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La Siria scivola nella guerra civile

La Lega Araba avrebbe respinto le condizioni poste da Damasco all’accordo per consentire l’arrivo in Siria di una missione di osservatori, incaricati di monitorare l’attuazione del piano di pace arabo. Lo rivela il sito web del quotidiano libanese The Daily Star, che cita fonti diplomatiche. La Siria aveva detto si alla missione ma aveva anche chiesto all’organizzazione panaraba di escludere gli attivisti per i diritti umani dalla delegazione e di inviare solo civili che lavorano per governi arabi. Damasco chiedeva insomma che la delegazione fosse superpartes e non rappresentasse un ‘cavallo di troia’ per i paesi ostili alla Siria. La Lega Araba ha invece insistito sulla sua decisione originaria: una missione composta da 500 persone, tra attivisti per i diritti umani, giornalisti e osservatori militari. Probabilmente nel tentativo di rallentare un meccanismo di accerchiamento e di ingerenza che potrebbe presto precipitare in un’aggressione militare vera e propria, oggi la diplomazia siriana aveva fatto sapere che era disponibile in linea di principio ad accettare la richiesta dell’Organizzazione con sede al Cairo. A condizione che questa apportasse alcune modifiche che però sono state respinte.

Intanto attentati e combattimenti si susseguono in numerose regioni. Secondo alcune fonti truppe fedeli al governo avrebbero bombardato durante la notte due villaggi nel nord della Siria in risposta ad un attacco sferrato contro di loro da militari passati all’opposizione. Commandos formati da soldati disertori avevano in precedenza assaltato un edificio sede di forze della sicurezza vicino a un deposito di armi nel’area di Wadi al Deif, 290 km a nord di Damasco. 

Invece tre agenti delle forze di sicurezza siriane sarebbero morti oggi a causa dell’esplosione di un ordigno nella città di Hama. Lo ha annunciato la tv di stato siriana, mentre i Comitati di coordinamento dell’opposizione siriana affermano che le forze di sicurezza siriane hanno ucciso oggi almeno cinque civili , tra cui un bambino, in diverse zone del Paese.

Visto il clima gli avvertimenti della diplomazia turca sembrano più che tardivi. “C’é il «rischio di un’evoluzione verso la guerra civile in Siria” aveva detto stamattina il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu. Ma il rappresentante turco non si è tirato indietro, aggiungendo che Ankara aiuterà il ‘Consiglio nazionale siriano’ (Cns), che raggruppa alcune delle fazioni dell’opposizione siriana ospitate proprio in territorio anatolico. Un segnale al governo turco per un inasprimento concordato delle sanzioni e delle pressioni su Damasco sono giunte dal Quai d’Orsay. Il Ministro Alain Juppè ha parlato oggi della necessità di varare sanzioni più incisive ‘per fermare la repressione’, durante un incontro oggi ad Ankara con il suo omologo turco, il quale si è detto d’accordo. Secondo Juppè, «ora è troppo tardi» perché il regime di Bashar al Assad si possa salvare. Un riconoscimento implicito che l’obiettivo di alcune potenze è quello del rovesciamento di fatto del regime siriano e non di una difesa dei civili del paese come affermato solo pochi giorni fa dalle principali cancellerie occidentali. 

Nella sua dichiarazione il ministro degli esteri di Parigi ha anche dichiarato di essere contrario a qualsiasi intervento unilaterale contro la Siria senza un mandato delle Nazioni Unite. In precedenza Ankara si era detta fermamente contraria ad un intervento unilaterale delle potenze occidentali contro la Siria, intendendo implicitamente che ogni misura, dall’inasprimento delle sanzioni ad un intervento militare vero e proprio, deve essere concordato con la Turchia che considera Damasco all’interno della propria sfera di influenza.

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