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Germania: crolla la Cdu

Nelle due importanti elezioni regionali (länd) la sconfitta è stata radicale, anche se non quanto le recenti elezioni di Amburgo (da cui era uscita dimezzata). La Cdu ha perso il Baden-Wuerttemberg (Sud), dove governava da circa 60 anni; il partito suo alleato nella coalizione federale – la Fdp – è uscita dal Parlamento della Renania-Palatinato (sudovest).

Ma in entrambi i veri vincitori sono stati i Verdi, che in entrabi i casi andranno al governo insieme alla Spd (i socialdemocratici), che non hanno affatto superato la propria crisi storica dopo cinque anni di Grosse Koalition con la stessa Merkel. Si allarga, dunque, la maggioranza di cui dispone l’opposizione (Verdi, Spd, Linke) al Bundesrat (il ramo regionale del parlamento).

Per i commentatori più conservatori, la Merkel avrebbe la responsabilità di questa debacle proprio per aver “dirazzato” rispetto alla classica politica conservatrice (pro-nucleare e totalmente dentro la Nato). Sta di fatto, però che l’elettorato ha interpretato questo scrto come “un furbata” all’italiana, non sincera e del tutto strumentale. L’81% dell’elettorato lha giudicata “non credibile”. Come per i “democratici” di casa nostra – quando fanno i paladini dell’ordine e i federalisti – l’elettorato preferisce l’originale alla fotocopia.

La protesta contro il nucleare, naturalmente rinfocolata dall’incidente di Fukushima, ha contribuito a un successo dei Verdi oltre ogni aspettativa. Il partito guidato da Claudia Roth e Cem Oezdemir (chiaramente di origine turca) è volato al 25% nel Baden-Wuerttemberg, più del doppio rispetto all’11,7% del 2006, mentre ha più che triplicato i propri voti (dal 4,6% al 15,4%) nella Renania-Palatinato.

Nel Baden-Wuerttemberg, uno dei due Länd tedeschi che conta sei voti nella Camera alta, i conservatori della Merkel escono dal governo dopo 59 anni: per la Cdu si tratta di una sconfitta storica. Insieme alla Fdp, ha ottenuto solo il 44,1% contro il 54,9% del 2006. Allo stesso tempo, i Verdi possono formare una nuova coalizione con la Spd (che pure è scesa dal 25,2% del 2006 al 23,5%), avendo ottenuto insieme una maggioranza del 48,5%. La Linke (tradizionalmente inesistente in questo land) invece ha ottenuto il 3% ed è quindi rimasta sotto la soglia di sbarramento. Qui potrebbe dunque diventare governatore l’esponente Verde della regione, Winfried Kretschmann.

La scorsa domenica, nella Sassonia-Anhalt, un piccolo Land orientale, la Cdu aveva subito un significativo arretramento scendendo dal 36,2% al 32,5%. Peggio era andata ai liberali di Westerwelle, fermatisi al 3,8% e dunque senza rappresentanza nel parlamento di Magdeburgo. Il voto aveva premiato le opposizioni di sinistra. La Linke col 23,7% si è confermata seconda forza politica nel Land, dimostrando ancora una volta quanto sia forte il proprio radicamento popolare nei territori della ex Ddr.

Nella Renania Platinato, secondo i primi exit poll, la Spd (al governo) ha ottenuto il 35,5% dei voti (45,6% nel 2006) e la Cdu il 34% (32,8%). Il partito dei Verdi è andato oltre qualsiasi previsione arrivando al 17% contro il 4,6% del 2006. Anche la Linke è salita (dal 2,6% al 3,5%), ma rimane fuori dal Parlamento. I liberaldemocratici della Fdp non sono riusciti a raggiungere la soglia del 5%: ha ottenuto il 4% rispetto all’8% del 2006.

Secondo molti osservatori, queste elezioni sono state un referendum sulla leadership della Merkel. Il leader della Fdp, ministro degli esteri e vice cancelliere, Guido Westerwelle, potrebbe essere spinto alle dimissioni. In questo caso, la Merkel sarebbe costretta a un nuovo rimpasto di governo dopo l’uscita forzata dell’ex ministro della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg (per lo scandalo della tesi di dottorato copiata).

Per ora Westerwelle si è limitato a dare tutta la colpa al nucleare. «È stato un voto sul futuro del nucleare. Abbiamo capito».

Anche per il leader della Spd, Sigmar Gabriel, «oggi, è stata presa la decisione definitiva sulla fine dell’energia nucleare in Germania». Una conclusione cui la Merkel è arrivata tardi; solo questa settimana un’uscita dal nucleare il prima possibile.

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