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Egitto: l’ombra saudita dietro i salafiti

Nena News – Dodici morti, duecento i feriti: questo il bilancio degli ultimi scontri che hanno visto coinvolti musulmani e cristiani nella capitale egiziana del Cairo a seguito di un tentativo da parte di un gruppo di musulmani estremisti di dare fuoco a due chiese. La violenza esplosa arriva dopo una settimana segnata di eventi che hanno mostrato quanto si stia complicando il conflitto settario dell’Egitto post Mubarak.

La preghiera comunitaria del venerdì era appena terminata quando un piccolo raduno di fedeli di un sobborgo del Cairo si sono diretti davanti all’ambasciata americana per protestare contro la morte di Osama Bin Laden. “L’esercito di Maometto è tornato”, urlava un signore con una folta barba. “Obama, la morte di Osama non ci fermerà”, gridava un suo compagno, mentre usciva dalla moschea di Al Nour, da dove è partito il corteo. Tremila fedeli erano arrivati qui già in mattinata per assistere alla preghiera guidata dallo sheikh Hafez Salama, eroe della resistenza egiziana nella guerra di Ottobre del 1973, che giovedì aveva annunciato che durante la tradizionale celebrazione del venerdì si sarebbe tenuta la preghiera dell’assente, per ricordare la morte del leader qaedista. Questa iniziativa aveva innervosito non poco il ministro degli affari religiosi, da tempo in conflitto con lo sheikh di questa moschea, frequentata soprattutto da musulmani salafiti, credenti che interpretano il Corano rigidamente, si rifanno al periodo del profeta e dei suoi primi seguaci e rifiutano categoricamente il concetto di modernità. Principi che li avvicinano molto al wahabismo saudita e non sono pochi a credere che dietro questo loro attivismo ci siamo proprio i sauditi che negli ultimi 30 anni hanno spesso finanziato e aiutato il diffondersi di formazioni islamiche tra le più estremiste, come i Taliban.

Era stato sempre davanti alla moschea Al Nour che il venerdì precedente migliaia di salafiti avevano manifestato per chiedere di mettere sotto processo il papa copto, a capo della minoranza religiosa cristiana, e di rilasciare Kamilia Shehata e Wafa Constantine, le mogli di due preti copti che, secondo i salafiti, sarebbero tenute prigioniere dalla chiesa copta a causa della loro conversione all’Islam. Tale questione è diventata un vero e proprio tormentone della cronaca egiziana. Se ne discute infatti dalla scorsa estate, quando Camilla, trovata nella casa di un amico, aveva dichiarato di essersi allontanata dalla sua abitazione spontaneamente e a seguito di un litigio con il marito.

Oltre alla sorte di queste due donne, attualmente, a preoccupare maggiormente gli egiziani é la crescita di potere che stanno acquisendo i salafiti nell’Egitto post Mubarak, dove il conflitto settario è tornato in auge. Dopo settimane nelle quali questi estremisti hanno cercato di approfittare dell’incertezza della transizione politica per acquisire potere su alcune località, a intervenire sono stati in primis i copti e i musulmani moderati che vogliono difendere il paese dagli attacchi degli estremisti. La scorsa settimana sono state dieci migliaia le persone che, in risposta alla manifestazione dei salafiti del venerdì precedente, hanno deciso di mostrare il loro sostegno alla comunità copta, andando ad ascoltare il sermone che il papa Shenouda III pronuncia ogni mercoledì.  Oltre a tanti personaggi famosi, ad assistere alla preghiera cristiana sono stati numerosi ragazzi protagonisti della rivoluzione del 25 gennaio che non vogliono che ora gli estremisti rovinino il clima di unità nazionale creatosi tre mesi fa in piazza Tahrir, la roccaforte della rivoluzione.

A criticare la condotta dei salafiti sono stati anche i ministri di Al-Azhar, massima autorità religiosa dell’Islam sunnita, e i sufi, una corrente mistica dell’Islam caratterizzata da un’interpretazione tollerante delle scritture, che mercoledì si sono incontrati di fronte alla moschea di Hussein per accusare i salafiti di macchiare l’immagine dell’Islam. “Non conoscono nulla di vero della nostra religione -ha detto al quotidiano Al-Masry Al-Youm Hassan al-Shafay, membro dell’Accademia della Ricerca Islamica – Sanno solo farsi crescere una barba lunga e sposarsi quattro donne”. “I salafiti vogliono riportare i paesi musulmani ai giorni della lotta settaria” ha aggiunto lo sheikh sufi Mohammed Ibrahim.

Il dissenso contro i salafiti è sfociato in una marcia organizzata venerdì dalla comunità copta alla quale hanno partecipato migliaia di cristiani che, protetti dai militari, hanno accusato questi estremisti di stare attaccando la loro comunità. Da parte loro i salafiti hanno precisato di aver scelto di non scendere in strada nuovamente. Questo non a causa delle manifestazioni a sostegno dei copti organizzate durante la settimana, ma per mostrare fiducia all’esercito che ha promesso di risolvere la questione relativa alle tue mogli per via legale, entro il 15 maggio.

Preoccupato delle crescenti tensioni settarie, a inizio mese, il consiglio supremo delle forze armate aveva già pubblicato sulla sua pagina Facebook un messaggio nel quale, richiamando alla stabilità e all’unità nazionale, descriveva gli incidenti settari come dei veri e propri nemici della nazione. A intervenire sono stati infine anche i Fratelli Musulmani, il maggior movimento islamista di opposizione al vecchio regime, che, dopo aver enfatizzato l’importanza di riconoscere la diversità dei movimenti islamici esistenti, hanno preso le distanze dai salafiti. “Per me, il principio islamico della shura (comunità, consiglio,ndr) è meglio della democrazia, ma questo non vuol dire che rifiuto la democrazia”, ha detto Essam el Aryam, membro del consiglio direttivo della Fratellanza, durante un seminario organizzato al Cairo la settimana scorsa. “Attualmente la nostra scelta è quella tra uno stato autoritario e uno civile – ha aggiunto El Aryam- non quella tra uno stato religioso e uno civile.” “I salafiti vogliono tornare indietro nel tempo – ha scritto un giovane sul suo blog – Solo a noi spetta il compito di impedirglielo”.

Ciononostante, la situazione è precipitata nella serata di sabato, quando alcuni salafiti hanno assalito due chiese, cercando di appiccare il fuoco nel tentativo di liberare una ragazza convertitasi all’Islam che sarebbe stata rapita dalla chiesa copta. In pochi minuti la violenza è scoppiata e alcuni copti, che stanno ora organizzandosi in milizie per proteggere i loro luoghi sacri, sono andati davanti agli stabilimenti della televisione di stato egiziana per protestare contro questi atti e accusando i militari di non difenderli adeguatamente. Anche se i militari hanno dichiarato di aver arrestato 190 persone implicate negli attacchi di sabato notte, i copti hanno continuato le loro proteste con un sit in davanti gli stabilimenti televisivi, dicendosi preoccupati per la situazione attuale. “Questo è un vero inferno. Prima non vivevamo in questo incubo, non dovevamo proteggere le nostre case e le nostre chiese in questa maniera – scrive un fedele copto sul suo account Facebook – Durante l’epoca di Mubarak eravamo piú sicuri”.

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