Menu

Libia. Il valzer dell’informazione inattendibile

In Libia non tornano i conti su morti e battaglie, assedio a Sirte e Bani Walid

di Gianandrea Gaiani

Non è certo una novità che molte notizie diffuse dagli insorti libici in sette mesi di guerra si siano rivelate imprecise, propagandistiche, gonfiate o vere e proprie bugie. La disinformazioni più eclatante ha riguardato il numero dei morti che già il 23 febbraio, dopo una settimana di rivolta, veniva indicato in 10 mila dalla televisione al-Arabiya, che citava il membro libico della Corte Penale Internazionale Sayed al Shanuka. In quei giorni la Federazione internazionale dei diritti dell’uomo (Fidh) riferiva invece di appena 640 vittime.

A metà aprile i ribelli resero noto un bilancio di 10 mila morti e 30 mila feriti, questi ultimi saliti poi a 50 mila in stime diffuse una settimana dopo. A fine agosto erano invece almeno 50 mila i morti secondo il colonnello Hisham Buhagiar, comandante delle forze ribelli delle montagne di Nefusa. “Circa 50 mila persone sono state uccise dall’inizio dell’insurrezione. Solo a Misurata e Zlitan sono morte fra 15mila e 17mila persone”. Eppure le autorità sanitarie di Msurata aveva riferito di 1.083 morti in città tra civili, ribelli e lealisti oltre a 2 mila dispersi. Cifre del tutto inattendibili quindi, come spiega una documentata corrispondenza di Rod Nordland sul New York Times.

Il Cnt stima un numero di caduti di 30/50 mila, cifra che non terrebbe conto delle perdite tra i lealisti ma nelle morgue delle diverse città libiche le fonti ospedaliere riferiscono di centinaia di vittime, non decine di migliaia. A questi si aggiungono un migliaio di dispersi secondo la Croce Rossa internazionale, che ha trovato 125 morti in 13 fosse comuni.

Stime forse incomplete ma non ci sono basi per dare credito a un numero di 30 mila o 50 mila morti e neppure alle valutazioni più modeste del ministro della sanità del Cnt, Naji Barakat, che parla di 25/30 mila morti. Propaganda e disinformazione non risparmiano neppure i campi di battaglia di Sirte e Bani Walid dove le truppe fedeli a Muammar Gheddafi continuano a resistere alle offensive dei ribelli e della Nato.

Negli ultimi giorni la propaganda del Consiglio Nazionale di Transizione ha più volte annunciato la caduta di Bani Walid e Sirte ma sul campo di battaglia la resistenza dei lealisti e delle milizie delle tribù Warfalla e Gaddafa danno filo da torcere ai ribelli che continuano a far affluire mezzi e combattenti da Misurata e Tripoli. Per la terza volta in pochi giorni i ribelli hanno dovuto ritirarsi ieri dall’abitato di Bani Walid (che venerdì mattina dichiaravano di aver espugnato) per non venire decimati da cecchini e artiglieria. Ufficialmente si è trattato di una ritirata tattica. “E’ inutile tenere le posizioni durante la notte in un ambiente ostile”, ha spiegato un anonimo comandante dei ribelli ma fonti giornalistiche al seguito delle milizie avevano riferito di un ripiegamento caotico e repentino. “Abbiamo ricevuto l’ordine di ritirarci”, ha confermato un portavoce dei rivoltosi, Assad al-Hamouri. “Siamo stati colpiti da numerosi razzi, ma torneremo presto indietro”, ha assicurato. “Dobbiamo riorganizzare le nostre truppe e rifornirci di munizioni”, ha spiegato a propria volta un altro portavoce Saraj Abdelrazaq. “Stiamo aspettando l’ordine di tornare di nuovo all’attacco”. Da Tripoli un portavoce del Consiglio Nazionale Transitorio, Mahmoud Shamman, aveva assicurato che a Bani Walid la situazione sarebbe stata risolta entro la serata di ieri. Confusa anche la situazione a Sirte dove i ribelli sarebbero penetrati in città da tre direttrici innalzando le loro bandiere sugli edifici istituzionali e persino sulla sede della tribù Gaddafa, quella del Colonnello.

Grazie ai rinforzi freschi arrivati da Misurata e Bengasi (centinaia di combattenti, carri armati e fuoristrada armati di mitragliatrici) i ribelli avrebbero intensificato gli attacchi ma il condizionale è d’obbligo perché in città non vi sono reporter indipendenti e le notizie giungono solo arrivano solo attraverso gli annunci trionfali dei ribelli secondo i quali metà città e l’aeroporto a una ventina di chilometri a sud del centro abitato, sono sotto il loro controllo costringendo i lealisti a ritirarsi. “La battaglia non è conclusa”, ha affermato questa mattina il portavoce di Gheddafi, Moussa Ibrahim. “Assicuriamo tutti che Sirte e Bani Walid sono forti, malgrado il pesante, incredibile bombardamento senza pietà della Nato contro ospedali, famiglie e scuole”.

A Sirte come a Bani Walid le truppe di Gheddafi sembrano adottare la tattica di far penetrare in città il nemico per poi attaccarlo da più parti con incursioni e bombardamenti. Un metodo efficace, già impiegato nel 1994 dai ceceni a Grozny contro le truppe di Mosca, che offre il vantaggio di limitare i raids dei jet della Nato per timore di colpire i ribelli o civili. Nelle due città i ribelli “stanno facendo morire di fame la popolazione” ha denunciato Ibrahim “per costringere la gente a passare dalla loro parte. Hanno tagliato l’elettricità e l’acqua, hanno bloccato le strade ai rifornimenti di cibo e medicinali, violando ogni norma internazionale”. In pratica la stessa tattica adottata nei mesi scorsi dai lealisti nell’assedio di Misurata.

Che le truppe del raìs facciano ancora paura lo dimostrano le dichiarazioni del presidente del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, che in un’intervista alla Bbc ha detto che Gheddafi sta preparando una controffensiva dal sud della Libia, dalle basi di Sebha e Jufra dove vi sono ampi depositi di armi, mezzi e munizioni. Le forze lealiste starebbero pianificando “attacchi su città, campi petroliferi e centrali elettriche” ha detto Jallil chiedendo alla comunità internazionale più armi per poter prendere il controllo delle aree ancora fedeli al rais.

La Nato valuta che “il 15% delle forze di Gheddafi sono ancora operative” come ha ammesso il generale francese Vincent Tesniere. Nell’ultima settimana i jet hanno effettuato 94 attacchi aerei che hanno permesso di neutralizzare una decina di obiettivi dei lealisti e ieri i bombardieri Tornado della Royal Air Force hanno distrutto un deposito di mezzi e alcune infrastrutture militari a Sebha.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *