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Il Libano si spacca sulle sanzioni alla Siria

“Non è stata la volontà libanese ad aver votato, ma quella del governo Hezbollah guidato da Miqati”. Così Saad Hariri, ex primo ministro del Libano, ha tuonato su Twitter, riferendosi al voto contrario di Beirut sulla decisione della Lega Araba di sospendere la Siria e imporle sanzioni economiche e politiche. Un voto che ha spaccato a metà il paese dei cedri, facendo riemergere le vecchie divergenze delle fazioni politiche libanesi sulle loro relazioni con il paese dirimpettaio minacciato dalla guerra civile.

La scelta di Beirut in seno alla decisione di sabato scorso della Lega Araba ha scatenato le ire di tutta l’opposizione libanese, raggruppata nella coalizione anti-siriana del “14 marzo” guidata dal Movimento del Futuro di Saad Hariri. Proprio lui, figlio del primo ministro Rafiq Hariri assassinato il 14 febbraio del 2005, si è scagliato contro le dichiarazioni del presidente Sleiman e del premier Miqati a difesa del voto, sottolineando come “la loro posizione ha schierato il paese dalla parte dell’assassinio e della dittatura”.

Una posizione quasi isolata, quella del capo dello stato libanese –gli fa compagnia solo lo Yemen- nella volontà unanime dei vertici dei paesi arabi-e della comunità internazionale- di isolare politicamente ed economicamente la Siria di Assad, rea, secondo dati forniti dall’opposizione, di aver ucciso 3500 siriani in meno di 7 mesi. “Riguardo alla posizione libanese- ha affermato dopo il voto il presidente Michel Sleiman- sulla questione della sospensione di uno stato, il Libano è sostanzialmente contro l’isolamento di un paese arabo per via del danno che potrebbe causare. Mentre aderiamo alle risoluzioni della lega Araba, dobbiamo considerare che l’isolamento punisce la gente e non solo i governi”.

Le conseguenze che, secondo Sleiman, la sospensione della Siria porta con sé, includerebbero il rischio di un intervento militare straniero: un punto su cui insiste anche il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, che mette in guardia gli Stati Uniti e Israele su “gli effetti devastanti che aggressioni contro la Siria o l’Iran provocheranno in tutta la regione”. Nasrallah, forte sostenitore delle rivolte della” Primavera araba”, ha più volte affermato come il caso della Siria sia diverso: “Quei regimi erano sottomessi agli americani –ha dichiarato in un’intervista alla televisione al Manar- contrariamente al regime siriano. E questi gode ancora del sostegno della maggior parte della popolazione, come dimostrano le recenti massicce manifestazioni di Damasco e Aleppo”.

Il premier Miqati ha ribadito ieri che la posizione del suo governo mira semplicemente a proteggere il Libano. Economicamente, le sanzioni di Beirut a Damasco produrrebbero un disastro sulle esportazioni e sulle importazioni libanesi, che vedono la frontiera siriana come unico canale di sbocco verso gli altri paesi arabi. Anche i recenti  investimenti libanesi nel paese di Assad subirebbero una battuta d’arresto, e provocherebbero una forte flessione in un’economia già fortemente provata dalla crisi mondiale.

Ma non solo. “ E’una decisione presa secondo considerazioni storiche e geografiche, fatti che riguardano la peculiarità del Libano tra gli altri paesi arabi” nei confronti del vicino baathista. Una relazione ambigua, esasperata dai 15 anni di guerra civile in cui la Siria controllava militarmente e politicamente il piccolo dirimpettaio. Se l’influenza siriana sul Libano è stata sfidata e scossa dalle manifestazioni del 2005 in cui è stata formata la coalizione del 14 marzo, e solo da poco le relazioni tra i due paesi sono state avviate verso la normalizzazione, resta comunque il legame tra Assad ed Hezbollah. Con la coalizione dell’8 marzo -guidata dal Partito di Dio- al governo in una situazione di crisi regionale di questa portata, i fragili equilibri del Libano rischiano di rompersi di nuovo. E scene come quella della rissa dell’altra sera in diretta televisiva tra il leader del partito Baath in Libano, Fayez Shukur, e il portavoce del Movimento del Futuro Mustapha Alloush, potrebbero degenerare in qualcosa di  tristemente familiare.

* Nena News

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