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Madrid: tornano gli Indignados, scontri e arresti

Ieri sera a Madrid si sono rivisti i cosiddetti Indignados. Nati durante il governo socialista e contro Zapatero, dopo una lunga pausa sono tornati in pista contro il suo sostituto, Mariano Rajoy.

Non che in questi mesi siano mancate mobilitazioni su alcuni temi di alcune frange di quello che era stato lo straripante movimento della primavera e della prima parte dell’estate. Ma da parecchio ormai il movimento non agiva più in quanto tale: divisioni, stanchezza, esaurimento della spinta propulsiva avevano riportato la gente a casa. Che però ha deciso di tornare in piazza nel giorno dell’approvazione da parte dell’esecutivo spagnolo di una ‘riforma del lavoro’ che  colpirà la classe lavoratrice iberica, ed in particolare giovani e precari, come una sferzata. E quindi ieri, in tarda serata, un migliaio di manifestanti si sono dapprima radunate a ‘Puerta del Sol’ all’insegna della parola d’ordine: ‘In difesa dei tuoi diritti, del lavoro, del futuro’. Al centro della mobilitazione spontanea – e non autorizzata – la richiesta ai sindacati dello sciopero generale, e il no netto contro le misure del governo. Man mano che i manifestanti arrivavano in piazza la tensione si alzava, con i giovani che gridavano ‘alzatevi: la lotta continua, costi quel che costi’. Quando gli attivisti hanno tentato di avvicinarsi al Palazzo del Parlamento passando per i vicoli del centro della Capitale, si sono trovati davanti ad un muro di poliziotti in assetto antisommossa. Cariche, caroselli, inseguimenti sono durati per un’ora circa, fino a notte, e alla fine 9 manifestanti sono stati fermati e molti contusi o feriti. Questa mattina i portavoce del movimento hanno denunciato ai giornalisti, filmati alla mano, che gli agenti schierati ieri sera nel centro di Madrid non riportavano sulle loro divise, come è invece obbligatorio, il numero di identificazione. Il che impedisce di fatto un riconoscimento di quei celerini che si sono responsabili di pestaggi contro gli ‘indignati’.

Nonostante la richiesta esplicita di una parte della loro base, dei movimenti sociali e della sinistra, i sindacati concertativi continuano a rifiutarsi di convocare lo sciopero generale. Oggi i segretari dei principali sindacati dello stato spagnolo, la Uniòn General de los Trabajadores (Ugt) e le Comisiones Obreras (Ccoo), hanno deciso di convocare per il prossimo 19 febbraio manifestazioni in tutte le principali città del Regno. Ma nessuno sciopero generale o settoriale per ora. Mentre i sindacati baschi e quelli non concertativi di ambito statale sono già passati all’azione.

Nelle dichiarazioni del premier Rajoy e della sua portavoce Soraya Sanz de Santa Maria, la nuova normativa «favorisce la contrattazione», «potenzia i contratti a tempo indeterminato», punta a «dare flessibilità» al lavoro nelle imprese e  «lotta contro l’economia sommersa». Ma in realtà l’obiettivo principale della ‘reforma laboral’ è rendere i licenziamenti più facili e meno costosi per le imprese e per lo Stato. Prevede infatti la riduzione dei costi dei licenziamenti senza giusta causa per i contratti ordinari a tempo indeterminato, ridotti a 33 giorni per anno lavorato e un totale di 24 mesi, rispetto agli attuali 45 giorni per anno lavorato. Anche il licenziamento per causa oggettiva, ovvero per problemi economici delle aziende, che prevede un’indennità di 20 giorni per anno lavorato, diventerà più facile: si potrà applicare quando l’impresa registri perdite o anche semplicemente «cadute delle entrate o vendite» durante tre trimestri consecutivi.  L’esecutivo ha introdotto anche un nuovo contratto di lavoro indeterminato per piccole e medie imprese fino a 50 lavoratori, che avranno diritto a una deduzione fiscale di 3.000 euro per l’assunzione di un giovane con meno di 30 anni che potrà percepire, oltre al misero stipendio, anche il 25% del sussidio di disoccupazione; mentre l’azienda potrà sgravare dalle tasse il 50% del costo del lavoratore durante un anno. Di fatto un megaregalo dello Stato alle imprese nel tentativo di diminuire il tasso ufficiale di disoccupazione attualmente al 23% (ma naturalmente non la sottoccupazione e la precarietà che invece aumenteranno). Se la ‘reforma’ passerà, come è probabile vista l’ampia maggioranza del PP alle Cortes, Madrid toglierà di mezzo quella sorta di ‘articolo 18’ che anche in Italia – sotto la regia dell’UE – è da tempo sotto attacco.

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