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S&P’s colpisce ancora: tagliati i rating di Intesa e Mediobanca

L’effetto ‘a catenà è arrivato a poco meno di 48 ore dalla decisione di declassare da A+ ad A il rating sovrano sull’Italia. E per 15 banche italiane, fra cui Unicredit è giunto da parte di Standard and Poor’s il taglio dell’outlook da stabile a negativo mentre per 7 di queste, fra cui Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Bnl, è stato allineato verso il basso anche il rating.

Già nella conference call seguita alla decisione sul debito sovrano gli analisti dell’agenzia avevano rilevato come «un meccanismo di trasmissionè per gli istituti di credito italiano poteva arrivare dalla perdita di valore dei titoli di stato detenuti nei portafogli delle banche. In questo caso si tratta di una decisione quasi ‘automaticà dovuta al fatto che gli istituti detengono almeno il 40% delle attività sul mercato domestico e sono così più sensibili all’andamento del paese. E proprio sulla mancata crescita (oltre che sulle incertezze politiche, fatto che aveva scatenato forti critiche) aveva insistito il comunicato sul taglio del debito sovrano.

»Ritengo che l’economia italiana non dipende dalla valutazione di agenzie di rating come questa«, cerca di minimizzare il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un’intervista alla Bbc, tuttavia se »la situazione non cambierà – spiega S&P motivando il cambio dell’outlook – è possibile un taglio del rating delle banche vista la possibile nuova riduzione del rating dell’Italia«, ipotesi questa prevista nei prossimi 12-18 mesi. La decisione, rileva l’agenzia, »non considera una revisione di un potenziale ulteriore deterioramento nell’ambiente operativo ed economico del settore bancario italiano«. In particolare, il cambio dell’outlook da ‘stabilè a ‘negativò colpisce, oltre alle 7 banche ai quali è stato ridotto il rating di lungo termine da A+ ad A e confermato quello a breve A-1 (a 0Intesa Sanpaolo e tre sue controllate, a Mediobanca, Findomestic, Bnl) anche altri otto istituti.

Nel dettaglio si tratta di Unicredit (e tre sue controllate Unicredit Bank ag, Unicredit Bank Austria e Unicredit Leasing) Banca Fideuram, Agos-Ducato, Istituto per il Credito Sportivo. Tutte banche che avevano già un rating di lungo termine A e di breve A-1. Outlook negativo anche per Cariparma alla quale è stato invece confermato il rating A+. Dall’agenzia di rating sono arrivate valutazioni anche su aziende italiane non bancarie. In particolare sono stati tagliati i giudizi di S&P su Cassa depositi e prestiti (Cdp) da A+ ad A, con outlook negativo e su Terna ad A da A+ mentre è stato confermato il rating su un’altra società controllata dal Tesoro, Enel (A-).

 

I rischi sulla stabilità finanziaria sono «aumentati» e «siamo tornati in una fase pericolosa, annullando parte dei progressi compiuti negli ultimi tre anni»: è necessario risolvere la crisi del debito per allentare le pressioni sulle banche, molte delle quali in Europa devono rafforzare il loro capitale.

La crisi ha già avuto sugli istituti europei un impatto pesante: 200-300 miliardi di euro da quando è iniziata. A lanciare l’allarme è il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), invitando la politica ad assumere azioni decise e concrete per fermare il contagio. E ridurre i rischi al ribasso sull’economia che – avverte il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde – sono marcatamente aumentati«.

»C’è il rischio – rincara la dose il Fmi – di un ulteriore deterioramento se le politiche appropriate non saranno adottate«. »Siamo in una crisi di fiducia e il tempo per affrontare le vulnerabilità che minacciano la ripresa economica e il sistema finanziario sta per scadere. La crisi di fiducia, che rappresenta una minaccia importante sull’economia globale, è dovuta a tre fattori: crescita debole, bilanci deboli e debole politica« afferma Josè Vinals, responsabile del Dipartimento dei mercati di capitale del Fmi, sottolineando che »serve un’azione politica forte e coordinata perchè la strada verso una crescita sostenibile si è ristretta ma non si è chiusa«.

La crisi del debito, »da quando è iniziata nel 2010, è stimata avere un impatto diretto di 200 miliardi di euro sulle banche dell’Unione Europea«, che sale a 300 miliardi di euro se si include »l’aumento del rischio di credito delle esposizioni interbancarie«. La stima non include le necessità di capitale delle banche. »Numerose banche europee hanno bisogno di aumentare il capitale, e alcune dovranno farlo usando fondi pubblici«, anche l’Efsf. »La crisi, ora al quinto anno, è entrata in una nuova fase più politica.

Le differenze politiche fra le economie dell’area euro hanno impedito il raggiungimento di una soluzione duratura della crisi. Gli accordi del 21 luglio sono importanti e vanno attuati«. »Fra le banche e il settore pubblico c’è una joint-venture, tutti devono fare la loro parte. Le banche rafforzare il proprio capitale – afferma Jose Vinals, responsabile del Dipartimento dei capitali del Fmi – e le autorità devono ristrutturare o chiudere le istituzioni deboli«. Le banche europee sono profondamente interconnesse e questo amplifica – evidenzia il Fondo – gli shock legati alla crisi del debito. »Le banche – evidenzia Vinals – devono fare i conti con la crisi del debito e devono mostrare i muscoli per sostenere la crescita«.

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