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Torino. Una Fiera del libro No Tav

L’autore, Davide Grasso, è un No Tav latitante da quando la procura ha emesso contro di lui un’ordinanza di custodia cautelare il 29 novembre 2012 per l’occupazione dello studio della Geovalsusa (che in passato provò a lavorare per la Tav) avvenuta l’estate scorsa, e una seconda ordinanza relativa agli scontri del Primo maggio del 2012 avvenuti a Torino quando era stato contestato il sindaco Piero Fassino. Grasso non si è ovviamente presentato al Salone, per non rischiare l’arresto.
Vito Lacirignola, direttore editoriale, quando ha visto decine e decine di militanti affollare l’area, ha premesso: “Questa cosa ci ha presi alla sprovvista, noi capiamo la complessità del Movimento No Tav”. “Ma come casa editrice – ha proseguito – auspichiamo che i diritti di tutti vengano rispettati e che con la collaborazione leale con le istituzioni i problemi vengano risolti. La nostra collana Scaffale Multiculturale è dedicata a valorizzare l’incrocio tra le culture. L’autore non è presente a causa di complesse vicende giudiziarie che alla casa editrice non erano note quando è stata fatta la pubblicazione. Oggi vorrei che si parlasse di un libro ben scritto che rivela il talento di un giovane scrittore”.

Dopo la presentazione del volume tenuta dallo scrittore Girolamo DeMichele, è stato letto un comunicato inviato da Grasso. “Un sorriso a tutti coloro che mi hanno aiutato in questi mesi – è uno dei passaggi – da una parte all’altra dello Stivale. Sono rimasto impressionato dalla quantità di persone, spesso insospettabili, che si sono dimostrate disposte a farsi in quattro per la causa della Val di Susa, aiutando un No Tav in viaggio per la penisola”. Dopo ha preso la parola Nicoletta Dosio, storica leader No Tav. Un gesto non gradito dalla casa editrice ma soprattutto dai funzionari della Regione Puglia, che ospitavano l’incontro nello stand dell’ente pubblico.

“Lo spazio è della Regione Puglia riservato agli editori pugliesi. Qualsiasi altra cosa accade qui viene concordato e dovrebbe esserlo”, ha ricordato un’impiegata della Regione, che ha rivelato dopo che nè il governatore Nichi Vendola nè il suo assessore alla Cultura avrebbero voluto che il loro spazio “venisse strumentalizzato” e di aver saputo solo all’ultimo del blitz dei No Tav.

“Gian Carlo Caselli può tenere conferenze nelle scuole e nelle parrocchie, dicendo che il sopruso non va accettato, ma non può tollerare che i bambini crescano e agiscano insieme, in prima persona, senza bisogno dell’aiuto della sua toga, che già molti anni fa egli usò contro il dissenso politico in questo Paese”, scrive Davide Grasso, in un comunicato letto dai compagni durante la presentazione. “Oggi Caselli – prosegue – si ritrova a gridare “Più militarizzazione in Val Susa! Più processi! Più galera per i No Tav!” E lo fa in coro con Angelino Alfano, il guardasigilli del Cavaliere, l’ideatore delle leggi ad personam”.

Dopo il suo comunicato è stato letto un appello firmato da scrittori, registi, giuristi e intellettuali per chiedere la “sospensione delle misure a carico di tutti coloro che sono accusati di reati sociali o legati ai movimenti di protesta, per cui non sia stato formulato un giudizio definitivo, in seguito a un processo dove sia stato loro garantito il diritto a difendersi”. Lo hanno firmato finora decine di persone tra cui Massimo Carlotto, Valerio Mastandrea, Valerio Evangelisti, Ascanio Celestini, Elio Germano, i Wu Ming e altri.

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La lettera di Davide Grasso al pubblico del Salone del Libro

I loro affari, il nostro delitto
(o delle colpe che è facile portare)

Care amiche, cari amici,forse qualcuno di voi si aspettava, oggi, di vedermi di persona. Qualcuno sono certo che lo avrebbe preferito – vi lascio immaginare chi. Purtroppo, però, ho avuto un impegno improvviso… sapete, sono molto ricercato ultimamente! Scherzi a parte, spero comprenderete le ragioni che mi spingono a rivolgervi questo breve pensiero per iscritto. Vorrei ringraziare di cuore chi ha promosso e firmato l’appello che mi riguarda. Ma soprattutto mi permetto di rivolgere un sorriso a tutte e tutti coloro che mi hanno aiutato in questi mesi, da una parte all’altra dello stivale. Sono rimasto impressionato dalla quantità di persone, spesso insospettabili, che si sono mostrate disposte a farsi in quattro per la causa della Val Susa, aiutando un No Tav in viaggio per la penisola. Lo prendo come un segno dei tempi; e ne parlo ancor più volentieri adesso, mentre si fa un gran vociare di Val di Susa. Sembra che qualcuno scopra soltanto ora, e si meravigli forse, che esiste una resistenza da quelle parti. Io – tanto per cominciare in tono pacato – mi meraviglio che la rivolta non dilaghi in tutta Italia; mi meraviglio che l’Italia intera non sia, con le infamie che subiamo e a cui assistiamo, già un’unica, grande, Valle di Susa.

Ciò che accade in valle è simbolo e condensazione di tutte le cause che da decenni concorrono a portare questo paese verso la catastrofe. Ho appreso dalla rete che la Pato Perforazioni, azienda di Rovigo cui è stato tolto da un anno il certificato antimafia, ha fatto il suo ingresso nel cantiere di Chiomonte pochi giorni fa, per i lavori di scavo del tunnel. La Pato va così a tenere compagnia alla romagnola Bentini, che in Calabria è stata indagata per subappalti a ditte proprietà della ‘Ndrangheta. Dovremmo stupirci? L’Alta Velocità è un progetto che tutti i tecnici e gli economisti onesti definiscono completamente inutile, giustificato dall’unica ragione per cui l’opera deve essere realizzata: continuare a fare ciò che lo stato italiano ha sempre fatto, regalare a imprese private denaro pubblico per la devastazione del territorio; ed è chiaro che questo denaro va regalato a chi ha le influenze giuste e i giusti contatti, e a chi sa come ottenere una concessione.

A queste aziende e a questi personaggi non mancano i referenti politici. Se siamo certi che certe liaisons le può senza problemi garantire il Pdl, la principale azienda coinvolta è la CMC di Ravenna, che è praticamente un’unica cosa con il Pd, un po’ come lo è il Monte dei Paschi di Siena. Questo spiega perché qualsiasi governo, a guida Pd o Pdl, abbia negli ultimi vent’anni sostenuto che il Tav è un’opera strategica: strategica non per noi tutti, sia chiaro, e neppure per le strategie dello scambio commerciale, se è vero che i dati dicono il contrario, bensì per loro, per la voracità di chi da sessant’anni sconquassa la penisola in cambio del furto dei frutti della nostra fatica. In queste settimane l’Italia è colma di disgusto per la formazione dell’attuale, impresentabile governo, per un’operazione basata esclusivamente sull’obiettivo di far sopravvivere un sistema di potere e affari, mentre le scuole e gli ospedali muoiono, il potere d’acquisto di tutti noi crolla, la disoccupazione aumenta. Ma questo spettacolo immondo, l’inciucio Pd-Pdl, viene da lontano, e la popolazione valsusina è abituata a conoscerlo da tempo. Si chiama partito trasversale degli affari, ed è lo stesso partito del Tav.

Quando siamo andati a occupare gli uffici della Geovalsusa, a Torino, volevamo denunciare tutto questo. Volevamo chiedere perché la maggior parte delle ditte del Consorzio Valsusa, di cui quell’azienda fa parte, sono nate magicamente un mese prima dell’ingresso di migliaia di poliziotti e militari in valle. Abbiamo sollevato il dubbio: che i nomi delle ditte coprano, piuttosto, scambi di favori tra persone che si conoscono? È lo stesso dubbio che ci viene quando prendiamo atto che le ditte che hanno costruito quell’obbrobrio che separa la Val Clarea dal resto della Val Susa con muri di cemento armato, barriere, grate e filo spinato, continuano a fallire, scomparire e ricomparire misteriosamente di mese in mese, con nomi diversi. Quando abbiamo contestato, ovunque fosse possibile, il sindaco di Torino, Piero Fassino, e la giunta comunale di questa città è perché la svendita della valle all’impresa predatoria della devastazione ambientale è contraltare coerente della svendita di Torino a Intesa San Paolo, dell’indebitamento olimpico di cui noi giovani precari ipersfruttati paghiamo i costi, della genuflessione a Marchionne pagata con la cassa integrazione e la disoccupazione, perenne o intermittente, per tutti.

Ora sono certo che molti di voi sanno queste cose, ma visto che a denunciarle è qui, oggi, anche se in absentia, un latitante, qualcuno che è considerato dalla procura a sua volta un delinquente, forse vi troverete un po’ in imbarazzo. Eppure non dovete meravigliarvi. Il movimento No Tav ha commesso il crimine peggiore, quello che i giudici non possono perdonare: sta cercando di farsi giustizia da sé, bloccando questo treno e tutto il marcio che lo accompagna; ma non è una giustizia individuale, è una giustizia collettiva, di massa e autonoma. Gian Carlo Caselli può tenere conferenze nelle scuole e nelle parrocchie, dicendo che il sopruso non va accettato – anch’io da bambino ascoltai una di quelle conferenze, e ne restai colpito – ma non può tollerare che i bambini crescano a agiscano insieme, in prima persona, senza bisogno dell’aiuto della sua toga, che già molti anni fa egli usò contro il dissenso politico in questo paese. Oggi si ritrova a gridare: “Più militarizzazione in Val Susa! Più processi! Più galera per i No Tav!”, e lo fa in coro con Angelino Alfano, il guardasigilli del Cavaliere, l’ideatore delle leggi ad personam. Se mai gloria vi fosse stata, il finale della sua carriera è inglorioso oltremisura.

Avrei voluto, oggi, parlarvi di New York, delle splendide esperienze e delle assurde avventure che vi ho vissuto, e del mio libro. Ma non mi rivolgo a voi come scrittore perseguitato. Oggi tutti scriviamo, chi più chi meno, e pubblicare un testo non ci rende più scrittori degli altri. Tra le cose più belle che ho letto, alcune non sono state pubblicate, altre non lo saranno mai. Né sono più perseguitato di tutte le mie compagne e i miei compagni, né delle migliaia di poveri cristi che devono fare i conti con l’aridità morale dei pubblici ministeri. So che molti di voi, per un riflesso condizionato, penseranno ora che io parlo dei magistrati come ne parla Berlusconi; ma una delle aberrazioni intellettuali più insopportabili dell’era berlusconiana è proprio l’idea, a lui da sempre funzionale, secondo cui strumento di lotta per il cambiamento sarebbero i giudici e i tribunali. Idea di quella parte politica che oggi con Berlusconi è al governo.

Andate al Tribunale di Torino dopo essere stati al Salone, e vedrete che cos’è questa “giustizia”, fuori dai media, fuori dalle chiacchiere da salotto. Magari fossero i nostri aguzzini a rimpolpare le galere. Folle di disoccupati, di immigrati, di ragazzi di quartiere processati in serie, come alla catena di montaggio. Nulla è più assurdo del gesto politico che mette sullo stesso piano chi infrange il codice penale dall’alto, insaziabile di denaro e potere, e chi lo fa dal basso, senza denaro né potere, per necessità o per desiderio di cambiamento. Se noi, i No Tav, siamo oggi i nemici pubblici, è perché siamo in realtà amici pubblici, gli unici che, per la limpidezza della loro lotta, potrebbero guardare negli occhi qualsiasi italiano senza vergogna. I singoli reati che ci vengono contestati sono spesso inventati, è vero, ma il crimine reale di cui ci accusano non lo è: opporsi direttamente all’imposizione di un futuro che non vogliamo, alla corruzione della classe politica, alle arroganze dell’imprenditoria legale e illegale. Non ve lo diranno mai, ma è di questo, in realtà, che ci accusano; e di questo, senz’altro, siamo colpevoli. Una colpevolezza che è facile portare, come vedete. Mi auguro che questo genere di colpevolezza si estenda a tutto il paese. Per quanto riguarda la valle, invece, è una certezza: porta già la bellezza di questa colpa, e saprà vincere la sua battaglia, continuando a indicare a tutti la possibilità dell’azione, della dignità, della riscossa sociale.

Ci vediamo per le strade di Torino…

A sarà düra!

Davide

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