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Contestazioni territoriali, il governo “monitora” insieme alle imprese

Che i governi siano preoccupati per le contestazioni territoriali a questo o quel progetto infrastrutturale, spesso inutile, quasi sempre concepito per far guadagnare i costruttori più che per effettiva utilità complessiva, non è una novità.

Che tutte le contestazioni vengano perciò attentamente monitorate e schedate da un nugolo di organismi militar-polizieschi, nemmeno. Polizia, carabinieri, finanza, forestale, Sisde (o Aisi come si chiama adesso), procure, ecc, sono da sempre attivi su questo fronte, che ha il suo apice riconoscito nel tentativo di reprimere la resistenza in Val Susa.

La novità dei tempi presenti è che questo monitoraggio avviene di concerto tra governo e imprese interessate a costruire “opere” grandi e piccole, da altri progetti Tav (Trentino, Liguria, Puglia, Campania, ecc), a discariche, centrali a biomasse e non, geotermia e chi più ne ha più ne metta.

Un “concerto” che si occupa esplicitamente di eliminare “il virus” della cosiddetta “sindrome Nimby” (not in my backyard), ovvero le resistenze delle popolazioni che dovrebbero sorbirsi i danni – ambientali e alla salute – che quasi tutti questi progetti si portano dietro.

La “privatizzazione della schedatura” si accompagna dunque a un’opera di “comunicazione” intensiva tesa a isolare i focolai di contestazione (anche se ne vengono contati ormai a centinaia), puntando a persuadere la popolazione generalmente intesa a mutare “cultura” rispetto all'”avanzare del progresso”.

Nelle prossime settimane, per esempio, governo e imprese sostenitrici del Nimby Forum si sono dati appuntamento a Montecitorio, nella Sala della Regina, per la decima edizione di questa strana cosa a metà tra la lobby e il supporto privato alla repressione statuale. Il 17 novembre, dunque, ben al riparo tra le mura del Palazzo, l’Osservatorio Media Permanente del Forum presenterà a pochi interessati e qualche giornalista compiacente i risultatii delle proprie “ricerche”. Il sito del Forum si vanta di disporre del “il primo e unico database nazionale delle opere di pubblica utilità che subiscono contestazioni e si è accreditato come importante think tank sul tema”.

La società Aris, che lo anima, si presenta infatti come “associazione no profit che progetta e realizza studi, ricerche e iniziative di divulgazione nei settori ambiente ed energia, infrastrutture e trasporti, industria e servizi”. Con lo scopo esplicito di “affrontare le questioni ambientali, energetiche e infrastrutturali del Paese in modo innovativo e la necessità di creare una cultura di sviluppo e modernizzazione basata sulla sostenibilità, sul dialogo e sulla conoscenza”. Di recente, la Aris ha concorso a organizzare il “Forum della sanità digitale” presso la Luiss, l’università privata di Confindustria.

Altre società compartecipanti, come l’Allea, sono animate da personaggi molto attivi nel sostenere quella che “garantiscono” sia la “buona geotermia” – per esempio il progetto Orvieto-Castel Giorgio-altopiano Alfina-Acquapendente. Fino a cercare di mettere in piedi una contrapposizione tutta comunicativa tra “ambientalisti veri” (quelli “aperti ai progetti moderni”) e “annientalisti del no a prescindere”.

Il manifesto che convoca l’iniziativa è ancora più diretto: “la riforma della pubblica amministrazione e l’introduzione di regole certe saranno in grado di sbloccare investimenti e sviluppo?” Perché “rifondare la strada della democrazia  partecipativa (con quanta cura si manipola il linguaggio, per somministrate le Ink Cool 8 in stile Crozza…, ndr) significa investire in fiducoa e curare il virus del no a prescindere“.

Fidatevi di noi, fatevi curare, vi accompagneremo all’altro mondo senza che neanche ve ne accorgiate…

NF 2015 save the date 05

 

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