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Il Grillo “buonista” perdona i “grassiani”

Deve aver tirato le somme e capito che l’incaponimento contro “i traditori” che hanno votato Pietro Grasso come presidente del Senato, solo per non far vincere Renato Schifani, gli avrebbe portato più casini che consensi. E quindi, da attore consumato e da politico consunto, ha messo su il volto per “perdonismo”.

Il post di oggi sembra scritto da un democristiano d’altri tempi: senatori ingenui, “caduti in una trappola” congiunta di Pd e Pdl, con i secondi votati al sacrificio di Schifani pur di suscitare lo sdegno divergente di qualche neo senatore che ci tiene alla legalità, almeno nella seconda carica dello Stato. Una sorta di buffetto di rimprovero, dunque, per questi “ragazzi” non avvezzi alle scaltronerie dei vecchi marpioni.
Ma anche un richiamo fermo – per la prossima volta – al “rispetto delle regole” interne.
Qualunque sia l’interpretazione giusta, si confermano le difficoltà di gestione di un “personale politico” improvvisato e senza un solido background culturale comune. Nonché la tentazione “leaderistica” del guru che pretende di esser lui l’unico interprete legittimo della “volontà degli elettori”, alltrettanto – se non più – diversi e poco comunicanti.

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Grasso e il rispetto delle regole

La scelta tra Schifani e Grasso era una scelta impossibile. Si trattava di decidere tra la peste bubbonica e un forte raffreddore. La coppia senatoriale è stata decisa a tavolino dal pdl e pdmenoelle. I due gemelli dell’inciucio sapevano perfettamente che Schifani non sarebbe stato eletto. I capricci di Monti che voleva diventare presidente del Senato, ma è stato costretto a prolungare il suo incarico di presidente del Consiglio e per ripicca aveva minacciato di votare Schifani era una pistola scarica. I giochi erano già fatti per mettere in difficoltà il MoVimento 5 Stelle. Qualcuno, anche in buona fede, ci è cascato. Lo schema si ripeterà in futuro. Berlusconi proporrà persone irricevibili, il pdmenoelle delle foglie di fico. Il M5S non deve cadere in queste trappole.
Comunque, il problema non è Grasso. Se, per ipotesi, il gruppo dei senatori del M5S avesse deciso di votare a maggioranza Grasso e tutti si fossero attenuti alla scelta, non vi sarebbe stato alcun caso.
In gioco non c’è Grasso, ma il rispetto delle regole del M5S.
Nel “Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento” sottoscritto liberamente da tutti i candidati, al punto Trasparenza è citato:
Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S.
Non si può disattendere un contratto. Chi lo ha firmato deve mantenere la parola data per una questione di coerenza e di rispetto verso gli elettori.

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