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L’Italia dei veleni, una mappatura (prima puntata)

Terra dei fuochi” è quella vasta zona geografica tra Caserta e Napoli così chiamata perché vi sono stati interrati una gran mole di rifiuti, soprattutto tossici, e anche scorie da centrali atomiche. Ma in realtà l’Italia intera potrebbe essere definia Terre dei fuochi.

In Italia ci si ammala non solo a Salto di Quirra, dove sono numerose leucemie e linfomi, o a Taranto dove c’è l’Ilva; ma anche a Cerano (Brindisi), sede della centrale termoelettrica a carbone più grande d’Europa, giudicata come il posto più inquinato d’Italia. Nel 2007, il sindaco del paese – con un’ordinanza – ha vietato che in 400 ettari di terreno attorno alla centrale (inquinati anche da arsenico, berillio, cromo, nichel, arsenico, mercurio, amianto, lindano e vanadio) si coltivassero e poi commercializzassero piante e frutti per l’alimentazione.

Né vanno dimenticate le discariche dei rifiuti, le aree industriali, le sostanze chimiche nei cibi. A Torrevaldiga, a Civitavecchia, c’è un’altra grande centrale a carbone; sono in funzione le raffinerie di Saras di Sarroch e l’area di Porto Torres, Siniscola col cementificio in Sardegna; poi la Sicilia con la raffineria di Priolo. C’è piombo e arsernico nel mare di Livorno, mercurio nelle acque di Trieste, benzene in quelle di Ravenna. Tito, cittadina praticamente congiunta a Potenza, e la Val Basento, in Lucania, sono altre due aree tra le più inquinate.

Se poi continuamo a distruggere piante ed animali la situazione ambientale, quindi anche la nostra salute e cultura, la situazione si fa sempre più grave. Pensando all’utilità delle piante, sperimentalmente, l’estratto acquoso delle foglie di Psidium guajava (piccolo albero coltivato per i frutti), può proteggere dai danni dell’arsenico; e la naringenina, un flavonoide contenuto in arance, limoni, pompelmo, è potenzialmente una sostanza protettiva dai possibili danni a livello epatico e renale. L’Arundo donax, la comune canna, può bonificare i luoghi inquinati da metalli pesanti e impedire che questi entrino nella catena alimentare.

Si può essere esposti all’arsenico non soltanto ingerendo acqua contaminata, ma anche mangiando vegetali irrigati con acqua contaminata. L’unica soluzione, raccomandata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è non bere e non coltivare nulla con acqua contaminata.

Un’altra sostanza che attualmente rappresenta una vera emergenza nazionale è l’amianto, che – com’è ampiamente noto – provoca circa mille morti ogni anno e può provocare tumore ai polmoni e mesotelioma del pericardio (lo spazio attorno al cuore), la trachea, laringe. Ma l’amianto può colpire anche l’apparato gastrointestinale, il fegato e cistifellea, la milza, i reni, l’ovaio e, molto raramente, la tunica vaginale del testicolo.

Il mesotelioma peritoneale rappresenta circa il 20-30% dei mesoteliomi; è un tumore che origina dal mesotelio, cioè dalle cellule parietali del peritoneo, membrana sierosa che tappezza le pareti della cavità addominale e pelvica. Anche le donne che hanno lavato indumenti da lavoro, tute contaminate da polveri da amianto, possono inalarne le pericolose fibrille e ammalarsi. Fibrille che ancora sono disperse nell’aria a Bucaletto, quartiere popolare della periferia di Potenza, costruito subito dopo il terremoto del 1980, dove la gente vive tuttora in diversi prefabbricati contenenti amianto, che col tempo vanno sbriciolandosi.

Va detto che l’amianto è stato ritrovato anche sugli elicotteri militari e che soldati e meccanici – ammalatisi nel tempo – affermano di non essere mai stati informati dei rischi che correvano a causa dell’esposizione dell’amianto.

Fiorella Belpoggi – biologa e direttrice del Centro di Ricerche per il Cancro “Cesare Maltoni”, dell’Istituto Ramazzini di Bologna – afferma che l’amianto nell’ambiente è un vero problema e “l’amianto ritrovato nell’acqua non è da ritenersi meno pericoloso di quello disperso nell’aria”.

Per quel che riguarda la Lucania – per esempio – occorre tener presente che l’incidenza dei tumori è nettamente superiore a quella che si registra nelle altre regioni del nord Italia, dove pure sono presenti fabbriche con alto inquinamento ambientale. Lo studio, con le relative prove, è pubblicato in “Current Cancer profiles of the italian regions”, e indica una curva, destinata ad aumentare, che descrive la quantità di tumori nella popolazione.

Né va dimenticato, sempre in Lucania, l’inquinamento legato alle estrazioni petrolifere in Val d’Agri ed anche alla ricerca petrolifera dell’ENI nella zona di San Fele; questo territorio è oltretutto classificato come zona 1, ad alta pericolosità sismica e che quest’area è ad alto rischio idrogeologico.

In diverse zone della Regione Veneto, nelle aree dei comuni di Treviso, Casier, Quinto di Treviso, Preganziol vi è invece un grave inquinamento da mercurio della falda acquifera.

Nella bassa bergamasca – a Treviglio, Arcene, Castel Rozzone, Verzellino, Ciserano – sono stati ritrovati nichel e cloroformio (triclorometano), nonché il cromo esavalente, pericoloso cancerogeno e mutageno, tutti nella falda acquifera nell’acqua che arriva ai rubinetti.

Nel tratto dell’ autostrada A4 di Castegnato (Brescia) i tecnici dell’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) hanno trovato concentrazioni di cromo esavalente 1.400 volte superiori ai limiti di legge e sono state da poco ritrovate altre “scorie industriali” occultate sotto l’autostrada A4.

In un report dell’anno 2012 nell’ambito distrettuale di Treviglio (Dipartimento di prevenzione medico, controllo e promozione della salute della ASL di Bergamo) è riportato: “… si può affermare che nell’ambito distrettuale di Treviglio si evidenzia un significativo eccesso di mortalità per tumori del fegato nei maschi (+14%), rispetto al dato provinciale “.

Nel dicembre del 2013 l’Istituto Ramazzini ha commentato e risposto all’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) sull’aspartame, edulcolarante artificiale usato come additivo alimentare. L’EFSA ha dichiarato che “L’aspartame e i suoi prodotti di degradazione sono sicuri per il consumo umano ai livelli di esposizione attuali”. Per eseguire la valutazione l’EFSA aveva condotto un rigoroso esame di tutte le ricerche scientifiche disponibili sull’aspartame e sui suoi prodotti di degradazione, compresi studi sugli animali e sull’uomo….. L’Istituto Ramazzini ha così ribattuto: “Siamo molto dispiaciuti di questa decisione per le conseguenze sulla salute pubblica, ma non sorpresi. Rimaniamo nella convinzione che l’aspartame sia un cancerogeno per l’uomo, poiché con il nostro modello sperimentale si è dimostrato cancerogeno per due specie animali, ratto e topo, e per diversi organi bersaglio; questo è anche il criterio che viene adottato dalla Agenzia Internazionale di Ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per classificare le sostanze cancerogene…..”  

(continua)

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