Menu

Giordania: cittadinanza a rischio per i palestinesi

E’ un destino amaro per i milioni di palestinesi in esilio. Israele nega loro il «diritto al ritorno» e gli arabi non li vogliono. E notizie preoccupanti aggravano giorno dopo giorno un quadro di grande disperazione. Il quotidiano arabo al Quds al Arabi ha riferito nei giorni scorsi che si sono chiusi i lavori del Comitato giordano per il dialogo nazionale, formato per affrontare le questioni interne irrisolte e dare una risposta all’ansia di rinnovamento che attraversa il paese dopo l’inizio della “primavera araba”. Il dibattito più acceso, come molti avevano previsto, ha riguardato il «criterio di cittadinanza» nel regno hashemita, popolato per almeno un 60% da palestinesi.

«Chi è cittadino giordano?». Questo interrogativo ha dominato gli incontri del Comitato, molto più del tema della disoccupazione giovanile e del problema delle libertà negate. Una risposta l’ha data l’ex vice premier e proprietario del giornale conservatore al Arab al Yawn, Raja Mashaar,  invocando l’applicazione effettiva del «disimpegno» dalla Cisgiordania sancito il 31 luglio 1988 dallo scomparso re Hussein. Con quella decisione – presa nel pieno della prima Intifada – la Giordania proclamò la rinuncia definitiva alla Cisgiordania e aprì sulla carta la strada all’indipendenza palestinese (mai avvenuta). Un passo che da un lato andò incontro alle aspirazioni dei palestinesi e dall’altro creò immediati problemi sul terreno. Il 1 agosto del 1988 infatti centinaia di migliaia di palestinesi si svegliarono privi della piena cittadinanza giordana e si ritrovarono all’improvviso apolidi. Alla proposta di Mashaar si è aggiunta quella di un altro membro autorevole del Comitato, Khaled  Ramadan, che chiede il riconoscimento pieno solo del «raqam watani», il codice nazionale: chi ne è sprovvisto non sarà mai cittadino (già oggi senza «raqam watani» non si ha diritto all’assistenza sanitaria e scolastica dello Stato).

A pagare le conseguenze di questo ulteriore inasprimento del concetto di cittadinanza saranno decine di migliaia di palestinesi che vivono in Giordania con permessi temporanei, rinnovati di volta in volta. Ma non dormiranno anche gli altri con documenti di soggiorno validi e persino chi ha un passaporto giordano, magari da decenni. I centri per i diritti umani riferiscono che il «mutabaa wa al-taftish», il dipartimento investigativo del ministero dell’interno, sta intensificando i controlli già avviati lo scorso anno per accertare la legalità dell’assegnazione negli anni passati della cittadinanza a migliaia di palestinesi. E sebbene la legge preveda che la decisione finale sulla revoca di una cittadinanza venga presa da un giudice, di fatto sono i funzionari del ministero dell’interno a sancire il destino di un palestinese e dei suoi famigliari. «Oggi in Giordania annullare una cittadinanza è più semplice di una revoca di una patente», commenta con amarezza l’avvocato Anis F. Kassim. I dati ufficiali di questa nuova catastrofe palestinese non sono disponibili. Human Rights Watch riferisce che sino allo scorso anno circa 3mila giordani di origine palestinese si sono visti revocare la cittadinanza. Altre fonti aggiungono che le autorità hanno aperto i file di 250mila palestinesi. Nena News

12 giugno 2011, dal quotidiano Il Manifesto

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *