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Arresti per il saccheggio della biblioteca Girolamini

In realtà, dall’inchiesta napoletana che ha portato oggi a sei nuovi arresti per la “spoliazione” della storica biblioteca Girolamini, emerge una volontà precisa, ancorché criminale. E di mezzo, guarda caso, ci è finito anche il “bibliofilo” del Pdl, condannato in primo grado per concorso esterno ad associazione mafiosa, Marcello Dell’Utri, tra gli uomini più vicini a Berlusconi.

I Carabinieri del Reparto Operativo (Comando Tutela Patrimonio Culturale) hanno eseguito ieri notte 6 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip di Napoli, nei confronti di soggetti accusati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, alla falsificazione ed alla ricettazione di migliaia di volumi antichi. Gli arresti sono stati eseguiti a Genova, Napoli, Ozzano dell’Emilia (BO), Porano (TR), Santa Maria Capua Vetere (CE).

L’operazione è in corso dall’aprile 2012, quando vennero avviate verifiche sulla fondatezza di notizie di stampa che sottolineavano l’ammanco di circa 1500 volumi di pregio dalla Biblioteca dei Girolamini di Napoli. La scomparsa dei libri fu messa in relazione con la discussa nomina dell’allora neo-direttore della biblioteca Marino Massimo De Caro, già consigliere del ministro per i Beni e le Attività culturali (a quel tempo l’ineffabile poeta di corte Sandro Bondi), attualmente in carcere a Poggioreale.

I contatti con l’Interpol tedesca ccontribuirono a bloccare circa 500 volumi in procinto di essere venduti presso una casa d’aste di Monaco di Baviera. Gli esiti delle investigazioni – sviluppate con l’ausilio di intercettazioni e costantemente ostacolate sia dall’estrema “impermeabilità” degli indagati che da ripetuti tentativi di depistaggio – hanno consentito di scoprire l’esistenza di un gruppo dedito alla sistematica spoliazione della Biblioteca dei Girolamini.

Oltre a quattro persone già detenute, tra gli arrestati figura un legatore di Bologna, che secondo l’accusa provvedeva a cancellare dai libri rubati i contrassegni della Biblioteca; nonché un ‘runner’ che faceva da cerniera tra gli antiquari e il gruppo che si appropriava dei volumi.

Gli inquirenti sottolineano però anche che c’era un’intesa preventiva tra il direttore della biblioteca dei Girolamini De Caro e il senatore Dell’Utri per la consegna a quest’ultimo di alcuni volumi sottratti dalla biblioteca. Il senatore avrebbe ricevuto dieci o undici i volumi e una preziosa legatura, parte dei quali restituiti. Mancherebbe all’appello una copia dell’Utopia di Tommaso Moro.

Il procuratore Giovanni Colangelo ha definito la vicenda «un atto di brutale saccheggio».
L’ex direttore della biblioteca dei Girolamini Marino Massimo De Caro, in tutti gli interrogatori finora sostenuti, ha sempre affermato che il sen. Marcello Dell’Utri non fosse a conoscenza della provenienza dei libri antichi che gli aveva donato. È stato lo stesso Dell’Utri ad ammettere la circostanza e a restituire la gran parte dei volumi. È quanto emerge dagli atti dell’inchiesta che ha portato, tra l’altro, all’iscrizione sul registro degli indagati del parlamentare del Pdl. Nell’ordinanza emessa dal gip Francesca Ferri su richiesta del pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo emerge in particolare che Dell’Utri ha fatto ritrovare nella Biblioteca di via Senato a Milano, da lui presieduta, la legatura cinquecentesca Canevari che pure gli era stata regalata da De Caro, nonchè un’edizione de Il Principe di Leon Battista Alberti, l’Artificium Perorandi di Giordano Bruno, il Clavis Artis Lullianae di Johann Heinrich Alsted. «Il volume Utopia di Thomas Moore – scrivono i carabinieri del Nucleo Tutela patrimonio culturale – nella rara edizione del 1518, pure indicata nella memoria difensiva Dell’Utri come donato da De Caro, è da considerarsi senz’altro proveniente dalla Girolamini, non veniva ritrovato, riferendo la direttrice del Fondo Antico della biblioteca di via Senato Annette Maria Pozzo che si trovava nella personale disponibilità del senatore Dell’Utri, il quale avrebbe provveduto alla sua restituzione non appena reperito il bene, cosa che ad oggi non risulta ancora avvenuta». All’appello mancherebbe anche una copia del De Rebus Gestis di G.B. Vico che pure De Caro ha ammesso di aver consegnato personalmente al senatore.

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