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Anche “la Mehari di Siani” non è farina del Sacco Saviano

Notizia minore, certamente. Ma Saviano non fa mai nulla di straordinario… Era salito due giorni fa sulla macchina alla cui guida era stato ucciso dalla camorra Giancarlo Siani, quasi 30 anni prima. “E’ il primo a guidarla”, scrivono tutti i giornali.

Chiarissima la simbologia, la “continuità” anticamorra fissata in astratto tra un giovane cronista de Il mattino lasciato tutto solo e la star dell’anticrimine nazionale. Ma come al solito, dove c’è una star c’è qualcuno che ha lavorato prima e meglio. E’ il caso anche della Mehari di Siani, scoperta dal regista Marco Risi quattro anni fa, restaurata, usata, fatta rivivere e messa a simbolo del film che stava girando allora. Opera che nessuno – tantomeno Saviano – ha minimamente ricordato tra una foto, una stretta di mano, una dichiarazione retorica sull'”Italia degli onesti”…

A voi, direttamente dall’Huffington Post italiano, l’intervista moderatamente risentita dell’ottimo Risi.

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La Citroen Mehari di Giancarlo Siani, il giornalista del Mattino ucciso dalla camorra 28 anni fa, fu ritrovata e rimessa a nuovo 2 settimane prima delle riprese del film biografico “Fortapàsc”, distribuito al cinema nel 2009. Parola del regista Marco Risi, a proposito del tour che l’automobile percorrerà in Italia e in Europa come testimonianza della lotta alla mafia. Il percorso della Mehari è partito proprio ieri, nel giorno dell’anniversario dell’omicidio di Siani, con alla guida Roberto Saviano. “È giusto che abbiano chiamato anche l’autore di Gomorra – dice Risi – che ha una certa affinità con Giancarlo, tanto che tra i camorristi che lo minacciavano qualcuno lo chiamava “Siano”. Però qualche volta dovrebbe anche tenere a mente il lavoro degli altri”.

 

Marco Risi, cosa pensa di questa iniziativa?
Sono contentissimo. La figura di Giancarlo Siani deve essere ricordata ed è una buona idea quella del percorso a bordo della sua auto. Però la Citroen Mehari non è ripartita ieri e sarebbe giusto ricordarlo.

 

Come sono andate le cose?
Due settimane prima delle riprese di “Fortàpasc” ritrovammo la vettura di Siani in un agriturismo in Sicilia. Dentro c’erano ancora tutti i documenti a nome di Giancarlo. Decidemmo così di utilizzarla, tanto che sarebbe diventata un simbolo del film.

 

In che condizioni era?
Era inutilizzabile, piena di polvere e di colore lilla. Così l’abbiamo rimessa a nuovo: abbiamo cambiato la batteria e l’abbiamo dipinta di verde, il suo colore originale. Da quel momento la Mehari non ci ha mai abbandonato.

 

L’auto com’era finita in Sicilia?
Dopo che la Mehari non era più sotto sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, i genitori e i parenti di Siani, distrutti dalla tragedia, non la reclamarono. Così fu comprata all’asta dal titolare di questo agriturismo. Non so se senza il nostro intervento l’auto sarebbe mai stata recuperata.

 

Che rapporto ha con la figura di Siani?
Ormai è come se lo conoscessi. Sono entrato in intimità con la sua persona anche senza averlo mai incontrato. Ho letto le 30 lettere private che scrisse alla sua ragazza. Durante la lavorazione del film ho scoperto la sua evoluzione di giornalista. Inoltre ho tutt’ora un ottimo rapporto con tutta la famiglia di Siani.

 

Perché non ha partecipato all’evento?
Ero stato invitato, ma allora credevo di essere impegnato con le riprese del mio nuovo film. E per una serie di contrattempi non sono poi riuscito ad andare.

 

 

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