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Il mondo cambia, e noi abbiamo un ruolo importante

Da tanto tempo, l’Impero sembrava invincibile. Gli Stati Uniti, a loro piacere e con i pretesti più assurdi, potevano violare la Carta delle Nazioni Unite, applicare embarghi crudeli, bombardare od occupare paesi, assassinare capi di Stato, provocare guerre civili, finanziare terroristi, organizzare colpi di Stato, armare Israele per le sue aggressioni…

Sembravano potersi permettere tutto, e il pessimismo dominava. Quante volte ho sentito dire: “Loro sono troppo forti, come potremmo noi mettere fine a questi regimi arabi corrotti e complici di Israele!?”

 

La risposta è arrivata dal basso: i popoli sono più forti dei tiranni!

Ma tutti sentono che la lotta non è proprio terminata: con l’eliminazione di Ben Ali e Moubarak, assistiamo solo all’inizio. Per strappare effettivi cambiamenti, dovranno essere neutralizzati tutti coloro che manovrano dietro le quinte. Da qui, l’importanza cruciale di una chiara comprensione dei meccanismi di questo sistema che produce i tiranni, li protegge e al bisogno li rimpiazza. Di capire perché questo Impero si stia indebolendo, e come sta tentando di reggersi ancora, a qualsiasi prezzo.

Nessun Impero è eterno!

Nessun Impero è eterno. Tosto o tardi, l’arroganza dei crimini provoca una generale resistenza. Tosto o tardi, i costi per “mantenere l’ordine” vanno ben oltre i profitti che queste guerre procurano alle multinazionali. Tosto o tardi, gli investimenti in campo militare rendono carenti altri settori che stanno già perdendo la competizione internazionale.

E gli Stati Uniti non sfuggono alla regola. Dal 1965, il tasso di profitto delle loro multinazionali sta decrescendo, e le bolle dell’indebitamento e della speculazione non fanno altro che prorogare ed aggravare questo problema. La loro quota parte nell’economia mondiale è passata dal 50% nel 1945 al 30% negli anni ’60, attorno al 20% di oggi e a circa il 10% nei prossimi venti anni, con questo andamento.

Ora, non esiste esercito al mondo che possa essere più forte della sua economia, e dunque gli Stati Uniti sono sempre meno in grado di fare i gendarmi del mondo. Oggi, il pianeta è divenuto “multipolare”: si è instaurato un altro equilibrio fra gli Stati Uniti, l’Europa e la Russia, e soprattutto con i grandi paesi del Sud. In modo speciale, la Cina ha sperimentato che essere indipendente era la maniera migliore di progredire. Gli Stati Uniti e l’Europa non potevano più imporre le loro volontà come in precedenza. Il loro neo-colonialismo potrebbe ben presto esaurirsi.

Infatti, questo declino statunitense è sempre più visibile, da dieci anni a questa parte…Nel 2000, esplode la bolla Internet. Nel 2002, il popolo del Venezuela fa fallire il colpo di Stato made in USA e Hugo Chavez mette mano alle sue grandi riforme sociali, che hanno indotto tutta l’America Latina a movimenti di resistenza. Nel 2003, la macchina da guerra di Bush affonda nelle sabbie mobili dell’Iraq, come in Afghanistan. Nel 2006, Israele si impantana in Libano e nel 2009 a Gaza. Le sconfitte si accumulano.

Prima i Latini, dopo gli Arabi. E domani gli Africani?

Le meravigliose rivolte dei Tunisini e degli Egiziani hanno fatto dei miracoli: adesso si sentono gli Stati Uniti decantare e raccomandare la “transizione democratica”, quando, da decenni, hanno fornito ai tiranni carri armati, fucili mitragliatori e seminari di formazione alla tortura! La Francia non è stata da meno. E questa rivolta fa piombare nella disperazione e nell’angoscia gli strateghi del Grande Impero statunitense, del Piccolo Impero francese e i loro protetti Israeliani.

Grazie, Arabi!

Oggetto di queste angoscie: come cambiare un poco per non cambiare l’essenziale? Come mantenere il loro predominio sul petrolio del Medio Oriente, sulle materie prime, ed in generale sull’economia? Come impedire che anche l’Africa si liberi?

Ma bisogna andare al fondo delle cose. L’esultanza dei primi passi non può nascondere il cammino che resta da percorrere.

Non è stato solo Ben Ali a saccheggiare la Tunisia, ma ha contribuito tutta una banda di profittatori, tunisini, ma soprattutto stranieri.

Non è stato solo Moubarak ad opprimere gli Egiziani, è stato tutto un regime che gli gravitava attorno. E alle spalle di questo regime, gli Stati Uniti.

Importante non è la marionetta, ma colui che ne tira i fili.

Washington, come Parigi, sta cercando solamente di rimpiazzare le marionette consunte con altre più presentabili.

Nessuna democrazia autentica in assenza di giustizia sociale.

La domanda a cui i Tunisini, gli Egiziani e gli altri desiderano dare una risposta non è : “Quale ‘nuovo’ dirigente ci farà delle nuove promesse, che non manterrà, prima che lo abbattiamo come quelli precedenti?

Piuttosto, queste sono le domande che si pongono: “Avrò un vero lavoro con un vero salario e una vita degna per la mia famiglia? Od invece avrò come unica via di uscita una barca che andrà ad arenarsi o affondare nel Mediterraneo, per poi finire in una prigione europea per clandestini senza documenti?

Ancora di recente, l’America Latina soffriva della stessa povertà e della stessa disperazione. Gli enormi profitti derivati dal petrolio, dal gas e dalle altre materie prime se ne andavano a gonfiare le casseforti della Exxon e della Shell, mentre un Latino-Americano su due viveva sotto la soglia di povertà, senza avere la possibilità di pagarsi le medicine o una buona scuola per i suoi bambini.  Tutto ha cominciato a cambiare nel 2002, quando Hugo Chavez ha nazionalizzato il petrolio, ha modificato i contratti con le multinazionali, ha preteso che queste pagassero le tasse e che i profitti venissero ripartiti. L’anno successivo, 11,4 miliardi di dollari arrivavano nelle casse dello Stato (nei venti anni precedenti, arrivavano zero dollari in cassa!), e questo permetteva la messa in opera di programmi sociali; cure sanitarie e istruzione generalizzate, raddoppio del minimo salariale, aiuti alle cooperative e alle piccole imprese creatrici di occupazione.

In Bolivia, Evo ha messo in atto le medesime politiche. E l’esempio si sta diffondendo. Arriverà anche sulle coste del Mediterraneo e in Medio Oriente? A quando un Chavez o un Evo arabo ? Il coraggio di queste masse in rivolta merita un’organizzazione e un leader, dei dirigenti onesti e decisi ad andare fino in fondo.

Nessuna democrazia autentica è possibile in assenza di giustizia sociale. Infatti, le due questioni sono strettamente collegate. Nessuno instaura una dittatura per il suo piacere o per semplice perversione. Avviene sempre per mantenere i privilegi di un piccola casta che accaparra le ricchezze. I dittatori sono al servizio delle multinazionali.

Chi non vuole assolutamente la democrazia?

A fronte della collera dei Tunisini, qual è l’“uomo nuovo” proposto da Washington ? Il primo ministro dell’ex dittatore! A fronte del desiderio di cambiamento degli Egiziani, chi hanno tentato di mettere al potere? Un ex comandante in capo dell’esercito, creatura della CIA! Se ne infischiano della gente.

Cinque anni fa, l’ex ministro francese degli Affari esteri, Védrine, osava dichiarare che i popoli arabi non erano maturi per la democrazia. Questa teoria resta dominante in una élite francese, che pratica più o meno apertamente il razzismo contro gli Arabi e l’islamofobia.

In realtà, è la Francia a non essere matura per la democrazia.

È stata la Francia che ha massacrato i Tunisini nel 1937 e nel 1952, e i Marocchini nel 1945.

È stata la Francia che ha condotto una guerra lunga e sanguinosa per impedire agli Algerini di esercitare il diritto legittimo alla loro sovranità.

È stata la Francia, per bocca di un presidente negazionista, a rifiutare di riconoscere i propri crimini e di pagare i debiti nei confronti degli Arabi e degli Africani.

È stata la Francia che ha protetto Ben Ali fino ai piedi della scaletta dell’aereo che se lo portava via. È stata la Francia che  ha imposto e mantenuto al potere i peggiori tiranni di tutta l’Africa.

L’attuale razzismo antimusulmano permette di prendere due piccioni con una fava.

Primo piccione: in Europa, i lavoratori sono divisi secondo la loro origine (un terzo dei lavoratori francesi o belgi sono di origine di recente immigrazione), e mentre si costruiscono fantasmi intorno al burqa, i padroni attaccano con esultanza i salari, le condizioni di lavoro e le pensioni di tutti i lavoratori, velati o no!

Secondo piccione: rispetto ai paesi arabi, l’islamofobia permette di evitare domande imbarazzanti. Al posto di chiedersi: “Ma chi ha imposto loro questi dittatori?”, e di ottenere la risposta: “L’Europa, l’Europa dall’alto dei suoi poteri,  l’Europa delle multinazionali”, si presentano gli Arabi come “non maturi per la democrazia”, e dunque pericolosi.

Si demonizza, invertendo però il ruolo della vittima con quello del colpevole!

Ora, ecco la questione fondamentale, e dipende da noi tutti evidenziarla o occultarla: perché gli Stati Uniti, la Francia e tutta la bella compagnia, coloro che in bocca hanno sempre la parola “democrazia”, non vogliono in realtà assolutamente una effettiva democrazia?

Perché, se i popoli potessero decidere da soli come utilizzare le loro ricchezze e il loro lavoro, allora i privilegi dei corrotti e degli approfittatori correrebbero seri pericoli!

Per nascondere il loro rifiuto di democrazia, gli Stati Uniti e i loro alleati agitano nei media lo spauracchio del “pericolo islamista”. Quale ipocrisia! Li vedete mai metterci in guardia e condurre grandi campagne mediatiche contro gli islamisti docili nei loro confronti, come coloro che sono al potere nel regime odioso dell’Arabia Saudita? Li sentite mai scusarsi per avere finanziato gli islamisti di Ben Laden per avere rovesciato un governo afgano di sinistra, che aveva emancipato le donne?

Il nostro ruolo è importante .

Il mondo cambia a grande velocità. Il declino degli Stati Uniti apre nuove prospettive per la liberazione dei popoli. Si annunciano grandi scompigli…

Ma in quale direzione andranno? Perché si rivelino positivi, questo dipende da ciascuno di noi, che circoli una veritiera informazione, che i dossier vergognosi siano ampiamente resi noti, che le strategie segrete siano smascherate. Tutto questo permetterà di instaurare un largo dibattito, popolare ed internazionale: di quale economia, di quale giustizia sociale i popoli hanno bisogno?

Ora, l’informazione ufficiale su tutto questo risulta catastrofica, e questo non avviene per caso. Quindi, perché queste discussioni si impongano immediatamente e ovunque, ognuno di noi ha un importante ruolo da svolgere. La chiave di tutto è informare. Come? Ci rivedremo per un prossimo testo, da qui a qualche giorno…

Bruxelles, 19 febbraio 2011

* giornalista belga, curatore del sito di controinformazione Investig‘Action

Fonte : www.michelcollon.info

http://www.michelcollon.info/forum/index.php?/topic/117-michel-collon-le-monde-change-et-nous-avons-un-grand-role/

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

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