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Tunisia. Il partito islamico Ennahdha sta vincendo le elezioni

Anche se da parte dell’Alta Commissione per le elezioni e degli osservatori anche internazionali non sono state segnalate sostanziali irregolarità nel voto in Tunisia, sono in molti ora a puntare il dito contro Ennahdha, accusando il partito di avere, sfacciatamente, violato le prescrizioni relative alla campagna elettorale. Al partito che ha vinto le elezioni si addebita, sostanzialmente, di avere violato la tregua della campagna scattata venerdì sera continuando a fare propaganda sin dentro i seggi. A sostegno di queste accuse ieri sera c’è stata una manifestazione nel centro di Tunisi, dove sono state elencate quelle che, per gli autori della protesta, sono le infrazioni addebitate al partito islamico.

Mentre nella sede del partito Ennahdha già si distribuiscono i ciclamini, Haythem Mahjoubi del Pcot, dalla sede in via Lafayette a Tunisi ha espresso una speranza rivelando che, a prescindere dai risultati del suo partito alle elezioni, i fattori decisivi nel determinare il successo delle elezioni sarà la loro correttezza e legittimità. “La nostra unica aspirazione è che la sovranità apparterrà al popolo”, ha spiegato.

Continua intanto la conta dei voti in Tunisia dopo le storiche elezioni che ieri hanno visto più di 4 milioni di persone ai seggi. I risultati, che erano previsti ieri sera, saranno annunciati oggi, come ha dichiarato il capo della commissione elettorale Kamel Jandoubi. Il ritardo sarebbe dovuto alla grande affluenza registrata alle urne, una partecipazione superiore a qualsiasi previsione: circa il 70% degli aventi diritto registrati nelle liste elettorali ha votato -ovvero 4,1 milioni di cittadini su circa 7 milioni-  e ci si attende una significativa partecipazione anche dal restante 30% non registrato.

I primi sondaggi, seppur parziali, danno la maggioranza relativa a Ennahdha. In alcune circoscrizioni, tra le quali Sfax e Kef, avrebbe per ora ottenuto la maggioranza assoluta, superando il 50% dei voti. Al secondo posto ci sarebbero per ora i laici del Partito Democratico Progressista guidato da Maya J’ribi. “Ci inchiniamo alla volontà popolare” ha commentato la segretaria del PDP dopo l’annuncio dei risultati parziali. Secondo l’agenzia Nenanews “Se non otterrà la maggioranza assoluta in patria, Ennahdha potrebbe però ottenerla nelle 6 circoscrizioni estere: come in Italia, dove il partito islamista ha ottenuto il 51% dei voti : “Ennahdha è il primo partito tra i tunisini che vivono in Italia – ha annunciato Omar el-Saghir, il primo tra gli eletti nella circoscrizione italiana – e abbiamo ottenuto due delegati su tre all’Assemblea di Tunisi”. Comunque vada, la Tunisia vuole rispettare le decisioni del popolo.  “La gente – ha dichiarato ad al-Jazeera Ahmed Najib Chebbi, fondatore del PDP – è qui per esercitare i propri doveri, e sta dimostrando che merita quei diritti che le sono stati negati per troppi decenni”.

 

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FEDELTA’ ALLA RIVOLUZIONE! GLI IMPEGNI DEL PCOT ILLUSTRATI A BOLOGNA DAL CANDIDATO IN ITALIA RIADH ZAGHDANE

Il 14 ottobre anche a Bologna si è parlato delle elezioni per l’Assemblea Costituente in Tunisia. L’incontro, organizzato dalla Rete dei Comunisti, aveva l’obiettivo di far conoscere ai tunisini residenti nella nostra città la situazione politica generale della Tunisia e il programma politico del Partito Comunista degli operai di Tunisia, illustrato da Riadh Zaghadane candidato in Italia del PCOT e sindacalista dell’USB.

Fin dalla fase organizzativa dell’incontro, ci siamo resi conto di quanto fosse faticoso l’impegno per questa campagna elettorale, non solo perché a Bologna la comunità tunisina non è molto numerosa ( è la dodicesima comunità con 1100 residenti pari al 2,5% degli stranieri presenti in città), non solo perché è una comunità non organizzata, ma anche perché le poche associazioni presenti sono capeggiate da uomini del vecchio regime e perché i tunisini stessi, che non respirano l’aria di cambiamento presente nel loro paese, nutrono poca fiducia nella possibilità di un reale cambio di rotta.

In effetti, malgrado un lavoro di promozione dell’incontro fatto casa per casa, la partecipazione non è stata molto numerosa, ma la qualità del dibattito eccellente. Anche a Bologna abbiamo dovuto fare i conti con una straordinaria mobilitazione dei militanti di ENNAHADA, il partito islamico, che fatica meno a trovare voti e militanti, grazie alla propaganda veicolata tramite le moschee sui temi della tradizione e dell’appartenenza religiosa.

I tunisini presenti hanno voluto sapere da Riadh la situazione politica del paese e del resto della comunità tunisina in Europa, hanno fatto domande circa la posizione del PCOT sul rapporto tra politica e religione, sulla parità dei diritti uomo-donna compreso quello relativo alle successioni, sulle proposte in materia economica e di politica estera. Soprattutto è stato esplicitata la preoccupazione che, sebbene Ben Alì sia caduto, non lo è il suo regime e il suo apparato di controllo anche dei tunisini residenti all’estero, che il dittatore esercitava mediante suoi uomini dislocati nei territori attraverso i Consolati.

Non a caso la disinformazione sulle modalità di voto, sulla collocazione dei seggi nelle città erano totali. E’ chiaro che solo le formazioni maggiormente organizzate (come ENNAHADA) o legate al vecchio regime hanno avuto la forza di fare un lavoro di informazione capillare. Più difficoltoso è stato per un partito come il PCOT che, seppure molto radicato trai i giovani e i contadini in Tunisia, è pur sempre un partito che ha subito una brutale repressione per 25 anni e l’incarcerazione dei suoi esponenti.

Rhiad ha spiegato che il PCOT è per la separazione della religione, che appartiene alla sfera individuale, dallo Stato e dalla politica ma che si vuole fare garante delle libertà individuali e generali, compresa quella di esercitare la propria fede (qualsiasi sia) senza intervento regolatorio da parte dello Stato, come invece avveniva con Ben Alì, con il divieto per le donne di indossare il velo perché la Tunisia doveva dimostrare di essere un paese moderno.

Il PCOT è favorevole alla parità dei diritti tra uomo e donna compreso quello di successione, oggi negato alle donne, ma Riadh spiega anche che la parità è anche una conquista culturale che dovrà realizzarsi mediante un processo come quello verso la democratizzazione del paese. Non a caso la lista si chiama “Il processo rivoluzionario”!

In materia economica il PCOT sostiene l’annullamento del debito estero della Tunisia, la nazionalizzazione delle banche e dei settori strategici a partire dai beni comuni come la gestione dell’acqua, per lo più privatizzata e quella poca pubblica rimasta resa imbevibile per costringere le persone ad acquistarla, oppure non erogata in molte zone del paese. E qui il parallelismo con la recente storia dell’Italia è fin troppo facile.

In materia di politica estera il PCOT è contrario a un processo di normalizzazione dei rapporti con Israele e sostiene il riavvicinamento del popolo tunisino con i popoli arabi in nome dei diritti dei lavoratori nel mondo e dei popoli oppressi.

Il programma ha riscosso molto successo tra i partecipanti che la domenica successiva si sono recati a Modena dove a parlare c’era il segretario generale del PCOT Hama Hammami, 25 anni di carcere sotto il regime di Ben Alì.

Onore ai compagni tunisini e buona fortuna!

 

 

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