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Ammazza un bastardo, o un poliziesco sovversivo

La notte degli attentati di Parigi è illuminata dai flash dei reporter. Tutto il mondo assiste alla morte, al panico, alla caccia all’uomo. Come dentro una pellicola cinematografica o le immagini di un romanzo. Chi legge, sa che la letteratura gioca con la realtà. Ne prende pezzi, li contorce, li dilata, li estranea e crea mondi paralleli; il lettore è il ponte tra gli universi letterari e la realtà.

Così, prima ancora dell’analisi razionale dei fatti e delle cause, le nude immagini di quella notte, richiamano l’ambientazione della Francia narrata in “Ammazza un bastardo”, testo del 2007 di Colonel Durruti, pseudonimo degli scrittori Frémion e Jouanne, edito in Italia da Spartaco Edizioni.

Sia chiaro, il paragone con il reale finisce qui. Gli attentatori del novembre scorso, non hanno nulla in comune con i personaggi del romanzo. La cause sociali e politiche sono totalmente diverse, nel romanzo richiamandosi semmai alle rivolte delle banlieue francesi degli anni Novanta. La letteratura però, genera ibridi mentali e connessioni fantastiche. Rileggere questo romanzo è interessante soprattutto in chiave post attentati.

Ambientato in Francia a metà degli anni ’80, la storia narra di un gruppo di persone, chiamato successivamente il Soviet, che riesce a mettere in piedi un’organizzazione perfetta e capillare che coinvolgerà buona parte della società francese, nella caccia a quei bastardi che stanno distruggendo l’ambiente e le tutele sociali. Il romanzo di impostazione noir, sconvolge e coinvolge il lettore da subito. Immaginate di essere alla fermata del bus o della metro o di camminare per le strade di una qualunque delle nostre città occidentali. Immaginate grandi manifesti viola che ricoprono pensiline, colonne, muri di case. Manifesti dal contenuto stravagante e dalle conseguenze imprevedibili.

Ammazza un bastardo”, un politico, un prete, un imprenditore, un padrone, un militare, uno sbirro… sarà il manifesto politico che darà il via ad una serie di assassinii: prima un politico corrotto, poi imprenditori legati all’abusivismo ambientale e all’energia nucleare, quindi militari, razzisti, delatori. Gli investigatori suppongono un’organizzazione ben preparata di tipo militare con centinaia di membri; questo è in parte vero. In realtà i primi manifesti scatenano una voglia di partecipazione popolare sconosciuta: compaiono migliaia di manifesti viola, vengono compiute azioni simboliche e dimostrative di solidarietà al gruppo del Soviet. Inutile per le autorità catturare qualcuno; nessuno conosce l’identità degli altri e molti si impegnano nelle azioni senza aver ricevuto alcuna direttiva.

I bersagli sono precisi; la letteratura non colpisce gente a caso come nella reale notte di Parigi, i bastardi cominciano ad avere paura, a nascondersi. Impossibile per il lettore non identificarsi con chi pretende vera giustizia contro la corruzione manipolatrice del potere.

Le azioni del gruppo, impalapabile eppure tremendamente reale, rivoluzionano ogni aspetto della vita francese. Persino la moda e l’arte entraranno al servizio della causa: non più merci torneranno ad essere bene comune, gratuito e perciò materia viva e conflitto.

Il linguaggio ironico al limite del sarcasmo e le trovate letterarie rendono godibile la lettura. Ma il romanzo pone anche interessanti interrogativi di carattere sociologico; tutti sono disposti alla rivolta, dopo i colpi messi a segno dal Soviet eppure ciascuno, in assenza di stimoli, “persisteva nella propria schiavitù”. Non è riflessione banale né di poco conto, in era di globalizzazione.

Come non è banale sottolineare la reazione delle autorità; si scatena la caccia all’uomo, si immaginano leggi speciali, si decide addirittura di vietare il colore viola. Idee grottesche, letterarie, si dirà. Eppure, ed è questo il reale punto di contatto tra la fiction letteraria e l’attualità, dopo gli attentati dello scorso novembre, il governo francese ha limitato le libertà personali e civili; non è semplice oggi manifestare il dissenso per le strade. Lo stesso Frémion, co-autore del romanzo, ha preso una posizione netta contro il proprio governo, firmando la dichiarazione “Dimostreremo durante lo stato d’emergenza”.

Un’ultima curiosità riguarda lo pseudonimo scelto dai due autori. Colonel Durruti è chiaramente ispirato a quel Buenaventura Durruti, anarchico spagnolo morto nei primi mesi del 1936, durante la guerra libertaria contro Franco e le sue truppe. Non è un caso, come non è casuale l’internazionalismo a cui si ispirava la sua lotta e che lo portò fino a Cuba.

Anche gli autori decidono di far emigrare il Soviet altrove. Il secondo romanzo della serie, “La strega mascherata” è ambientato in Italia, guarda caso.

Si tratta di letteratura ma una riflessione è d’obbligo, perché “Se i bastardi guidano il mondo, la cosa non è per niente irrimediabile”.

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