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Bologna. La “pena di morte silenziosa” colpisce ancora alla Dozza

E’ il secondo in pochi giorni alla “Dozza”, il carcere di Bologna che ospita 1.100 detenuti presenti contro i 480 di norma , il terzo in Emilia Romagna, il 60° in Italia quest’anno.

Il suicida, arrestato lo scorso luglio per spaccio di stupefacenti e in attesa di giudizio, 34 enne di origine marocchina si sarebbe tolto la vita, nella sua cella del carcere , inalando il gas di una bomboletta. il pm Morena Plazzi ha disposto l’autopsia sul corpo del detenutoI soccorsi sono risultati vani.

Ciò che indigna è che in 15 giorni 2 persone – in attesa di giudizio e quindi presunti non colpevoli – abbiano preferito togliersi la vita piuttosto che continuare a sopportare queste condizioni di vita”Lo dice il Presidente delle Camera penale, avv. Elisabetta d’Errico, commentando ”l’ennesima morte alla Dozza”. I penalisti denunciano ”l’uso eccessivo della custodia cautelare estrema” e ribadiscono la necessita’ di incrementare misure alternative

Condizioni di vita ormai rese insopportabili dal sovraffollamento e dalle fatiscenze delle strutture detentive , che nel caso di Bologna sono emblematiche, questo mette in pericolo non solo i detenuti ma anche le condizioni di lavoro della polizia penitenziaria, come più volte denunciato dai sindacati.

Tra l’altro l’Emilia Romagna è priva di un Provveditore regionale effettivo e questo ritarda, se non impedisce, quelle attività di controllo e coordinamento quanto mai necessarie e indispensabili per indagare a fondo sui malesseri operativi e gestionali che si appalesano nella struttura bolognese”.”.

Una situazione comune alla maggior parte delle carceri italiane, a cui le istituzioni non sembrano interessate a porre rimedio. Eppure gli strumenti per limitare quantomeno la sofferenza dei detenuti ci sarebbero: le misure alternative alla detenzione, il ricorso meno frequente alla custodia cautelare come viene anche chiesto dal segretario del Sappe Durante, “ sono circa 68.000 i detenuti presenti in Italia e sarebbero oltre settantamila se non ci fosse stata la legge 199 del 2010 che ha consentito a circa 4000 detenuti con fine pena inferiore ad un anno di ottenere gli arresti domiciliari. L’applicazione di tale misura seppur dagli effetti limitati, è la prova che le misure alternative alla detenzione, se applicate a soggetti meritevoli e non socialmente pericolosi, contribuiscono a deflazionare le carceri e facilitano la rieducazione”.

Inoltre una manutenzione effettiva delle strutture carcerarie.

Per non parlare poi degli interventi, necessari, nei confronti del sistema penale che portino ad una revisione delle modalità di accesso al carcere, che sta diventando sempre più una discarica sociale in cui la dignità, la salute e la vita stessa dei detenuti non vengono, di fatto, considerate.

L’ennesima morte passata sotto silenzio che riguarda tutta la società.

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