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Giappone: il governo vuole inno e alzabandiera nelle università

E’ polemicha in Giappone, paese scosso da un’ondata senza precedenti di nazionalismo e militarismo, dopo la richiesta governativa alle università statali di ripristinare l’alzabandiera e il canto dell’inno nazionale prima dell’inizio delle lezioni e in altre occasioni formali, tra cui le cerimonie di laurea.
Non un ordine, ma un “suggerimento” avanzato martedì dal ministro dell’Istruzione di Tokyo, il ‘liberaldemocratico’ Hakubun Shimomura durante l’incontro con i rettori degli atenei nazionali che però nel contesto conformista e gerarchico giapponese ha il segno di una imposizione. Shimomura è intervenuto così, pesantemente, in una questione dibattuta ma finora lasciata all’autonomia delle singole università.
Una parte del mondo politico e dell’opinione pubblica avversa il ‘suggerimento’ del governo, ritenendolo una celebrazione del militarismo e del nazionalismo nipponici, mentre i promotori ne parlano come di un segnale di unità e di condivisione.
Nel 2012 la Corte costituzionale ha stabilito la legalità di eventuali sanzioni verso pubblici dipendenti che rifiutino di mostrare pubblicamente amor patrio ma ha anche avvisato di “non abusarne”, qualsiasi cosa il suggerimento voglia dire.
Lo scorso aprile, il primo ministro Shinzo Abe aveva dichiarato in parlamento che, essendo le università finanziate dai contribuenti, alzabandiera e inno sarebbero quanto meno “opportuni”.
Contemporaneamente, però, era in corso la battaglia legale che a maggio ha portato la Corte distrettuale di Tokyo a stabilire il risarcimento di 537 milioni di yen (quasi 4 milioni di euro) a 22 ex docenti di scuole superiori che erano stati sanzionati per essersi rifiutati di cantare il Kimigayo, l’inno nazionale. Per questo era stata loro negata l’estensione dell’attività lavorativa oltre l’età pensionabile. Tira davvero una brutta aria in Giappone, considerando la recente ‘riforma’ della Costituzione che ha cancellato le limitazioni imposte all’esercito nipponico e alla sua possibilità di intervenire fuori dai confini nazionali alla fine della Seconda Guerra Mondiale dai vincitori. 

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