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“Salvate” le commissioni delle banche a spese dei pensionati

Incredibile gioco di provedimenti incardinati l’uno nell’altro all’unico scopo di “salvaguardare” le commissioni da pagare alle banche. Il governo, che con il decreto sulle liberalizzazioni ha imposto un limite di 1.000 euro alle transazioni in contanti, aveva inizialmente deciso che i pensionati obbligati – a quel punto – ad aprire un conto in banca, dovevano essere esentati dal pagamento delle relative commissioni; altrimenti si sarebbe trattato di un “prelievo” a favore di privati.

Una “privazione” che naturalmente le banche hanno osteggiato piangendo a più non posso, fino alle dimissioni (finte) del presidente dell’Abi, Mussari.

Ora sono state ripristinate con decreto legge, proprio nel momento in cui venivano cancellate. Domenica scorsa, contemporaneamente all’entrata in vigore della legge 27/12 che le abrogava, diventava operativo il Dl 29/12 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di sabato 24 marzo, proprio come la legge), che lascia alle banche la possibilità di applicare commissioni sulle linee di credito. Fanno eccezione le commissioni che violano le regole sulla trasparenza.

Il provvedimento neutralizza un emendamento del Dl liberalizzazioni (1/12, convertito appunto dalla legge 27/12) che aveva stabilito la nullità di tutte le clausole che prevedevano commissioni sulle linee di credito. Una decisione che aveva suscitato la forte protesta del mondo bancario, con le dimissioni dei vertici dell’Abi e costi stimati a carico del sistema per circa 10 miliardi di euro. Se fosse entrato in vigore, anche temporaneamente, avrebbe creato notevoli difficoltà: le filiali non avrebbero più potuto gestire operazioni di credito con prevista commissione.

Che non si fa, per la salute delle banche…

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