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Sabotaggio: tutti accusano Israele tranne Teheran

Teheran pensa che sia stato Israele a far esplodere sabato una base militare gestita dai Pasdaran, provocando la morte di 17 persone, tra le quali alcune ‘Guardie della Rivoluzione’. Ma evita attentamente di dirlo. Lo scrive oggi il quotidiano britannico The Guardian, citando in forma anonima l’ex direttore di un’organizzazione statale iraniana strettamente legata al governo. «Penso che l’esplosione di sabato fosse parte di una guerra clandestina contro l’Iran, condotta da Israele», ha detto la fonte, ricordando una simile esplosione avvenuta nel 2010 ad un’altra base missilistica delle Guardie della Rivoluzione a Khorramabad. «Ho informazioni che entrambe questi incidenti sono l’opera di sabotaggio da parte di agenti israeliani, con l’obiettivo di fermare il programma missilistico», ha aggiunto. In tutte e due le basi colpite erano stoccati missili Shabaab-3 in grado di raggiungere Israele e anche obiettivi militari statunitensi dislocati in Medio Oriente ad una gittata maggiore.
Negli anni scorsi sono stati attribuiti ad infiltrati di Israele l’uccisione di tre scienziati nucleari iraniani, il tentato assassinio di un dirigente del programma di ricerca nucleare di Teheran e il virus informatico Stuxnet che ha bloccato per mesi gli impianti iraniani. Nell’esplosione di sabato scorso è morto anche il generale Hassam Moghaddam, architetto del programma missilistico iraniano. 
A confermare i sospetti di Teheran ieri era stata la rivista statunitense ‘Time’ secondo la quale sarebbe stato il Mossad – il servizio israeliano d’intelligence – a provocare l’esplosione e la strage di militari ed esperti nucleari iraniani. «Non bisogna credere agli iraniani quando dicono che si sia trattato di un incidente» afferma una fonte di intelligence occidentale citata dal Time, aggiungendo che questo non sarà certo l’ultimo atto di sabotaggio per impedire agli iraniani di dotarsi di tecnologia nucleare militare. Mentre i servizi occidentali rivendicano il sabotaggio, paradossalmente le autorità iraniane insistono sulla tesi dell’incidente, così come avevano fatto per l’esplosione dello scorso anno. Un giornalista iraniano, capo del desk politico del quotidiano moderato Ettelaat, sarebbe addirittura stato arrestato (lo ha riferito ieri l’agenzia iraniana Fars) per aver concesso un’intervista alla Bbc rivelando alcuni particolari sull’esplosione di sabato nella base di Bigdaneh. Ieri sera addirittura il ministro della Difesa di Israele Ehud Barak non ha negato di sentirsi «soddisfatto» per i danni prodotti dall’esplosione, auspicando sibillinamente che eventi del genere possano «moltiplicarsi» nel prossimo futuro.
Maliziosamente compiaciuto per il devastante sabotaggio Israele ha rilanciato proprio in queste ore l’allarme sui programmi nucleari di Teheran. Secondo l’ultimo monito attribuito al premier di Tel Aviv Benyamin Netanyahu si sarebbe “più vicini a un punto di non ritorno di quanto la gente non pensi”. Netanyahu ha chiesto che «il mondo decida adesso cosa fare» poiché dati ulteriori suggeriscono che “la realizzazione della (prima) bomba atomica iraniana” non solo procede spedita, ma è “più vicina di quanto la gente non pensi”.
A difesa del programma nucleare iraniano oggi si mobilitano gli studenti universitari. Oggi migliaia di iscritti agli atenei formeranno una ‘catena umana intorno all’impianto di Isfahan. L’obiettivo dell’iniziativa dovrebbe essere quello di dimostrare al mondo che gli iraniani sono disposti a sacrificare le proprie vite per difendere il programma nucleare della Repubblica Islamica da eventuali attacchi.
Contro l’ipotesi di un’aggressione militare straniera a Teheran ieri l’opposizione iraniana è tornata a ribadire che farà fronte comune con il governo. Lo ha scritto sul suo sito l’ex presidente della Repubblica Mohammed Khatami. «Se un giorno dovesse esserci qualunque interferenza militare in Iran, allora tutte le fazioni, che siano riformiste o non riformiste, si unirebbero per far fronte all’attacco», ha detto Khatami.

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