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“A viva voce”: a Tor Vergata un seminario sull’informazione

“A viva voce”. E’ il titolo del seminario su informazione e sinistra antagonista che si terrà giovedì 23 ottobre all’Università di Tor Vergata (Aula conferenza dipartimento Studi Umanistici, II piano. Ore 15-20).
L’iniziativa si prefigge l’obiettivo di contribuire al dibattito sulla crisi dell’editoria della sinistra alternativa e antagonista dopo la chiusura di diverse iniziative editoriali, e la manifesta incapacità di alcune organizzazioni politiche e anche di molte “pratiche di movimento” di saper stare al passo con i tempi degli sviluppi del web in cui sostanzialmente i “loghi”, e i “simboli” non hanno quasi più cittadinanza. Partecipano: Fabio Sebastiani (direttore di controlacrisi), che terrà la relazione d’apertura, Giuliano Santoro, saggista, Dino Greco; e poi ancora Lucio Manisco, Ennio Remondino, Jacopo Venier, Marco Santopadre, Luigi Mazza e Mattia della Rocca. Ci sarà la partecipazione dell’ambasciatore del Venezuela in Italia che parlerà dell’esperienza di TeleSur.

La conferenza, presso il Dipartimento di Studi umanistici, che vede tra i docenti Raul Mordenti, a cui sono affidate le conclusioni, intende mettere insieme alcuni addetti del settore informazione connotati da un impegno politico nell’alveo della sinistra di alternativa e antagonista attorno all’obiettivo di ridisegnare un orizzonte all’attività di informazione e comunicazione dando la priorità al modello della rete.
Proprio grazie al delirio dell’autorappresentazione sfrenata (“mi apro un sito”) di diretta derivazione dal giornalismo cartaceo, che a sua volta genera il “baco della divisione e della frammentazione”, si assiste a un approdo in ordine sparso nel web da parte di tutti quei soggetti più o meno organizzati sul piano giornalistico che rispondono però a questo o quel “progetto politico” senza una visione globale, quando invece ci sarebbe bisogno di dare massimo sfogo all’approccio cooperativistico. Né valgono, da questo punto di vista, le analisi su una sinistra “strutturalmente” divisa. Visti i tempi, la sinistra, tutta, dovrebbe convergere almeno su un punto:la necessità di rimettere in circolo alcuni “dati” e “punti di riferimento” di base che in qualche modo rappresentino il “semilavorato” della narrazione politica. E invece ci si divide anche su questo. Senza tenere conto, colpevolmente, che i numeri e le modalità del web non consentono più l’utilizzo di modelli comunicativi verticali. Il simbolo, e il messaggio”, non hanno più alcun potere di intagibilità. Essendo l’oggetto di un processo complesso e articolato e non più e non solo di un atto di comunicazione semplice e verticale, si trasformano e prendono mille rivoli. L’unica possibilità è stare nei processi nel mondo più attrezzato e articolato possibile.  

Insomma, la sinistra sembra attardarsi verso il contrario della costruzione di una rete cooperativa che, seppur con dimensioni e protocolli parziali, dovrebbe invece essere una vocazione naturale della sua pratica politica soprattutto quando si tratta di sviluppare la transizione dall’on line all’off line (e viceversa).

Una delle barriere delle “reti di fiducia”, così bene definite da Manuel Castells, è sicuramente costituita dai linguaggi, dalle pratiche di comunicazione e dai media utilizzati. Si tratta innanzitutto di linguaggi che veicolano significati su più strati: lingua nativa, video, grafica. E poi, via via, nella lingua nativa i diversi stili e i diversi contesti in quella complessità del linguaggio verbale che nella rete appare sempre all’opera in una sorta di apparente dissipazione.
Nonostante questo, la rete è in grado di decidere, come spiega Castells, in ogni momento quale linguaggio e anche quale “grammatica” rappresentano le chiavi giuste per veicolare alcuni contenuti. E quando decreta il successo per un contenuto il moltiplicatore è a molti zeri. La capacità di far navigare un determinato contenuto è legata al saper cogliere il momento giusto, ovvero il trend, per dare slancio ai propri contenuti, scegliere cioè appropriatamente l’ottica con la quale sottoporli all’attenzione del web. Questa caratteristica si lega molto al ragionamento sull’attualità dei temi che si sviluppa in redazione. E questo rappresenta in qualche modo il fondamento del “web journalism”. Web journalism non più solo “copia e incolla” di contenuti che viaggiano nella rete ma anche il tentativo di propagarli. Come? Con quale sistemi di rete? Creando quali nodi e con quali caratteristiche?

Nel processo di scambio che avviene continuamente nel web con l’obiettivo di costruire “sensi”, ci sono “orizzontalità” che entrano in relazione e non erogatori attivi di contenuti da una parte e fruitori di informazione passivi definiti da una precisa categoria tipologica dell’audience. Questo dovrebbe allargare la pratica della produzione “massiva” di contenuti da parte della sinistra antagonista fino a modificarla verso la “costruzione di sensi”.
La struttura basata sul sito statico, e quindi sulla costruzione massiva di contenuti e della sua fruizione verticale, ha fatto ormai il suo tempo. In Rete, a grandi linee, ci sei per quello che fai nella direzione della viralità e non per quello che sei nella direzione della produzione di contenuti amorfi e autorappresentativi. L’identità, definita dal sito o dalla pagina Fb, pur dovendo rispondere al principio della coerenza, va studiata in relazione al ruolo che si vuole interpretare e agli obiettivi che si vogliono ottenere di volta in volta a secondo del contesto in cui si sta operando. Una plasticità che può essere affrontata soltanto adottando una filosofia orizzontale nella gestione dell’informazione e della comunicazione. E che ovviamente abbia, appunto, a che vedere con l’attualità di quanto accade in rete.

I new media offrono una grande occasione soprattutto per la moltiplicazione di canali, linguaggi e modalità di comunicazione e informazione che rappresentano. Una rivoluzione tale che se da una parte non tocca minimamente la forza degli strumenti pregressi (volantinaggio e megafonaggio, tanto per fare qualche esempio e per intenderci) dall’altra apre una prateria praticamente sconfinata. Velocità nella risposta, contemporaneità, contestualizzazione, adeguatezza grammatica, sintesi: tutte queste caratteristiche dell’informazione e della comunicazione moderna non possono essere raggiunte con un modello verticale.
Oggi le relazioni sociali entrano a pieno titolo come facilitatori nei processi di comunicazione e informazione.

Una figura che viene parecchio trascurata dalla sinistra è il rappresentante sindacale. La sua presenza potenziale in rete avrebbe in più rispetto al mediattivista il bagaglio delle relazioni sociali, la capacità di scegliere il contesto più opportuno, l’appropriatezza del linguaggio da impiegare, la consapevolezza di muoversi all’interno di un progetto di stampo comunitario.
Intanto, i media mainstream, quelli italiani nel 99% dei casi, rappresentano plasticamente quello che Noam Chomsky chiama «la fabbrica del consenso» e vivono in osmosi con il mondo politico e le classi dirigenti da sempre spettacolarizzando qualsiasi traccia informativa e inventando sempre nuove “grammatiche”.

Fonte: http://www.controlacrisi.org

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