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Vivere nelle metropoli è un rischio

 

Quasi un quinto delle città europee con oltre 100mila abitanti è a rischio alluvioni e oltre la metà hanno troppo cemento e poca vegetazione, moltiplicando gli effetti delle ondate di calore. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, che ribadisce il suo messaggio ai governi: tre quarti degli europei vive in città e occorre attrezzarsi per fare fronte ai cambiamenti climatici. Il problema è particolarmente rilevante laddove c’è un’elevata quota di popolazione vulnerabile, come quella degli anziani. È il caso di località in Italia, Germania e Nord della Spagna. “La maggior parte degli europei vive in città – afferma Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’agenzia Ue per l’ambiente – che possono essere estremamente vulnerabili rispetto agli eventi estremi, esacerbati dai cambiamenti climatici. Diverse città stanno affrontando effetti come scarsità d’acqua, inondazioni e ondate di calore, che ci si aspetta diventino sempre più fequenti e intensi rispetto al livello a cui siamo abituati”. Per questo sono proprio le città quelle che devono cominciare a investire in misure di adattamento, usando idee e buone pratiche impiegate in giro per il mondo. “Più a lungo i leader politici aspetteranno – spiega McGlade – e più costoso sarà adattarsi, mentre aumenteranno i pericoli per i cittadini e l’ecomomia”. Un esempio di piogge violente è stato quello di Copenaghen a luglio del 2011: il centro è stato inondato quando sono scesi oltre 150 mm di pioggia nel giro di due ore. Solo i danni di assicurazione sono stati stimati in 650-700 milioni di euro e l’agenzia Ue avverte: eventi di questo tipo sono destinati a diventare più frequenti. Fra gli esempi di adattamento ai cambiamenti climatici, c’è quello di Malmo, in Svezia, dove la città gestisce le piogge con un sistema di punti di raccolta delle acque, mentre a Saragozza, in Spagna, dopo le carenze di oro blu degli anni ’90 e 15 anni di campagne sul risparmio, sono riusciti a ridurre i consumi di acqua del 30% nonostante la crescita del 12% della popolazione. Le misure non devono per forza essere su grande scala: la nuova linea della metro di Copenaghen ha previsto entrate sopraelevate per evitare che le piogge torrenziali arrivino fino ai binari.

La condizione sociale metropolitana e l’uso capitalistico delle città sarà il tema del forum che la Rete dei Comunisti sta organizzando a Roma per il prossimo 16 giugno. “Mettere a valore la città è da sempre una delle peculiarità del capitalismo. Attraverso l’uso della rendita fondiaria, della speculazione immobiliare e della concentrazione di popolazione e di forza lavoro a basso costo (ieri gli immigrati meridionali, oggi gli immigrati stranieri), i gruppi capitalistici hanno sempre ritenuto che nella metropoli si vengano a creare le condizioni migliori per la valorizzazione del proprio capitale” è scritto nel documento di convocazione.  L’organizzazionecapitalistica della metropoli non ha un impatto negativo solo sul piano della vivibilità attraverso una cemtnificazione brutale che toglie spazio – che diventando bene scarso viene poi privatizzato e messo a pagamento – ma ha efeftti anche sui tempi di chi ci vive e di chi ci lavora. “Lavorare nelle aree metropolitane, in quella romana in questo caso, significa concretamente lavorare di più, sommando ai tempi di lavoro quelli della mobilità e della flessibilità totale della forza lavoro. Si conferma così la tesi di Engels sulle città come “magazzino della forza lavoro a basso costo” segnala il documento della Rete dei Comunisti. “Se a questa dimensione relativamente nuova della condizione sociale metropolitana affianchiamo le contraddizioni di sempre – dalla rendita speculativa immobiliare alle privatizzazioni dei servizi pubblici locali, ai maggiori costi sociali dei servizi – emerge con forza come la metropoli torni ad essere il punto in cui quantità e qualità delle contraddizioni e dei conflitti raggiungono il loro punto più alto. David Harvey ha ribadito nel suo recente libro sulle rivolte urbane che “Dopo tutto, è il capitalismo finanziario a costruire oggi la città, coi suoi condomini e uffici. Se vogliamo resistere dobbiamo farlo con una lotta di classe, contro questo potere. E sono molto serio nel porre la domanda: come si mobilita una intera città? Perché è nella città che sta il futuro politico della sinistra”. Di questo si discuterà il 16 giugno a Roma.

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