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L’ambientalismo italiano collude con Israele. Inopportunamente

Da un lancio dell’ANSA del 5 febbraio in allegato, apprendiamo, con profondo sconcerto e indignazione, che i presidenti di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, del WWF, Fulco Pratesi, di Italia Nostra, Carlo Ripa di Meana e di Greenpeace, Andrea Purgatori, si sono incontrati con l’ambasciatore israeliano Naor Gilon e con il ministro Gian Luca Galletti, per promuovere “futuri gemellaggi con l’obiettivo di tutelare l’ambiente”. In prospettiva, oltre a uno specifico appuntamento in occasione di Expo 2015, anche “un viaggio in Israele per conoscere quali risorse vengono impiegate nella difesa della natura”.

Per chi conosce, anche minimamente, la tragedia della Palestina storica sottoposta nel 1948 a una feroce “pulizia etnica”, della Cisgiordania, sottoposta insieme alla Striscia di Gaza dal 1967 a un regime di Apartheid e, infine, della Striscia trasformata dal 2007 in un grande campo di concentramento a cielo aperto, fatto oggetto periodicamente di violentissime operazioni militari di natura genocidaria (da “Piombo fuso” del dicembre 2008 alla più recente operazione “Margine protettivo” del luglio 2014), le considerazioni esposte nell’articolo citato appaiono macabre.

Suona macabra l’affermazione che in Israele “è positivo il bilancio fra alberi tagliati e quelli piantati” perché è facile documentare che lo Stato di Israele ha, dal 1967, sradicato  800.000 ulivi, la principale fonte di sussistenza della popolazione palestinese dei territori occupati. Vedi Uprooted, http://visualizingpalestine.org/visuals/olive-harvest .

Suona macabra l’affermazione che “in Israele ci sono 150 riserve naturali e parchi naturali”, perché è facile documentare che molte di queste riserve e di questi parchi sono stati realizzati per occultare i resti dei villaggi palestinesi distrutti nel 1948, oltre 500.

Suona macabro il riferimento alla gestione delle acque e dei fiumi, sapendo del feroce sfruttamento delle fonti idriche a esclusivo vantaggio della popolazione israeliana e delle colonie illegali in Cisgiordania. Con il divieto per i palestinesi anche di scavare pozzi.

Suona macabro ogni riferimento alla “sensibilizzazione nelle scuole verso i temi ambientali”, sapendo che, nella Striscia di Gaza, le scuole, anche quelle gestite dalle Nazioni Unite, sono state oggetto di bombardamenti mirati.

Vedi OCHA, United Nation Office for the Coordination of Humanitarian Affairs occupied Palestinian territory, Fragmented Lives Humanitarian Overview 2014, March 2015,

www.ochaopt.org/documents/annual_humanitarian_overview_2014_english_final.pdf .

Nel ribadire la nostra indignazione per il comportamento dei massimi esponenti delle vostre organizzazioni e restando a vostra disposizione per ogni ulteriore e più dettagliata informazione sui “crimini di guerra” e sui “crimini ambientali” commessi dallo Stato di Israele, vogliamo augurarci che da parte degli attivisti delle associazioni ambientalistiche si manifesti un fermo e netto rifiuto contro ogni forma di gemellaggio e di collaborazione, diretta o indiretta, con lo Stato di Israele.

* International Solidarity Movement – Italia

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