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Taglio treni notturni: protesta dei pendolari

Prima i pendolari lucani, campani e calabresi – che lavorano cinque giorni su sette a Reggio Emilia tornando a casa nel fine settimana – potevano viaggiare di notte con un unico treno per le loro destinazioni al sud pagando circa 40 euro. Ora ne devono spendere circa 80 per un Frecciarossa da Bologna, a volte cambiare scomodamente a Parma, a Roma o a Napoli.
Lo denunciano in una lettera aperta al prefetto, al sindaco, al presidente della Provincia, ai sindacati e alle organizzazioni imprenditoriali i presidenti delle associazioni di Lucania, Campania e Calabria «presenti nel territorio di Reggio Emilia da anni». È l’effetto della riorganizzazione ferroviaria entrata in vigore l’11 dicembre scorso con il nuovo orario (gli ‘hub’ di Bologna e Roma spezzano molte lunghe percorrenze), e che si è fatto sentire soprattutto durante le feste di Natale, ma che non si esaurirà con il rientro al lavoro. Le associazioni chiedono quindi alle istituzioni «con urgenza un incontro al fine di prospettare le innumerevoli situazioni di disagio che centinaia di lavoratori e famiglie hanno subito», con «casi eclatanti come quelli avvenuti nella stazione di Bologna dove per poter raggiungere il Sud Italia ed accaparrarsi un posto sui pochissimi treni stracolmi, è dovuta intervenire la Polfer più volte per motivi di ordine pubblico. Eventi – scrivono – ripetutisi più volte nei giorni scorsi».
Contro la soppressione delle corse notturne si stanno battendo anche i quasi 900 lavoratori degli appalti ferroviari, ex dipendenti di Wagon Lits, Servirail e Rfi, che da novembre manifestano in tutta Italia dopo il loro licenziamento.

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