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Taranto: nuova emergenza ambientale per la città martoriata

Come si suol dire, piove sempre sul bagnato. È accaduto nella notte tra martedì e mercoledì a causa di un errore umano  quando è stato aperto il serbatoio di un mercantile battente bandiera panamense. “E’ un fatto gravissimo” ha dichiarato il Presidente nazionale dei Verdi e candidato sindaco di Taranto, Angelo Bonelli, visto che non si tratta del primo incidente in cui quantità rilevanti di idrocarburi sono state sversate in mare: “lo scorso 19 gennaio 2012 – ha ricordato Bonelli- una chiazza di idrocarburi molto estesa è stata rinvenuta sempre nel Mar Grande nei pressi di Punta Rondinella».

Due incidenti questi, che se da un lato mettono in serio pericolo la catena alimentare creando problemi all’economia tarantina, dall’altro dovrebbero fungere da campanello d’allarme. E’ sorprendente infatti, che il progetto dell’Eni Tempa Rossa abbia avuto il via libera da parte di tutte le istituzioni nonostante i rischi che comporterebbe per una zona già altamente inquinata. Il progetto Tempa Rossa infatti, prevede una raffineria molto piu’ grande e molto piu’ potente con maggiore estrazione di petrolio dalla Basilicata che passi attraverso l’oleodotto, per arrivare sulla costa. Dunque il volume di petrolio che transiterebbe per Taranto, tra quello da raffinare e quello da portare via raggiungerebbe livelli enormi con il conseguente aumento del numero di petroliere che transiterebbero nel porto della città piu’ inquinata d’Europa. Una vera e propria beffa per i tarantini che gia’ lo scorso febbraio hanno visto arrivare il parere favorevole della Regione Puglia alla costruzione di un ennesimo inceneritore di rifiuti pericolosi e non pericolosi nella zona industriale, esattamente tra la raffineria Eni e l’Ilva. Il tutto, come sempre, senza consultazione con i cittadini e le associazioni ambientaliste e senza che il Comune e la Provincia obiettassero nulla. Dunque Taranto, Capitale d’Europa per inquinamento, vedrebbe innalzarsi ancora di piu’ i livelli di diossina che si sommerebbero a quelli prodotti dall’inceneritore di Massafra, quello dell’Amiu e della Cementir. Il tutto condito dall’Ilva che equivale a circa 30 inceneritori in termini di flusso di massa annuo di diossina.  

È facile immaginare le conseguenze per una città definita “ad alto rischio di crisi ambientale” in cui viene messa in ginocchio anche l’economia. Basti pensare ai miticoltori che, dopo il blocco della vendita nello scorso anno delle cozze alla diossina,  attendevano proprio ieri il decreto definitivo per lo spostamento degli allevamenti da Mar piccolo a Mar Grande. Il rischio, dopo l’incidente, è quello di perdere per il secondo anno consecutivo l’intera produzione.

Taranto è una città martoriata, costretta ad ascoltare falsi annunci elettorali che celano un disinteresse delle istituzioni, dal Comune, alla Regione.  E’ sconcertante infatti, che il Presidente della Regione, Nichi Vendola, sia intervenuto la scorsa settimana alla trasmissione “Piazza Pulita” esaltando la legge regionale antidiossina. Purtroppo essendo senza contraddittorio, nessuno ha potuto sottolineare che si tratta di una legge-farsa che consente di attestare che durante qualche decina di ore di controllo all’anno, con preavviso, e solo sul camino E 312 dell’impianto di agglomerazione dell’Ilva la media di emissione di diossina rispetta il vincolo posto dalla legge. Ciò che avviene di notte, e non nel camino E 312 non è mai stato censito dalle autorità. Gli unici a sapere e a vivere sulla propria pelle ciò che accade a Taranto, sono ancora una volta i cittadini. 

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