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Chiuso il terzo congresso del Partito Comunista dei Lavoratori

Nei giorni scorsi si è tenuto a Rimini il terzo congresso del Partito Comunista dei Lavoratori. Di seguito pubblichiamo la prima parte dell’ordine del giorno approvato dai delegati.

La crisi italiana

“La situazione italiana è segnata dal combinarsi della crisi politica della borghesia con la crisi del movimento operaio e dell’opposizione sociale. 
Gli avvenimenti politici e le dinamiche sociali dell’ultima fase confermano questo quadro. 

La fine dell’unità nazionale, segna un netto indebolimento del quadro di governo già precario. Il progetto di stabilizzazione politica su cui puntava il governo Letta è fallito. La ricollocazione di Berlusconi all’opposizione, la vittoria del renzismo nel PD, stringono la morsa attorno al governo, moltiplicando le contraddizioni interne della maggioranza che lo sostiene, già di per sé risicata al Senato. Si moltiplicano le spinte centrifughe nella stessa dinamica dei gruppi parlamentari, con problemi crescenti di governabilità , e di tensione tra cariche istituzionali ( v. Legge di stabilità, “decreto salva Roma”, Mille proroghe). Il ruolo di Napolitano quale garante istituzionale del governo appare in questo quadro indebolito, con ulteriori effetti sul governo. Parallelamente la crisi capitalista, la mancata ripresa dalla recessione, il peso del debito pubblico, gli equilibri interni di maggioranza ( v. vicenda IMU), impediscono al governo di rispondere al suo blocco sociale di riferimento e ne favoriscono l’ulteriore disgregazione (v. contestazione di Confindustria al governo per l’insufficiente dote del cuneo fiscale, insoddisfazione diffusa delle classi medie per la mancata promessa di riduzione fiscale..). L’avvicinarsi delle elezioni europee acuirà le contraddizioni interne al quadro politico. La sovrapposizione di elezioni europee ed elezioni politiche è una possibilità reale. 

Il movimento operaio resta assente dallo scenario della crisi politica per responsabilità delle sue direzioni. La burocrazia CGIL si preoccupa di salvaguardare il proprio patto con Confindustria. Le sue critiche al governo sono il ricalco subalterno delle critiche padronali. Il gruppo dirigente della FIOM si preoccupa di aprire a Renzi, offrendosi quale suo interlocutore negoziale, in una logica di scavalco spregiudicato della stessa burocrazia CGIL. Col risultato di legittimare a sinistra un populismo confindustriale legato oltretutto ad ambienti capitalistici antioperai e antisindacali ( Made in Italy). SEL si avvale anche della copertura di Landini per rilanciare l’accordo di governo con Renzi. Il PRC rifiuta di sostenere l’opposizione nel congresso della CGIL, a vantaggio del gruppo dirigente della FIOM, nel momento stesso del suo slittamento a destra. Ed è avvitato nella gestione dei cocci di un fallimento politico ( crisi della segreteria, guerra interna per bande..). 

Il risultato d’insieme è l’assenza totale dallo scenario italiano di un’iniziativa reale di opposizione sociale di massa al governo e al padronato. Nessuna iniziativa nazionale di mobilitazione. Nessuna piattaforma rivendicativa generale e indipendente. Nessun programma di lotta contro la crisi. 

La conseguenza è duplice. Il governo regge, assieme alle politiche d’austerità, nonostante la sua estrema debolezza. Mentre una drammatica crisi sociale senza risposta a sinistra, apre spazi più ampi per operazioni reazionarie. La tenuta complessiva del movimento populista a 5 Stelle attorno a un programma di Repubblica plebiscitaria senza partiti e sindacati, è un termometro della crisi congiunta della crisi della borghesia e del movimento operaio. Il movimento del 9 Dicembre ( cosiddetto dei Forconi) è stato altrettanto indicativo: un settore della piccola borghesia, impoverito dalla crisi, è stato mobilitato da organizzazioni reazionarie, autonomistico indipendentistiche ( Ferro) o fascistoidi ( Calvani), e ha aggregato attorno a sé settori popolari di disoccupati e studenti. Mentre i fascisti hanno trovato in quella dinamica un bacino di massa per il proprio inserimento. L’approfondirsi congiunto della crisi sociale e della crisi politico istituzionale, dentro un fossato profondo tra politica dominante e senso comune, allargherà ulteriormente la base materiale di un “sovversivismo reazionario”. 

La nostra proposta di massa

L’alternativa di prospettiva è sempre più chiara: o il movimento operaio costruisce la propria soluzione alla crisi della Seconda Repubblica, sull’unico terreno possibile, anticapitalistico e di classe; o la crisi sociale e politica allargherà il varco di una soluzione reazionaria contro il movimento operaio. 

In questo quadro generale, il terzo Congresso nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) pone pubblicamente al movimento operaio e a tutte le sinistre politiche sindacali di movimento un’esigenza centrale: quella di una svolta unitaria e radicale dell’opposizione sociale su tre assi complementari e intrecciati: 

1) La piena rottura col padronato, il suo governo, i suoi partiti e le forze populiste reazionarie: per un fronte unico di lotta del movimento operaio in contrapposizione a Renzi, Grillo, Berlusconi 

2) L’unificazione delle lotte di resistenza sociale attorno a una piattaforma di vertenza generale, definita da un’assemblea nazionale di delegati eletti, che ponga le rivendicazioni fondamentali della classe operaia al centro dello scontro . Con una svolta parallela delle forme di lotta e di azione ( occupazione delle aziende che licenziano e loro coordinamento, cassa nazionale di resistenza, sciopero generale prolungato). A livelli diversi, l’esperienza di lotta dei tranvieri di Genova e dei lavoratori della logistica, rappresentano un riferimento esemplare delle potenzialità di svolta dell’azione di classe. 

3) Un programma generale contro la crisi di carattere apertamente anticapitalista ( abolizione del debito pubblico verso le banche e loro nazionalizzazione senza indennizzo, esproprio dei grandi gruppi capitalistici sotto controllo operaio, ripartizione del lavoro, grande piano di nuovo lavoro in opere sociali, a partire da risanamento ambientale e socializzazione dell’economia domestica, finanziato dalla tassazione progressiva di grandi redditi e patrimoni). 

Solo una mobilitazione generale e radicale della classe operaia può unificare attorno a sé l’insieme del lavoro dipendente, i precari, i disoccupati, le masse femminili sfruttate, e i settori impoveriti della piccola borghesia, disgregando il blocco sociale reazionario e prosciugando il bacino della demagogia populista. Solo questa mobilitazione radicale, oltretutto, può strappare in tempi di crisi risultati concreti e parziali sullo stesso terreno rivendicativo. 

La lotta per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici è il corollario naturale di questa proposta generale. Solo un governo dei lavoratori può realizzare quelle misure di svolta e indicare una soluzione progressiva della crisi politica. Solo una Repubblica dei lavoratori, basata sulla loro organizzazione e la loro forza, può rappresentare un’alternativa reale alla seconda Repubblica in decomposizione. 

Costruire in ogni lotta di opposizione il ponte tra le rivendicazioni immediate e questa prospettiva rivoluzionaria, è l’asse dell’intervento di massa del PCL e della sua costruzione indipendente”. 

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