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America Latina. Dalla crisi globale alla Celac

La prima riunione della Cumbre dell’America Latina e dei Caraibi (CALC) che lanciò l’idea di creare la Comunità degli Stati Latino-Americani e Caraibici (CELAC), si tenne nel 2008 a Salvador de Bahia, in Brasile. Nel 2010 a Cancún in Messico, si è tenuta la seconda riunione nella quale i leader politici decisero di creare la CELAC, a partire dalla fusione della CALC e del Gruppo di Rio, entità che inglobavano i leader politici disposti a cercare un’integrazione della regione, per liberarsi dell’influenza statunitense.

L’America Latina e i Caraibi concretizzeranno il sogno del Libertador Simon Bolivar, cioè il progetto storico di unità della Patria Grande, per garantire al popolo “la maggior somma di felicità possibile, la maggior somma di sicurezza sociale e la maggior somma di stabilità politica”(1) , quando si celebrerà a Caracas il 2 e 3 dicembre la nascita della CELAC, la Comunità degli Stati dell’America Latina e Caraibi, alla presenza di 33 presidenti e capi di governo, esclusi USA e Canada. “È il progetto di Bolívar contro Monroe. È il sogno dell’unità continentale contro le interferenze dei paesi imperialisti. Il sogno di seppellire l’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani, ottemperando nel bicentenario indipendentista a un ideale di complementarità, di solidarietà, di sovranità e di giustizia sociale.” (2)

Il presidente dell’Ecuador Rafael Correa ha dichiarato che il paese parteciperà all’evento con molte aspettative e con l’aspirazione che la CELAC sostituisca l’OSA di cui ha stigmatizzato diverse azioni a favore degli interessi statunitensi e contro la sovranità dei popoli latino-americani, come il caso della guerra delle Malvinas, quando gli Stati Uniti non appoggiarono l’Argentina, uno dei suoi stati membri, ma la Gran Bretagna, un paese extra-continentale, violando il Trattato Interamericano di Protezione Reciproca.

(1) http://www.alianzabolivariana.org/modules.php?name=Content&;pa=showpage&pid=2080

(2) M. Forti http://www.alianzabolivariana.org/modules.php?name=Content&;pa=showpage&pid=2080

Il segretario generale dell’Associazione Latinoamericana di Integrazione (Aladi), Carlos Álvarez, ritiene che la CELAC rappresenti “il simbolo più potente e più forte della volontà politica di costruire autonomie nazionali e regionali….Non vogliamo essere più il patio trasero di nessuno. Le politiche dell’America Latina le risolvono i latinoamericani e questo è un avanzamento straordinario”. Soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo oggi, in cui assistiamo al crollo, sotto tutti i punti di vista, di un mondo iniziato negli anni settanta, basato sulla concentrazione della ricchezza e la diseguaglianza, e all’affermarsi sullo scenario mondiale di nuovi paesi, come l’America Latina che per la prima volta cominciano a costituirsi non più “come oggetto della storia, ma come soggetti di un divenire e di una intenzione di costruire una globalizzazione dal volto umano e più giusta.” (3)    

In un interessantissimo articolo su AVN Agencia Venezolana de Noticias – Dalla crisi globale alla CELAC – Sergio Rodriguez Gelfenstein si chiede se la crisi che stiamo vivendo sia la crisi del sistema capitalista che governa il mondo da poco più di 150 anni, oppure sia la crisi del modello di civiltà occidentale nato in Europa più di 25 secoli fa e che poi si è diffuso a prezzo di conquiste, guerre, schiavitù e sterminio di centinaia di milioni di persone. Il capitalismo e l’imperialismo in fin dei conti sono solo le ultime due fasi di questo modello.

Siamo arrivati a un punto tale di declino e decadenza dei principi costituzionali e del diritto internazionale, che questi stessi sono sottomessi al beneficio del profitto: la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione dei Diritti Umani Universali sono diventati carta straccia, per cui assistiamo impotenti alle dimostrazioni di forza muscolare degli Stati Uniti contro Afghanistan e Iraq, della Nato contro la Libia, o alle minacce di aggressione contro la Siria e l’Iran per esportare la democrazia occidentale in Medio Oriente.

In Europa la crisi sistemica del capitalismo non solo induce i governi di destra e di sinistra ad accelerare i processi di trasformazione del debito privato in debito pubblico a prezzo di impressionanti tagli al welfare, lasciando esenti da qualsiasi sacrificio le grandi ricchezze finanziarie e patrimoniali; ma addirittura, con coercizioni che rasentano i colpi di stato, induce la Banca Centrale Europea e la UEM a imporre banchieri per sostituire i politici nella guida dei governi, come è successo in Grecia e in Italia.

Oggi alle negoziazioni di Durban assistiamo al seppellimento del Protocollo di Kioto, e anche dello spirito della Convenzione dell’ONU sul cambiamento climatico, perché anche questo è sacrificato al profitto.

In questo desolante panorama, appare evidente che “la crisi che stiamo affrontando è molto più profonda di un semplice stato comatoso dell’economia e del sistema capitalistico mondiale, per profonda che sia. La crisi è di civiltà e questo ci obbliga alla scelta di salvarsi e salvare tutti oppure perire incarcerati dalla bestialità senza limiti ostentata dal potere mondiale…..Il prossimo vertice a Caracas della CELAC farà in modo che si smetta di parlare di “sogno del Liberatore Simon Bolivar” per iniziare a parlare del “Piano del Liberatore Simon Bolivar”. Questo piano deve concretizzarsi partendo dalle nostre asimmetrie, dalle nostre differenze e distanze, sia geografiche che politiche. Questa è la sfida per progredire e vincere.

Solo così, cittadini di questa nostra America, avremo un futuro e potremo superare questa profonda crisi di civiltà che ha nel capitalismo e l’imperialismo, la sua ultima fase terminale.” (4)

(3) http://www.granma.cubaweb.cu/2011/11/30/interna/artic24.html

(4) http://www.avn.info.ve/node/88710 Traduzione a cura di www.resistenze.org    

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