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Libia: Sirte in bilico, il petrolio al Qatar

I primi ad allungare le mani in modo ufficiale – gli emiri del Qatar, padroni anche della famosa tv panaraba Al Jazeera, che stavolta è stata più “bombardista” degli americani – sono in realtà i secondi ad aver riconosciuto ufficialmente il Consiglio nazionale dell’opposizione libica, con sede a Bengasi, come “unico legittimo rappresentante del popolo libico”. Naturalmente, se la guerra si concluderà con la cacciata, la morte o la cattura di Gheddafi, questo consiglio sarà il nucleo del futuro governo (hanno esperienza: gli ex ministri dell’interno e delle finanze ne fanno parte). Se invece, prevarrà la logica della spartizione, allora diventerà il governo della Cirenaica, mentre a Tripoli andrà trovato un altro “quisling” per un altro padrone.

 

Contratti petroliferi

I ribelli di Bengasi hanno comunicato di aver «raggiunto un accordo» con il Qatar per l’esportazione del petrolio dell’est della Libia. «Il prossimo invio è previsto in meno di una settimana». Con la conquista ieri di Ben Jawad, sono tornati sotto il controllo dei ribelli tutti i principali terminal petroliferi del settore orientale (Es Sider, Ras Lanuf, Brega, Zueitina e Tobruk). I nuovi padroni della Cirenaica si dicono pronti a esportare petrolio «in meno di una settimana» e in grado di produrre «dai 100.000 ai 130.000 barili al giorno». I campi petroliferi a loro disposizione consentiranno di «produrre almeno 100.000, 130.000 barili al giorno, e possiamo facilmente arrivare ad un ritmo di 300.000», ha detto Ali Tarhoni, responsabile per gli affari economici dei ribelli.

A Ras Lanuf, il secondo sito strategico per il settore energetico libico, c’è una raffineria da 220.000 barili e numerosi depositi di petrolio e gas. Marsa el Brega è invece sede di un importante terminal per l’export. Tobruk, altro centro petrolifero del Paese, è sempre rimasto nelle mani degli anti-Gheddafi.

Nessuna notizia ufficiale, invece, su eventuali contratti con Francia e Gran Bretagna, i paesi più attivi nel “sollecitare” la rivolta, ottenere una risoluzione Onu e far partire i cacciabombardieri. Difficile pensare che si siano fatti soffiare il naso dai qatarioti…

 

Attacchi aerei e pezze diplomatiche

La Nato ha assunto il comando unificato delle operazioni, in teoria. E annuncia una riduzione dell’intensità degli attacchi. Aerei francesi hanno però attaccato un «centro di comando» vicino a Tripoli.

Il segretario generale della Nato, il danese Anders Fogh Rasmussen, ha provato a sostenere che «la Nato applicherà tutti gli aspetti della risoluzione delle Nazioni Unite. Niente di più, niente di meno». «Il mandato dell’Onu per la protezione e l’aiuto alle popolazioni civili è chiaro e la Nato lo applicherà in modo imparziale».

Francia Gran Bretagna, invece, non vogliono nemmeno sentir parlare di imparzialità. «Chiediamo a tutti i libici convinti che Gheddafi stia portando il paese alla catastrofe di mobilitarsi subito per avviare un processo di transizione». In una nota congiunta il presidente francese, Nicolas Sarkozy, e il primo ministro britannico, David Cameron, alla vigilia dell’incontro internazionale di domani a Londra, scrivono che «si potrebbe radunare intorno al Consiglio nazionale di transizione, al quale riconosciamo un ruolo guida, gli esponenti della società civile e quanti desiderano partecipare al processo di transizione verso la democrazia». Senza nemmeno accorgersi del carattere lunare delle loro parole, i due esortano quindi a «instaurare un dialogo politico nazionale che porti a un processo di transizione rappresentativo, a una riforma costituzionale e all’organizzazione di elezioni libere ed eque». Le immagini che arrivano da tutte le città è come minimo incompatibile.

I due si richiamano alla risoluzione della Lega Araba, secondo cui l’attuale regime libico «ha perso ogni credibilità», e pertanto «Gheddafi se ne deve immediatamente andare».

La Turchia, fin contraria all’intervento e molto defilata, assumerà invece il controllo dell’aeroporto di Bengasi per organizzare gli aiuti umanitari in Libia. Lo ha annunciato lo stesso primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. Il quale ha spiegato che la Turchia porterà avanti tre compiti, nell’ambito della missione Nato. «Uno è gestire l’aeroporto di Bengasi per il coordinamento dell’assistenza umanitaria», la Turchia parteciperà alle «operazioni di pattugliamento dello spazio aereo libico» e dispiegherà forze navali «nel corridoio tra Creta e Bengasi». Con grande gioia del greci, immaginiamo.

Mosca non parteciperà alla conferenza internazionale. «Dato che la Russia non fa parte della coalizione, noi non abbiamo ricevuto un invito e quindi non prenderemo parte a questa conferenza», ha detto un portavoce del ministero degli esteri russo. «Noi consideriamo che l’intervento della coalizione in quella che è essenzialmente una guerra civile interna non è stato autorizzato dalla risoluzione del consiglio di sicurezza dell’Onu», ha dichiarato a Mosca il capo della diplomazia russa, Serghei Lavrov.

 

 

Offensiva su Sirte stoppata

A sorpresa, dopo che era già stata data per “conquistata” dai ribelli perché abbandonata dalle truppe del Colonnello, si combatte ancora per il controllo di Sirte, città natale di Gheddafi. Una colonna di ribelli libici è stata bloccata nella sua avanzata verso Ovest a qualche decina di chilometri da Sirte da furiosi combattimenti con le truppe lealiste. Giornalisti presenti parlano di “un’imboscata” tesa a Harawa, un villaggio a circa 60 km da Sirte.

 

«Noi di parte? Ma no…»

La retorica di guerra è semplice: dire sempre il contrario di ciò che tutti vedono. E anche di quello che immaginano. Davanti alle domande della stampa, il presidente del Comitato militare dell’Alleanza, ammiraglio Giampaolo Di Paola è riuscito a dire senza ridere che «nessuno spiana la strada ai ribelli». Quelle della Nato sarebbero «operazioni destinate a proteggere la popolazione civile». E i bersagli «legittimi» sono ovviamente tutte le forze che attaccano o minacciano di attaccare i civili. Naturalmente a insindacabile giudizio dei bombardanti.

Di Paola ha sottolineato serissimo che la Nato «non è entrata in guerra», ma ha risposto alla richiesta dell’Onu di proteggere la popolazione da qualunque attacco, «indipendentemente» dalla provenienza.

Ma missione Nato non vuole controllare il flusso di migranti, Di Paola ha osservato che l’Alleanza «non ha un ruolo diretto nè è chiamata ad averlo». Ma la sua rete di sorveglianza può contribuire a segnalare le imbarcazioni con i migranti.

 

Napolitano, l’esportatore di diritti

L’intervento militare «non significa pretendere di esportare uno specifico modello di democrazia ma promuovere e proteggere i diritti fondamentali, civili e politici, e le libertà religiose, come pre-condizione per l’autonoma realizzazione di sistemi democratici». Giorgio Napolitano stava parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

Cessate il fuoco a Misurata

Il ministero degli Esteri libico ha annunciato oggi un «cessate il fuoco» a Misurata. L’agenzia di stampa libica Jana ha riferito che «le unità anti-terrorismo dell’esercito hanno smesso di sparare contro gruppi armati di terroristi» e ora a Misurata regnano «la sicurezza e la tranquillità». Anche qui sono riusciti a dirlo senza ridere.

I sostenitori e gli oppositori del colonnello stanno invece manifestando in erata in due zone della città, dopo una mattinata di combattimenti.

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