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Quattro chili di cocaina su un’auto del Vaticano

Chissà perché non ci stupiamo poi molto. Una macchina di proprietà del Vaticano è stata fermata per un banale controllo di dogana in Francia, in viagio di rientro dalla Spagna. A bordo i flic hanno trovato qualcosa di ben poco ecclesiatico e spirituale: 4 chili di cocaina e 150 grammi di hashish. Certo, si può sostenere che anche la coca può sollevare lo spirito, ma chi confida nella fede non dovrebbe ricorrere a un succedaneo chimico.

Non ci stupiamo troppo anche perché siamo italiani dalla memoria lunga, e ricordiamo che qui un generale dei carabinieri aveva fatto installare una raffineria di coca dentro la sua caserma, intrattenendo persino rapporti organizzativi con la malavita sudamericana…

I due cittadini italiani – non vaticani – a bordo sono stati naturalmente arrestati. E il Vaticano, come si dice a Roma, “va negativo”, dicendo di non saperne niente e di non avere proprio personale implicato nella vicenda. Ma non risponde alla semplice domanda: chi l’ha data quella macchina a quei due?

In particolare l’auto porta-coca è di proprietà del cardinale argentino Jorge Mejia, ex archivista e bibliotecario della Santa Chiesa di Roma. Ma non c’è da scatenarsi in oscure dietrologie su un inesistente “clan degli argentini” in Vaticano, perché il cardinale Mejia ha 91 anni, ha subito un infarto decisamente serio per un uomo della sua età e quindi la sua macchina è stata certamente “presa in prestito”, indebitamente e a sua insaputa. Grazie però a qualcuno che ne aveva – come dire – il “diritto d’uso” (chiavi, garage, ecc).

I sospetti, anche per i francesi, si concentrano sul segretario del cardinale, che avrebbe perciò “prestato” la macchina. Non chiedete a noi di decidere se l’omino sapeva o no  l’uso che sarebbe stato fatto del mezzo…

 

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