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Dopo Parigi i morti non sono più uguali, quelli nigeriani diventano “gusci vuoti”

Problema: “Il mantenimento di un ammalato mentale costa circa 4 marchi al giorno, quello di uno storpio 5,5 marchi, quello di un criminale 3,50. Molti dipendenti statali ricevono solo 4 marchi al giorno, gli impiegati appena 3.5, i lavoratori manuali nemmeno 2 marchi al giorno. Illustrate queste cifre con un diagramma. Secondo stime prudenti sono 300mila i malati mentali, epilettici, ecc. di cui si prende cura lo Stato. Quanto costano in tutto queste persone a 4 marchi a testa? Quanti prestiti matrimoniali a 1000 marchi l’uno potrebbero venir concessi sfruttando questo denaro?” (tratto da un testo di matematica della Germania nazista, 1936).
Stiamo parlando dell’organizzazione nazista, espressione compiuta della razionalità occidentale, anzi della più alta forma di razionalità, messa, purtroppo, al servizio dell’irrazionalità. E’ un esempio aberrante di “scientific management”, di pianificazione dell’esistenza umana fino al minimo dettaglio. L’organizzazione nazista tedesca, tuttavia, non può e non deve certo essere considerata il buco nero nella storia del Novecento, espressione unica e irripetibile della follia di un manipolo di uomini. No, quei tedeschi erano i sobri figli della mentalità illuminista settecentesca e dello scientismo positivista ottocentesco, espressione della razionalità tecnico-strumentale, capace di sussumere ogni aspetto della realtà, l’uomo incluso.

E oggi, siamo davvero così sicuri di essere lontani dalla razionalità pianificante che ha sotteso gli orrori del Novecento? Varrebbe la pena rileggere l’analisi profetica della Scuola di Francoforte, per ritrovare gli scenari lucidamente preconizzati, quelli del capitalismo avanzato, del controllo assoluto degli individui da parte di ristretti interessi economici e delle logiche di mercato.

E andiamo ai fatti di Charlie Hebdo.

L’analisi scioccante di Elisabetta Addis, famosa economista, e fondatrice del movimento “Se non ora quando”, sviluppata in un recente articolo intitolato “Gli uccisi di Parigi e quelli di Boko Haram non sono uguali”, pubblicato sull’Huffington post, comincia così:

“Non ne posso più della superficialità di quelli che dicono che Boko Haram ha fatto 2000 morti e non valgono meno dei 12 morti a Parigi! Una vita umana vale quanto un’altra e 2000 vite perciò, con un rapido arido calcolo, valgono circa 160 volte di più. Hanno matematicamente ragione. Ma veramente non è così”.

Il seguito dell’articolo diventa sempre più inquietante, un problema di pesi e di misure: ”Allora, se Boko Haram uccide 2000 persone è una cosa ingiusta, devastante ed orribile, ma è diverso se questo avviene nella città in cui da 200 e passa anni, con l’illuminismo, sono state dette alcune cose circa la libertà di parola e l’uccidere e il nemico. Cose che in Nigeria, forse per colpa degli occidentali, non sono ancora state dette e non sono perciò entrate nel senso comune. Per cui sì, io mi sento di dire, senza sensi di colpa, che se 12 persone vengono uccise a Parigi, questo ha un senso diverso, più grave e peggiore – ammesso che due orrori possano essere paragonati – che 2000 persone uccise in Nigeria. Perché 12 persone uccise a Parigi ci tolgono molta più speranza di poter uscire dalla barbarie, che non 2000 in Nigeria”.

L’articolo provoca un senso di spaesamento. Se questo è l’Occidente, la prospettiva è umiliante e se queste riflessioni escono dalla penna di una femminista, allora la mutilazione delle coscienze è maledettamente profonda.

E dentro quella mutilazione ci sono i condizionamenti e i messaggi impressi da un pensiero ridotto a strumento. Dentro quella mutilazione c’è la sottomissione della razionalità al suo rovesciamento dialettico. Dentro quella mutilazione ci sono gli aberranti privilegi dei gruppi dominanti. Dentro quella mutilazione, infine, ci sono le false coscienze di chi manifesta a Parigi per la libertà di stampa, per la difesa dei valori (o pseudo-valori?) delle nostre democrazie, come se esistessero sfere di autentica libertà nell’economia di mercato, come se qualcuno godesse di franchigie particolari e non fosse invece totalmente sussunto al potere reale dei grandi interessi economici, quello che non guarda in faccia nessuno, neanche i duemila poveri morti dei villaggi nigeriani, i “gusci vuoti”.

Sì, nei problemi di matematica della scuola nazista, quelle donne e quegli uomini nigeriani sarebbero stati definiti così. Sarebbero rientrati nella categoria degli inutili, quelli che non meritano di vivere,” gusci vuoti”, appunto.

Non spaventiamoci, non si sta discutendo di un presunto ritorno del nazismo, nonostante l’Unione Europea appoggi, senza vergogna, il governo filo-nazista di Kiev.

Affermare che “Gli uccisi di Parigi e quelli di Boko Haram non sono uguali “ è solo il risultato del pensiero calcolante, “fortunato“ erede della cultura occidentale, apparentemente neutra, e di una storia tratteggiata sempre e comunque dallo stesso leitmotiv: l’illuminismo occidentale. Peccato che quell’illuminismo, blasone meravigliosamente ostentato dalla signora Addis, si rovesci sempre dialetticamente nell’anti-illuminismo  e nel suo inseparabile corollario: l’oppressione dell’uomo sull’uomo.

* Ross@ Verona

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1 Commento


  • Marco

    Complimenti ottimo articolo a condanna di un punto di vista oscenamente eurocentrico e neo-coloniale.

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