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Lo spettro di altre Tav incombe su mezza Italia

A Genova se ne parla da anni. Il consorzio che dovrebbe realizzarla è stato fondato nel ’91. Si chiama Cociv, Consorzio Collegamenti Integrati Veloci. E’ formato al 54% da Impregilo, Condotte con il 21%, Tecnimont con il 20% e Civ con il 5%. Sul portale di Impregilo si legge che «Il Progresso è la più grande delle nostre opere». Quelle meno grandi sono pezzi della Salerno-Reggio Calabria, l’inceneritore di Acerra, il Ponte sullo Stretto e metri cubi di “progresso” esportati in mezzo mondo. Il commissario del Cociv, che ha firmato a novembre il contratto per i primo lotto da 430 milioni di euro, è tale Lupi. La vicenda per la quale è più noto è quella del Villino di Mulinetti (Recco). In qualità di Provveditore alle opere pubbliche per la Lombardia e la Liguria, Lupi era stato indagato nel 2007 per aver speso 300 mila euro di denaro pubblico nella ristrutturazione di un villino del Corpo Forestale dello Stato, che poi aveva abitato, con regolare contratto di affitto, corrispondendo allo Stato un canone mensile di 416 euro.

Sotto la Lanterna la Tav si chiama Terzo valico ferroviario o Supertreno Genova-Milano. Ad oggi, però, ne esistono già cinque di valichi appenninici da quelle parti (i due diversi attraversamenti dei Giovi, la Voltri-Ovada, la S. Giuseppe di Cairo e la Pontremolese) e piuttosto sottoutilizzati. Il terzo valico riguarda i 54 km da Genova a Tortona, ossia in Valle Scrivia dove i centomila abitanti hanno avuto già dosi da cavallo di autostrade, aree logistiche, centri commerciali, oleodotti, raffinerie, industrie a rischio, elettrodotti e cementificazione selvaggia. Il progetto rivela la sua prima ambiguità a una prima occhiata: «E’ quasi tutta galleria per 39 chilometri quindi la velocità non sarà tanto alta -spiega un ambientalista storico, Antonio Bruno, capogruppo a Tursi per il Prc- e le rocce che si andrebbero a scavare sono piene di amianto, l’appennino lì è come in Val Susa».

E anche lì l’amianto. Secondo lo studio Zambrini, citato nel sito http://notavgenova.altervista.org/, l’unico tratto esistente con eventuali rallentamenti può essere la Tortona-Voghera, in comune fra la Milano-Genova e la Torino-Bologna, dove però basterebbe un terzo binario per aumentarne notevolmente le potenzialità. Neppure il flusso delle merci giustifica una grande opera del genere visto che tutti gli indicatori lo danno in calo e che, nei trent’anni d’oro, cresceva solo dello 0,11% l’anno. Dunque i comitati sembrano avere ragione quando temono di vedersi scaricare tutti quegli scarti amiantiferi nel Porto di Voltri, nella discarica di Scarpino e a Sestri Ponente. Respirare fibre di amianto, lo sanno nella vicina Casale Monferrato, provoca un tumore dei polmoni (mesotelioma pleurico). L’amianto è un materiale fuori legge dal 1977.

Un mostro da 6,2 miliardi. Il tunnel si porta appresso tante gallerie minori, trasversali a quella principale. Con altrettanti cantieri, tutti a ridosso di centri abitati, con lo sconvolgimento delle falde acquifere come nel Mugello. Chi si batte contro la Tav prevede che sarà un inferno di rumore, polvere, camion di giorno e di notte, per 15 anni almeno. Senza contare le infiltrazioni mafiose e il “normale” malaffare che una grande opera trascina con sé in cambio di poco lavoro precario per le popolazioni coinvolte. Lungo il percorso si trova il parco naturale delle “Capanne di Marcarolo” e, come in ogni ambiente montano c’è un delicato equilibrio idrogeologico. Il Cipe ha stanziato in due tranche, l’ultima ai primi di dicembre, un miliardo e 800 milioni di euro per un mostro che costerà -a lavori finiti- 6,2 miliardi di euro.

Mai la concorrenza con le autostrade. 115 milioni di euro al chilometro guardandosi dal realizzare il trasferimento modale dalla gomma al ferro e collegando il porto di Genova con i piazzali per Tir della famiglia Gavio, un nome i cui interessi sono strettamente intrecciati con quelli delle società autostradali e di Impregilo. Tutti soldi pubblici visto che nessun privato ha voluto metterci quattrini dopo il crack di chi aveva i bond del tunnel sotto la Manica. Denari sottratti ad altre urgenze come il quadruplicamento della Voltri-Nervi che darebbe respiro alle aziende liguri che costruiscono materiale rotabile, la bretella tra Prà e le linee di valico e con Sampierdarena che libererebbe la direttrice di costa per la metropolitana di superficie, il collegamento tra il Porto di Sampierdarena e le nuove aree di Calata Bettolo con il Parco del Campasso per liberarsi di un bel po’ di tir. Attualmente il rapporto merci su ferrovia e merci su Tir è di 8 a 92.

Il voto decisivo a Genova. Per ora, a opporsi alla Tav genovese sono soprattutto gli ambientalisti storici e l’area antagonista che si mobilitano da anni. Uno di loro, Gabriele Filippi, è a Marassi per via della recente retata contro il movimento di massa più ostinato di questa fase politica. E Doria, il candidato indipendente che ha appena vinto le primarie del centrosinistra? Doria «sta studiando le carte», chi lo segue assicura che è «in ascolto dei comitati». Per lui la priorità sarebbero gli ammodernamenti, finora ha mostrato un atteggiamento cauto sulle questioni. Tutto dipenderà dal nuovo consiglio comunale dove dovrebbe esserci meno pd, più sinistra e le liste civiche collegate a Doria, se vincerà. Altrimenti a Genova potrebbe arrivare un uomo dell’Opus dei, candidato per il Pdl, o Musso, un liberale transfuga da Forza Italia.

* Globalist 7 marzo 2012 

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