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Voci contro il silenzio. La protesta di Radio Città Aperta

Da ieri mattina i redattori, i dj e gli ascoltatori della storica emittente romana Radio Città Aperta si sono piazzati sotto gli uffici della presidenza della Regione Lazio. Hanno rimediato un camper rapidamente trasformato in studio radiofonico, hanno piazzato un gazebo e gli striscioni e sono decisi a farsi sentire dalle autorità della Regione. Il motivo è il silenzio dietro cui la presidenza del nuovo Consiglio regionale – dopo l’elezione di Zingaretti – si è trincerata rispetto alla convenzione attraverso cui la radio da più di quindici anni – e con giunte di tutti i colori – trasmette in diretta radio e streaming i lavori del consiglio regionale, una esperienza locale praticamente unica a livello nazionale (se si esclude Radio Radicale che trasmette la diretta dal parlamento). Poter ascoltare in diretta i lavori di una istituzione elettiva locale non è solo una questione di trasparenza (e Zingaretti aveva annunciato che la Regione Lazio avrebbe avuto le pareti di vetro) è anche una forma di controllo popolare su cosa e su come si discutono le materie di interesse sociale: dalla sanità ai rifiuti, dalla casa all’occupazione etc, se il consigliere è coerente con quanto si era impegnato a fare rispetto al proprio territorio o meno.

Già la giunta di centro-destra aveva dimezzato del 50% nel 2012 la convenzione, ma poi a partire dal dicembre 2012 alla radio non si è proprio visto più un euro, zero, niente, nada de nada. La giunta Zingaretti e la nuova presidenza del Consiglio si sono insediati nel febbraio 2013 ma la musica non è cambiata. La radio ha continuato a trasmettere praticamente gratis la diretta dei lavori del consiglio regionale, ma le sollecitazioni fatte per avere delle risposte sulla convenzione sono rimaste lettera morta, anzi lettera mai arrivata perchè un consigliere regionale della commissione informazione e trasparenza aveva annunciato un mese fa una lettera del Presidente del Consiglio Leodori (Pd) che non annunciava niente di buono ma che non si è ancora palesata.

Radio Città Aperta è qualcosa di più e di meglio di una radio “normale”. Ha una storia, una identità e una dignità, e il silenzio non è un parametro accettabile per chi è abituato a riempire l’etere di contenuti decisamente anticonformisti e ottima musica. RCA nasce nel 1990 sull’onda di quella era stata Radio Proletaria (nomen omen) ed è rimasta nella popolare zona della Tiburtina, mantenendo quella “vocazione proletaria” riscontrabile nei suoi programmi, nei suoi frequentatori e nella scelta di promuovere soprattutto musica alternativa, insomma “Non è una radio di fighetti” dicevano ieri dai microfoni del camper trasformato in studio che trasmette direttamente dal presidio sotto la Regione. Da qui la decisione di “andare in piazza”, come ogni realtà che fa conflitto e vertenza, e chiedere riscontri alle proprie domande.

L’aria che tira non è delle migliori. La narrazione ufficiale parla dei tagli dolorosi che la Regione Lazio deve effettuare, l’indefinitezza induce al sospetto che la riduzione dei fondi induca a prediligere magari radio o soluzioni più vicine politicamente al Pd.

La realtà indica che Radio Città Aperta per sua storia e natura è abituata a “vendere cara la pelle” e non sottrarsi al conflitto. La Regione Lazio ha un bilancio di quasi 34 miliardi e i 70mila euro all’anno per il servizio effettuato dalla radio appaiono decisamente poca cosa, ma mentre sono insufficienti per avviare qualsiasi attività sono più che sufficienti per chiuderla.

Il presidio sotto la Regione continua, si trasmette in diretta anche da lì, gli ascoltatori passano a solidarizzare e una giovane ascoltatrice si è portata i cartelli scritti con il pennarello da casa e li ha appesi al gazebo: “E’ palese, avete qualcosa da nascondere”; “La città vuole la radio aperta, la Regione vuole la radio chiusa”. L’ascoltatrice sarà giovane, ma ha la vista lunga.

Il gazebo della radio sotto la Regione Lazio

Lo studio radiofonico di Radio Città Aperta dentro il camper sotto la Regione Lazio

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