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Le pericolose ombre del decreto Sblocca Italia

L’audizione del garante dell’Autorità Anticorruzione, Cantone, e le osservazioni della Banca d’Italia, hanno segnalato come alcuni aspetti del decreto Sblocca Italia, in particolare sulle grandi opere e l’anonimato garantito per i possessori dei project bond, possono rivelarsi strumenti per il riciclaggio di capitali sporchi e infiltrazioni della criminalità. Ma è la filosofia del decreto e il totem delle grandi opere a dover essere messo sotto osservazione e contrastato concretamente. Intervendo al convegno della campagna “Salviamo il paesaggio”, abbiamo cercato di sottolineare le molte ombre che incombono su questo provvedimento del governo.

Dobbiamo subito dire che la Legge Obiettivo e il Project Financing istituiti ormai nel lontano 2001, meri strumenti di accentramento verticistica delle decisioni per le infrastrutture, sono miseramente falliti.

Nonostante tutto, il Programma delle Infrastrutture Strategiche 2013/15 prevede interventi con il relativo quadro finanziario (costo, disponibilità e fabbisogno residuo), per un costo totale delle opere pari a 235,3 miliardi di euro, di cui sono disponibili sono pochi miliardi.

Dalla vecchia pianificazione i cantieri aperti sono solo una piccola parte, ma tantissime sono le opposizioni sociali delle comunità locali investite da progetti devastatori. Solo per citarne alcuni, ricordiamo la TAV Torino-Lione, il Corridoio Autostradale Tirrenico, il tunnel TAV di Firenze.

L’ autostrada a pedaggio Brescia-Bergamo-Milano (BRE.BE.MI.) entrata in esercizio quest’anno è l’esempio di come il Governo impegna risorse per poi avere un’autostrada deserta.

Fiumi di miliardi di euro stanziati per opere inutili funzionali alla corruzione e all’infiltrazione mafiosa. Nonostante tutto ciò i governi che si sono succeduti, invece di cambiare rotta hanno continuato a emanare leggi a favore dei privati contro l’interesse pubblico. Difatti, con l’obiettivo di rendere gli appalti più appetibili ai privati, negli ultimi anni con i vari “Sviluppa Italia”, “Decreto Fare”, “Sblocca Italia” si è  tentato di riaffermare le solite infrastrutture onerose che non porteranno nessun beneficio alla collettività e al territorio. Alcune di queste normative riguardano il  project bond  e alcuni correttivi al project financing. Il trattamento fiscale agevolato per favorire l’emissione di project bond da parte della società di progetto consisterà nella tassazione agevolata in obbligazioni e titoli di debito, comparabile a quella dei titoli di stato, con ritenuta degli interessi percepiti dal sottoscrittore pari al 12,5, con questa operazione sarà possibile l’emissione di obbligazioni per rifinanziare anche debiti che le società hanno contratto già prima di realizzare l’opera.

A rendere appetibili per le imprese private anche un trattamento fiscale agevolato degli interessi pagati dal concessionario, che sarà ricondotto agli interessi pagati sui finanziamenti bancari; inoltre le imposte di registro ipotecaria e catastale, verranno definite in misura fissa su tutte le operazioni relative alle obbligazioni.

Il finanziamento delle infrastrutture mediante defiscalizzazione viene esteso a tutte le opere realizzate tramite partenariato pubblico-privato, interessando anche le reti ferroviarie non metropolitane e le infrastrutture aeroportuali. Per le opere che non prevedono un contributo pubblico a fondo perduto viene introdotta una nuova forma di defiscalizzazione che riconosce alla società di progetto, o concessionarie, il rimborso, per un periodo di 15 anni, di un terzo delle entrate fiscali derivanti dalla realizzazione e gestione della nuova infrastruttura. Anche per le opere portuali, il provvedimento renderà più vantaggiosi per i privati gli strumenti già esistenti.

Nonostante il fallimento, il project financing viene rilanciato con l’introduzione dell’obbligo di indire una conferenza di servizi in fase di studio di fattibilità del progetto. Lo scopo è evitare che le continue richieste di modifica al progetto da parte delle diverse autorità deputate a rilasciare le autorizzazioni .

E’ stato inoltre eliminato il tetto dei 500 mila euro annui come limite per l’utilizzo di crediti di imposta da parte dei Comuni, per la realizzazione di opere infrastrutturali finalizzate al miglioramento dei servizi pubblici. E per dare maggior spazio alle PMI negli appalti di grossa entità, il decreto innalza dal 50 al 60% la quota di lavori che i concessionari autostradali sono tenuti ad affidare a terzi attraverso procedure di evidenza pubblica.

E’ stata allargata la possibilità di accedere a defiscalizzazioni Irap e Ires per gli investimenti in infrastrutture previsti da contratti di partenariato pubblico privato e project  financing. Cioè le opere pagate da privati che in cambio ottengono la gestione del progetto, con relativi incassi, per un certo numero di anni con abbassamento da 200 a 50 milioni del tetto per cui le cosi dette opere strategiche vi possono accedere.

Gravissimo anche l’allungamento delle concessioni autostradali. Le autostrade sono come un bancomat e per chi le gestisce non c’è rischio di impresa, i pedaggi aumentano sempre e automaticamente, collegati come sono all’inflazione e ai piani di investimento finanziario calcolati con complicatissimi algoritmi.

Nella direttiva dell’Unione Europea, si sancisce che al momento della scadenza, le concessioni devono essere riaffidate tramite gare europee aperte a tutti e i concessionari attuali stavano fibrillando all’idea di dover rinunciare a questa gallina dalle uova d’oro. Le concessionarie che saranno accontentate dal clientelismo del governo Renzi sono: Autostrade dei Benetton, gruppo Gavio, Cooperative di costruzione, gruppo Astaldi, Banca Intesa, Mattiona di Torino.

Il decreto “Sblocca Italia” si occupa, tra le altre, dell’autostrada Orte-Mestre, lunga 400 km dal costo iniziale di oltre 10 miliardi 5 Regioni interessate al tracciato e un perforazione scriteriata dell’appennino centrale. Anche per questa opera è prevista la defiscalizzazione, cioè potrà essere costruita senza pagare tasse. Il padrino/beneficiario dell’operazione è Vito Bonsignore, una condanna definitiva a due anni per corruzione e svariati procedimenti in corso, passato di recente con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Altra grande opera, è la nuova TAV Napoli-Bari il cui costo iniziale è stabilito in 5,3 MLD di euro.

Interessante è quello che sta accadendo per un’altra grande devastazione: l’autostrada a pedaggio A12-Roma-Latina e la bretella Cisterna-Valmontone. Dopo 24 anni di continua ecoresistenza, il movimento NOcorridoio/Nobretella, ha trovati nuovi alleati: i costruttori dell’ANCE Lazio, la FederLazio, la Lega delle Coop Lazio e gli agricoltori del CRA. Tutti uniti nel chiedere al Governo e alla Regione Lazio di ritirare il progetto autostradale e stornare i 468 milioni a favore dell’adeguamento in sicurezza della Via Pontina. Un fatto unico in Italia che apre forti contraddizioni al fronte dei devastatori e da speranza alle comunità locali, fino ad ora estromesse dalla partecipazione alla decisioni e disinformate da un potere che, con la propaganda e la falsità, persegue l’obiettivo di distruggere la nostra terra, la nostra economia agricola, il nostro ambiente.

Queste scelte irresponsabili, stridono fortemente con le reali e urgenti necessità. Difatti, sono solo delle briciole le risorse economiche stanziate per la messa in sicurezza del territorio dal rischio di dissesto idrogeologico a cui necessitano almeno  41 miliardi di euro, senza considerare gli stanziamenti per la prevenzione degli eventi sismici. Stessa situazione e stessa stima economica, pari a 40 miliardi di euro, per quanto riguarda la manutenzione e la messa in sicurezza delle strade.

Bloccare le grandi opere infrastrutturali, investire sulla sicurezza del territorio, porterà un forte e strategico beneficio verso l’obiettivo del consumo di suolo zero. Insomma, darà lavoro buono per la  salvaguardia dell’ambiente e la salvezza di tante vite umane.

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