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Non solo raid, le mani sul petrolio

 

Se l’intensificazione dei già durissimi bombardamenti aerei su Tripoli, con un numero crescente di civili uccisi, era stato l’esito (scontato) martedì a Bruxelles della riunione della Nato, ieri ad Abu Dhabi una pioggia copiosa di finanziamenti ai ribelli antigovernativi libici è stato il risultato dell’incontro del Gruppo di contatto, co-presieduto dal ministro degli esteri italiano Frattini. Dal vertice negli Emirati è arrivato l’invito «a esplorare tutte le vie e gli strumenti nazionali per assicurare aiuti finanziari sostanziali al Consiglio nazionale transitorio (Cnt) di Bengasi, attraverso meccanismi che consentano a quest’ultimo di «esportare idrocarburi e fornire garanzie». Nella dichiarazione finale si sottolinea «la necessità di trovare un meccanismo che permetta lo scongelamento degli asset libici oppure di utilizzarli come garanzia per finanziare i crediti al Cnt».
Il Gruppo di contatto ha perciò accolto il cosiddetto «modello italiano» per i finanziamenti al Cnt, che prevede l’apertura di linee di credito e fornitura di carburante utilizzando come garanzia i beni congelati del regime di Gheddafi. E da ieri, ha confermato il vice presidente del Cnt, Abdel Hafidh Ghoga, è operativo il fondo internazionale di aiuti finanziari per i ribelli. Questi ultimi – che chiedono tre miliardi di dollari nei prossimi quattro mesi – hanno ricambiato l’interessata «generosità» dei donatori annunciando attraverso il ministro Ali Tarhuni che cominceranno «presto» a produrre 100mila barili di greggio al giorno, con gran sollievo per gli acquirenti occidentali.
Non meraviglia la soddisfazione di Frattini che da un lato ha annunciato lo stanziamento italiano di 300-400 milioni di euro in cash e 150 milioni in carburante (utilizzando come garanzie gli asset libici congelati in Italia) e dall’altro con tono bellicoso ha esortato a non «allentare la pressione». «Dobbiamo rimanere concentrati e uniti – ha aggiunto – per non dare (al colonnello libico) Gheddafi alcuna possibilità di riguadagnare terreno» e «per raggiungere l’obiettivo di un cessate il fuoco credibile». «Il regime di Gheddafi sta arrivando alla fine, bisogna cominciare a pensare a una soluzione pacifica (della crisi)», ha previsto Frattini. Le potenze occidentali, Stati Uniti in testa con il Segretario di stato Hillary Clinton, pensano già al dopo-Gheddafi mentre la stampa internazionale presente a Tripoli riferisce di un leader libico ancora forte del consenso di una porzione significativa di popolazione e di parecchie tribù.
Ma il sostegno ai ribelli antigovernativi libici avviene in molti modi e non solo con le bombe devastanti sganciate dagli aerei della Nato o gli aiuti finanziari che vengono promessi al Cnt dal Gruppo di contatto (che si riunirà la prossima volta in Turchia). A Bruxelles, riferiva ieri l’agenzia di stampa britannica Reuters, da qualche tempo si muove il lobbista franco-americano Christian D. de Fouloy, impegnato assieme all’ambasciatore del Cnt presso l’Unione europea, Mohamed Fahrat, a consolidare e sviluppare in ogni direzione il sostegno ai rivoltosi di Bengasi. De Fouloy ha spiegato alla Reuters che il suo ruolo è quello di sviluppare le comunicazioni tra Bruxelles, Washingtyon, Parigi e Bengasi e quindi di migliorare la rete di contatti tra Farhat e le diplomazie europee, in modo che l’uomo scelto dal Cnt diventi l’unico rappresentante diplomatico della Libia, nonostante l’ex ambasciatore giunto da Tripoli sia ancora in Belgio ed abbia preso le distanze dalla leadership di Muammar Gheddafi. De Fouloy ha detto che Farhat ha già incontrato diplomatici italiani, maltesi e britannici e ha in programma altri colloqui. L’obiettivo è quello di ottenere un più ampio riconoscimento europeo del Cnt rimasto fermo a cinque paesi (l’ultimo in ordine di tempo è stata la Spagna). Il lobbista ha affermato di non percepire un euro per il suo impegno ma, allo stesso tempo, ha previsto che nella «Libia del futuro» conta di fare buoni affari, perché tanti gli saranno riconoscenti per il lavoro.
Intanto Sherif Bassoiuni, che in aprile ha guidato la missione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite a Tripoli e nelle roccaforti dei ribelli, ha dichiarato da Ginevra che sono già morte nella guerra in Libia tra le dieci e le quindicimila persone in entrambi gli schieramenti. La commissione Onu ha trovato prove di crimini di guerra commessi dalle forze di Gheddafi ma anche dalle forze di opposizione.

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