sana’a da alcuni uomini armati a bordo di una moto che hanno esploso contro di lui diversi colpi di arma da fuoco, era anche uno dei più influenti leader del ‘comitato rivoluzionario’ del movimento Houthi. L’attentato è stato rivendicato da Ansar al-Sharia, un gruppo jihadista affiliato ad al-Qaeda organizzazione che agisce da tempo proprio nel sud dello Yemen. Da tempo infatti le aree desertiche del sud-est del paese sono controllate dall’Aqpa, “al-Qaeda nella penisola arabica”, che più volte ha attaccato postazioni della polizia e dell’esercito e ultimamente anche pattuglie del movimento Houthi. Proprio ieri alcuni miliziani del gruppo “Ansar Allah” (“Partigiani di Dio”, braccio armato degli Houthi) sono stati feriti in un agguato teso da uomini armati contro la loro pattuglia nella località di al Zahra’a della provincia di al Beitha nel centro del Paese, come ha riferito una fonte locale citata dal quotidiano arabo “Al Quds al Arabi”.

Inoltre, il gruppo “Ansar al Shariya” ha rivendicato l’uccisione di 5 miliziani Houthi, avvenuta l’altro ieri sempre nella provincia di al Beitha.

 

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