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Taranto. Ultimatum all’Ilva per l’avvio della bonifica


Nessun commento ufficiale è arrivato da parte dell’Ilva all’ultimatum della procura di Taranto che impone entro l’11 ottobre l’avvio delle fasi di spegnimento degli impianti sequestrati, ma da fonti vicine all’azienda si apprende che oggi “la produzione è al minimo, come nei giorni scorsi, e si stanno facendo delle riunioni per decidere il da farsi”. Il provvedimento della procura impone un termine per dare effettiva esecutività al sequestro che è stato disposto il 26 luglio scorso dal gip Patrizia Todisco.

L’Ilva “ora ci deve dire se sta dentro o fuori: il quarto custode, che è l’amministratore dell’Ilva, vuole mettere a disposizione persone e fondi per comunciare il percorso indicato dal tribunale? In cinque giorni noi vogliamo una banale risposta a questa domanda” chiarisce oggi il procuratore di Taranto Franco Sebastio, in una intervista a La Repubblica. “Dobbiamo cominciare le operazioni per interrompere l’inquinamento dello stabilimento siderurgico e fermare la produzione, cercando di non pregiudicare una ripresa futura degli impianti”. L’azienda ora “deve dare il via alle operazioni. Altrimenti, passati i cinque giorni, provvederemo in maniera diversa” precisa il dott. Sebastio “Ho autorizzato i custodi a prendere tecnici e maestranze dall’esterno, poi vedremo chi dovrà pagarli. Intanto bisogna però cominciare. Punto fondamentale, poi, è anche quanto scritto alla fine del provvedimento, ovvero che omissioni, ritardi e abusi saranno segnalati all’autorità giudiziaria”.
Contro la scadenza indicata perentoriamente dalla Procura, si scaglia invece il Ministro Clini, forse dimentico che la sua priorità sarebbe quella di tutelare l’ambiente e la salute. “Lo spegnimento dell’Ilva in 5 giorni è impossibile perché si tratta di un impianto molto complesso tant’è che la Procura chiede l’avvio dei processi” ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini al Tg2, annunciando che l’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) sarà pronta la settimana prossima. Ma proprio sull’Aia per l’Ilva di Taranto, il ministro Clini sembra avere qualche responsabilità pregressa. Pesa come un macigno l’esperienza dell’Aia precedente, varata dal ministro Prestigiacomo nell’agosto 2011 quando Clini era direttore generale dell’Ambiente (lui assicura di non averci avuto personalmente a che fare). Lo rammenta oggi Gad Lerner in un commento su La Repubblica, ricordando che “Si trattò di un provvedimento elastico che consentì ai Riva di continuare a produrre inquinando, con forzature imposte da periti riconosciuti inesperti. Oggi a Taranto quell’Aia-beffa viene additata come il premio ottenuto dai Riva per aver sottoscritto 120 milioni nella cordata Alitalia voluta da Berlusconi (“sappiamo bene che non ci guadagneremo”, dichiarò allora il patriarca della dinastia)”.
Del resto lo stesso ministro Clini, lo scorso 20 settembre, era arrivato a contestare anche i dati sull’inquinamento e la mortalità diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità. “Sui dati sanitari, aveva detto Clini, “non c’è nulla di segreto, nulla di nascosto. L’unica cosa evidente è che si stanno manipolando con grande spregiudicatezza dati incompleti e si sta creando una pressione sulla popolazione e sulle autorità. Non c’è nessuno oggi che può dire che c’è una relazione causa-effetto sulle attività industriali attuali dell’Ilva e lo stato di salute della popolazione”.

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