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Le terme romane di Frosinone sotto il cemento

Che la delibera di spregio per le terme romane e di indifferenza verso un desiderio di appartenenza storica della città fosse approvata, non era scontato, ma certamente prevedibile. Che a tale approvazione seguisse da parte dei consiglieri di maggioranza la derisione del pubblico presente, questo sicuramente era impensabile.

Una serie di cartelli con scritto “le terme romane voi le abbelate noi le scropriamo” sono stati agitati da una serie di consiglieri, assessori e anche dal sindaco, subito dopo l’atto finale della votazione  di approvazione dello scempio di 35 mila mc in località via De Matthaeis nell’area dove i cittadini di Frosinone avevano pensato e sperato ad un parco archeologico senza che si ripetesse la costruzione sull’anfiteatro romano di viale Roma di 47 anni fa.

Ciò invece non è stato, nonostante in alcuni punti della discussione le ragioni e lo spirito con il quale stavolta l’opposizione si è battuta sia stato encomiabile e addirittura trascinante. La forza del ragionamento sia tecnico sia generale sembrava potesse scalfire quella che veramente appariva ignoranza crassa o indifferenza o pervicace perseguimento di interessi che non coincidevano con quelli pubblici. Lo stesso Marzi si è lasciato trasportare dall’impeto della difesa di un futuro che non sia riservato solo al cemento (sigh!), proponendo una rivisitazione dell’area dal punto di vista archeologico – la famosa particella 159 che la sopraintendenza ha dichiarato non setacciata sufficientemente. Nella stessa direzione andavano i ragionamenti accalorati di Raffa, le prese di posizione della Martini, i contributi di Galassi, finanche l’intervento di Marini, per ultimo, lasciavano cadere quei dubbi che pure in altre epoche li avevano visti protagonisti in negativo, qua ndo anche loro erano favorevoli all’edificazione in quell’area.

Niente da fare. Il pilone centrale, come suo fare, non ha mai indietreggiato. Ha tenuto la posizione anche con argomentazioni spesso fantasiose ed effimere; con ragionamenti che si sovrapponevano in miscugli inintellegibili, facendo apparire la votazione un atto dovuto; un’opera privata come se fosse pubblica; il costruttore improvvisamente preso dall’amore per l’archeologia; lo sconto sugli oneri concessori come favori al territorio; e, appunto, la cementificazione dell’area come la rivalutazione delle terme.

Qualche “ala” ha cercato di portare punti, non con la costruzione di un gioco proprio ma tentando di rubare il pallone e proporre un contrattacco improvviso. In questo si è distinto Ferrara che è stato decisivo per la meta finale quando ha provato a respingere le argomentazioni relative leggendo la delibera del 2004 di approvazione del permesso a costruire nella stessa area, credendo, mentre invocava a voce altisonante i nomi dei consiglieri che votarono favorevolmente, di trovare quelle uniche ragioni oppositive che lo sorreggono nella decisioni della cementificazione oggi. Purtroppo però due errori non fanno una ragione.

L’argomentazione massima della maggioranza, dunque, non è stato suffragare le motivazioni che spingevano a consentire la convenzione, ma solamente quella di trovare conferma nelle (disastrose) scelte delle amministrazioni Marzi e Marini, tacciando le argomentazioni come opposizione retorica, continuando a fare quello che anche le amministrazioni precedenti facevano: gli interessi dei privati.

Il tutto farcito da volgari, ripetute, insolenze del primo cittadino contro le associazioni e i loro membri colpevoli di opporsi, semplicemente di opporsi, ad un disastroso disegno cementizio. Le associazioni a cui è stato negata: l’esposizione dei cartelli (!?!); l’intervento pubblico in consiglio; così come è stato negata in questi anni sia, formalmente sia informalmente, una audizione con l’amministrazione per un confronto sul progetto; hanno subito quel modo di far politica tipico di questa amministrazione che può trovare agio solo nella polarizzazione delle posizioni e non nel confronto, nella discussione ovviamente povera e non confacente con gli interessi della cittadinanza.

E proprio per sostenere gli interessi di pochi il governo della città non può che essere in mano a pochi, mentre il codazzo segue e obbedisce e la popolazione subisce, spesso con cattiveria e risentimento. Peccato che stavolta, l’insulto finale dei cartelli agitati istintivamente contro la cittadinanza, ancora presente in gran numero alla mezzanotte, e non contro l’armata brancaleone dell’opposizione a cui forse erano indirizzati, è rivolto tristemente proprio alla città, che in larga parte ha sposato la causa delle terme come un appiglio davanti ad un degrado verticale sia economico che sociale del tessuto cittadino.

Dopo che l’amministrazione ha aperto la strada alle privatizzazioni selvagge,  con conseguenti e ampi tagli di prestazioni di servizi a cominciare dal sociale; dopo aver consentito per mancanza di controlli che l’illegalità si diffondesse nelle procedure amministrative; dopo la scelta di tagliare posti di lavoro a favore di ulteriore precariato; dopo aver prediletto una unica grande inutile e replicante opera, azzerando tutte le altre di carattere sociale o culturale; dopo aver incardinato la popolazione al recupero di debiti milionari per i prossimi trent’anni, popolazione chiamata a pagare al massimo tasse e servizi, ecco che arriva il regalo del cemento sulle terme.

La cittadinanza, stremata, si auspica che sia l’apice di questa consigliatura oltre cui la dimensione dell’intervento di strozzamento della città non possa più essere consentito.

Comitato di Lotta Frosinone

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