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Costa d’Avorio. Colonialismo con l’elmetto

Le forze armate leali ad Alassane Ouattara, presidente della Costa d’Avorio riconosciuto dall’Onu, hanno annunciato nella notte di essere penetrate nella residenza presidenziale di Laurent Gbagbo, il capo di stato uscente che rifiuta di cedere il potere, ma fin da prima dell’alba sono ripresi forti combattimenti attorno alla residenza presidenziale, nel quartiere di Cocody.

La Costa d’avorio è precipitata in una guerra civile dopo le elezioni del 28 novembre, dopo che Gbagbo non ha voluto riconoscere la propria sconfitta. Secondo Radio France Presse, l’ex presidente , Laurent Gbagbo, avrebbe aperto trattative per la sua resa.

Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, ha confermato oggi che i caschi blu della missione Unoci, sostenuti dalle forze armate francesi, sono intervenuti con gli elicotteri contro le forze di Gbagbo ad Abidjan, la capitale commerciale della Costa d’Avorio.

“L’Unoci ha avviato un’operazione militare per prevenire l’uso di armi pesanti che minacciano la popolazione civile», ha affermato il segretario dell’Onu. Ad Abidjan, il locale portavoce dell’Unoci, Hamadoun Toure, ha riferito che sono stati sparati missili dagli elicotteri contro una base militare e il palazzo presidenziale. I caschi blu dell’Unoci sono affiancati dai reparti francesi dell’operazione Liocorne (quasi 2000 militari).

Come nel caso della Libia, è stata impressionante l’escalation imposta dagli interessi francesi nella crisi in Costa d’Avorio. Il 25 marzo al Consiglio di sicurezza Onu era stata fatta circolare da Francia e Nigeria una bozza di risoluzione. Cinque giorni dopo Parigi ha spinto per avere un voto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla Costa d’Avorio per imporre a Laurent Gbagbo di lasciare il posto al presidente riconosciuto dalla comunità internazionale, Alassane Ouattara. Ma alcuni Paesi avevano riserve su alcuni passaggi del progetto di risoluzione. La Cina, la Russia, il Brasile e l’India si erano opposte all’estensione delle sanzioni proposte nel progetto di risoluzione che la Francia e la Nigeria hanno sottoposto al Consiglio di sicurezza. Ma il 31 marzo la risoluzione veniva approvata e tre giorni dopo le forze armate francesi già partecipavano ai combattimenti contro le milizie di Gbagbo e a sostegno di quelle di Oattara.

Mentre la stampa francese e occidentale segnalavano un bilancio ufficiale provvisorio di più di 400 morti dalle elezioni contestate di novembre a oggi e ne avevano accusato unilateralmente il solo ex presidente Gbagbo, un comunicato del Comitato Internazionale della Croce Rossa afferma che « almeno 800 persone » sarebbero state uccise martedì scorso nella città di Duékoué dai partigiani di Ouattara sostenuto dalla Francia e dall’Onu.

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