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Costa d’avorio: battaglia ad Abidjan

È così che ieri Abidjan, la capitale economica della Costa d’Avorio, ha vissuto un’altra giornata di tensione e combattimenti dopo l’entrata in città, nella notte tra giovedì e venerdì, delle truppe fedeli ad Alassane Ouattara. Ovvero colui che ha sfidato alle urne, lo scorso novembre, il presidente uscente Laurent Gbagbo e che è stato riconosciuto vincitore dalla Commissione elettorale ivoriana e dalla comunità internazionale. Ma non dalla Corte Costituzionale del paese e dallo stesso Gbagbo, che si è rifiutato di lasciare il potere.

Da allora, il nuovo presidente ha creato un governo, nominato ambasciatori e cercato di avviare la sua presidenza. Il tutto senza uscire dall’Hotel du Golfe, dov’è rimasto relegato con i suoi più stretti collaboratori, in un edificio circondato dalle truppe dell’avversario. Pochi chilometri più in là, nel quartiere di Cocody, il palazzo presidenziale è rimasto invece nelle mani di Gbagbo, che ha a sua volta creato un governo e cercato di avviare il suo nuovo mandato, forte del sostegno dell’esercito, in particolare della Guardia Repubblicana, e del controllo dei media, a partire dalla Radio-Télévision Ivorienne (Rti). Arrivate in città, le truppe fedeli a Ouattara hanno preso di mira proprio il palazzo presidenziale e la sede della Rti, a poca distanza l’uno dall’altra.
Capire come si stia muovendo il fronte interno ai quartieri centrali della città non è facile. La stessa Rti sembra essere stata riconquistata dalle forze pro-Gbagbo, visto che venerdì sera ha ripreso le trasmissioni mandando in onda immagini di manifestazioni a favore del presidente uscente e della sua cerimonia di giuramento dopo le contestate elezioni di novembre. Nessuno sa neanche dire con certezza dove si trovi lo stesso Gbagbo, che ormai da settimane non appare in pubblico. Venerdì il suo ministro degli esteri, Alcide Djedje, ha detto in un’intervista alla BBC che l’ex presidente è nel suo palazzo a Cocody, deciso a non mollare ma pronto a negoziare con Ouattara.
In realtà finora i tentativi di avviare dei negoziati seri tra i due avversari sono sempre falliti. A guidare l’“offensiva” negoziale sono stati sia il primo ministro keniano Raila Odinga, incaricato del file ivoriano per conto dell’Unione Africana, sia il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite, il coreano Choi Youn Jin, a capo della missione Onu per la Costa d’Avorio (Unoci). Che, forte di 9000 peacekeepers, è presente nel paese dal cessate-il-fuoco del 2003 che ha posto fine alla guerra civile che l’anno precedente aveva contrapposto Gbagbo ai ribelli delle Forces Nouvelles, rimasti in controllo del nord del paese.
Dopo essere state rinviate per anni, le elezioni di novembre, organizzate e certificate dalla stessa Unoci, avrebbero dovuto segnare la tappa finale del percorso di pacificazione della Costa d’Avorio. Così non è stato e ancora solo una settimana fa lo stallo sembrava di difficile soluzione. Invece lunedì le truppe fedeli a Ouattara e al suo primo ministro, Guillaume Soro, leader delle ex Forces Nouvelles, hanno iniziato un’offensiva militare che in pochi giorni è arrivata alla capitale. Lungo il percorso sono passate di mano, una dopo l’altra, la capitale politica Yamoussoukro, il porto di San Pedro e vaste zone dell’ovest del paese. Dove, nella città di Duekoué, gli uomini di Ouattara avrebbero ucciso centinaia di persone, dopo che le truppe di Gbagbo li avevano preceduti facendo lo stesso.
Le cifre si rincorrono: 800 morti solo martedì scorso secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, 1000 tra morti e dispersi secondo la Caritas, 330 “vittime accertate” secondo l’Onuci, “miliziani e non civili” secondo i pro-Ouattara. In ogni caso un massacro, in un bilancio che va ad aggiungersi alle centinaia di morti dall’inizio della crisi e al milione di persone che secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) potrebbe aver già lasciato il paese. Ma è con i colpi di cannone e di mortaio per le strade di Abidjan che si combatte l’ultima battaglia per il potere ivoriano.

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