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Il lato cattivo della storia

Karl Marx individuava nel “lato cattivo della storia” la forza motrice del mutamento, cioè quei soggetti sociali che impedendo la riproduzione della società nella sua forma attuale, rendono possibile il passaggio ad una società diversa.

“Il lato cattivo della storia” – edizioni Red Star Press, Roma, 2013, pp. 288, € 16,00 – raccoglie alcuni dei migliori articoli postati negli ultimi anni dal Collettivo Militant su uno dei blog più interessanti e graffianti del panorama italiano. Il che giustifica l’entusiastica prefazione curata dallo scrittore Valerio Evangelisti.
Molti gli articoli raccolti e che intervengono su numerose questioni passando sempre dal particolare al generale, a partire da questioni sulle quali il piccolo ma combattivo collettivo romano è intervenuto in maniera diretta, con azioni spesso esemplari capaci di “bucare” il muro di gomma dell’informazione mainstream ma senza mai nulla concedere alla pubblicistica ‘disobbediente’ spesso ricercata quando non stimolata dalla “fabbrica del falso”.

Articoli militanti quindi, espressione di un metodo di lavoro e di ragionamento di tipo strutturato e indipendente, costruiti a partire da una proposta forte di rottura con l’esistente, da un bagaglio culturale, storico e ideologico che negli anni è stato capace di evolvere, arricchirsi e incrociarsi con i cambiamenti in atto in una realtà sociale e politica in rapido mutamento.

Interventi stimolanti, capaci di avere una funzione pedagogica per migliaia di giovani e giovanissimi lettori – spesso coetanei degli anonimi estensori dei post – e anche di sferzare un pubblico di sinistra spesso incline alla semplificazione e poco aduso a ragionamenti complessi e problematici.
Un linguaggio aggressivo adottato con l’obiettivo di portare la lotta di classe anche sul piano culturale e che rifugge il politicamente corretto, attraverso prese di posizione nette e la denuncia chiara e diretta di responsabilità e mistificazioni. Il tutto accompagnato e amplificato da una grafica originale, capace di creare senso e identificazione in un mondo, quello dell’informazione di sinistra, sempre più appiattito e subalterno all’universo valoriale dell’avversario.

A distanza di anni dalla loro pubblicazione gli articoli rivelano una scientifica e continua capacità di fornire di nuovo senso e restituire capacità esplicativa a termini e categorie di cui l’avversario di classe si è impossessato, quelle per cui sarebbe ‘riformista’ chi vuole smantellare diritti e garanzie e  ‘conservatore’ chi invece si ostina a combattere per un futuro diverso.
“La scomparsa di una narrazione alternativa alla retorica liberale-liberista ci ha lasciati spaesati, senza quei riferimenti culturali che determinarono per gran parte del Novecento l’autonomia di pensiero delle classi subalterne. Oggi, venuto meno quel filo rosso ideale che ci rendeva partecipi di un movimento collettivo e internazionale, ognuno è stato abituato a pensare per se, ogni ipotesi politica confrontandosi col particolare e mai con un pensiero generale scomparso dall’orizzonte”

Il lavoro di Militant rappresenta il frutto della volontà e la dimostrazione della possibilità – in piccolo – di costituire un intellettuale collettivo che rifugga la logica e la tendenza al punto di vista individuale, alla manifestazione di un pensiero sganciato dalla realtà, all’elucubrazione magari dotta ma fine a se stessa. E che contrasti efficacemente il trionfo del pensiero debole.

Sforzo assai apprezzabile in un contesto nel quale blogs e social network, che pure potrebbero costituire un utile strumento di diffusione delle informazioni altrimenti celate e di una visione antagonista del mondo e dei rapporti sociali, si rivelano spesso fonti di un indistinto e innocuo ‘rumore di fondo’ all’interno del quale è spesso difficile se non impossibile districarsi.

 

“Nonostante tutto ciò che è accaduto in questi anni tristi, c’è ancora la necessità di un pensiero radicale – scrive Militant – Perchè una parte della popolazione e dei compagni non si sono arresi al politicamente corretto, alla politica post-moderna e alle sirene del pensiero debole. C’è ancora chi resiste, nonostante tutto”. 

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