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Cinghia stretta anche sul cibo

Gli italiani ormai tagliano la spesa anche su cibo e bevande. A settembre c’è stato un tracollo del 5,7% in quantità. Il commento ai dati di Confcommercio arriva questa volta dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, secondo cui il 53% delle famiglie giri più negozi alla ricerca di sconti; il 42% privilegi formati convenienza; il 32% abbandoni i grandi brand e il 24% in cucina ricominci a recuperare gli avanzi.

“Oggi due famiglie su tre riescono ad arrivare a fine mese solo con tagli radicali sugli acquisti, compresi quelli alimentari”, sottolinea la Cia. “E’ un dramma che sottolineiamo da tempo, la conseguenza del progressivo calo di potere d’acquisto e reddito disponibile da un lato e inasprimento fiscale dall’altro”.
“Se non si prenderanno presto provvedimenti per sostenere i consumi e aiutare le famiglie, ad esempio riducendo gli oneri fiscali, l’Italia non uscirà mai dal tunnel della crisi”.
Soliti toni alti anche da parte del Codacons:
“E’ drammatico il crollo dei consumi alimentari. Se si aggiunge che questa tendenza è ormai ininterrotta dal 2007 ad oggi, si può dire, senza timor di smentita, che ormai un terzo degli italiani fa la fame”.
 Così l’associazione dei consumatori commenta gli ultimi dati di Confcommercio sui consumi. “Se si considera che questi sono comunque dati medi, è evidente che almeno un terzo delle famiglie italiane non riesce piu’ ad acquistare tutto il cibo di cui necessita. Bisogna tornare alla fine degli anni ’70 per avere consumi alimentari pro capite così bassi” aggiunge il Codacons. “Per questo il Governo, invece di continuare ad aumentare le tasse che colpiscono indiscriminatamente tutti, ricchi e poveri, come ad esempio l’aumento dell’Iva, farebbe bene a tassare, se proprio deve, solo quelli che se lo possono permettere”.
“Il Codacons, quindi, lancia una proposta. In considerazione della sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il taglio per il triennio 2011/2013 del 5% e del 10% sulla parte di retribuzione eccedente, rispettivamente, i 90 ed i 150mila euro lordi annui, l’associazione propone di aggirare questo ostacolo innalzando, una tantum, le aliquote marginali Irpef, rispettivamente al 48% e al 53%”.

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