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Chi paga l’orchestra sceglie di… chiuderla

L’Orchestra Sinfonica di Roma (OSR), nata nel 2002 e terzo ensemble della capitale per numero di concerti e fama internazionale, sta per chiudere i battenti. I 74 orchestrali, oltre ai lavoratori specializzati, sono stati raggiunti circa tre settimane fa da una lettera di licenziamento in cui si specifica che, a causa del notevole ridimensionamento dei fondi (dai 5 mln abituali ai 2 mln di euro per la prossima stagione) stanziati dalla Fondazione Roma (FR), la Arts Academy (associazione che gestisce questi fondi) non intende più proseguire il proprio lavoro per l’organizzazione della nuova stagione concertistica.

I professori dell’OSR, tutti abbastanza giovani, molti di loro non hanno 40 anni, sono stati assunti dopo il concorso fondativo del 2002 e solo dopo diversi anni di contratti a termine (scadenza a fine stagione) a seguito di varie vertenze, ottengono nel 2007 il contratto a tempo indeterminato (part-time verticale, per giustificare la mancata retribuzione nei mesi di agosto e settembre, nei quali, di fatto, stanno a spasso).

La gestione dell’ass. Arts Academy nel corso degli anni è stata pessima, ricca di sprechi e poco trasparente. Ma il malaffare cresce e si rimpingua dalla mammella che eroga la pecunia. Cioè dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, o, dopo il 2007, Fondazione Roma, (“,allo scopo di evidenziare fin nel nome l’evoluzione identitaria avvenuta con la separazione dell’attività bancaria da quella filantropica, entrando così a pieno titolo nella categoria delle fondazioni di diritto comune, quale soggetto preposto all’organizzazione delle libertà sociali.” Così viene affermato sul sito della stessa), che rivendica i suoi “500 anni di storia” e che svolge le sue attività filantropiche nei settori della sanità, della ricerca scientifica, dell’assistenza alle categorie sociali più deboli, dell’arte e della cultura e dell’istruzione. I suoi tratti distintivi: ascolto, dialogo, impegno, cooperazione con soggetti pubblici e privati sono logicamente tutti volti al benessere collettivo e all’istituzione di una nuova “welfare community”.

A testimoniare, semmai ce ne fosse bisogno, l’ipocrisia e la buffoneria che sorreggono tali idee, e l’irriformabilità di questo sistema, che vede proprio nella filantropia il suo aspetto più farsesco, c’è proprio il licenziamento di questi lavoratori, unici degni rappresentanti del “settore arte e cultura”, categoria “eccellenze” tanto decantata dal sito della Fondazione. Se già con cinque milioni di euro non riuscivano a garantire più di dieci mensilità agli orchestrali, figuriamoci con due! In realtà la Fondazione, con il patrimonio che possiede e grazie alle numerose partecipazioni in vari fondi d’investimento, nel 2012 (ultimo bilancio disponibile) gestiva 1,7 miliardi di euro, cento milioni in più degli utili della fiat nello stesso anno!

Dall’altra parte, sulla terra, i musicisti non intendono darsi per vinti: consci delle difficoltà presenti sul cammino ma altresì consapevoli che chi non lotta ha già perso, hanno già bypassato l’associazione Arts Academy e sono pronti a confrontarsi direttamente con i padroni della FR. Non ci stanno a buttare alle ortiche quello che in quasi dodici anni di attività e successi son riusciti a fare, sanno che il vero motore dell’orchestra sono proprio loro. Ma soprattutto non ci stanno a perdere il proprio posto di lavoro e si stanno mobilitando per rendere pubblica la loro situazione con dei flash-mob al centro di Roma (in cui si mettono a suonare in mezzo ai passanti) e tramite l’uso dei social network (hanno creato da due settimane il gruppo Facebook “Salviamo l’Orchestra Sinfonica di Roma”). Nei tempi della più grande crisi della storia del capitalismo nessuno è al riparo e anche tra i settori che tradizionalmente non hanno esperienze di lotta si sente parlare di mobilitazione o addirittura si discute di autogestione, come sta accedendo tra gli stessi lavoratori dell’Orchestra Sinfonica di Roma.  

In questo periodo, altre importanti esperienze musicali stanno incontrando grosse difficoltà economiche, come l’Orchestra del Teatro dell’Opera a Roma, o hanno già chiuso, come l’Orchestra Regionale del Lazio, il Maggio Musicale Fiorentino o l’Orchestra Sinfonica Nazionale Greca. E qualcosa di simile sta ormai accadendo anche in Germania, nella culla europea della musica. Ma anche l’arte è forza motrice della società. E proprio per questo siamo convinti che, allo stesso modo dell’istruzione e della cultura in generale, vada tolta dal controllo di chi, come i burocrati o le fondazioni “filantropiche”, vuol renderla un’arma spuntata e inutilizzabile per intaccare gli interessi della classe dominante.

*www.marxismo.net

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