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La Grecia in vendita. “Domenica sfiorata l’insurrezione”

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Chi passa per piazza Syntagma e per le sue vicinanze cammina veloce: la polvere bianca che i lacrimogeni ‘made in Israel’ spargono sul selciato brucia ancora gli occhi, il naso e la gola, aggredisce lo stomaco. Decine di palazzi del centro di Atene emanano ancora un fumo acre, i pompieri hanno faticato non poco a spegnere incendi che hanno distrutto interi edifici. Il fuoco, così come le manganellate, i caroselli di moto e  – ci raccontano da tutta la  Grecia – l’uso massiccio dei velenosissimi gas CS non hanno spaventato tantissima gente che ha fronteggiato le forze di Polizia con una determinazione e una ‘incoscienza’ che nessuno aveva mai visto prima. Per molti la Grecia è stata, domenica sera, ad un passo da una vera e propria insurrezione popolare. Ma è mancata una regia politica, autorevole e organizzata. Gli attacchi alle sedi dei partiti o dei municipi o ai commissariati, gli scontri spontanei conla Polizia in centinaia di punti di Atene e del paese, sono stati in buona parte gesti improvvisati, o organizzati da alcuni gruppi in maniera isolata. Le manifestazioni che hanno attraversato a ondate il centro della capitale in uno scenario dantesco già poco dopo le cinque del pomeriggio, orario di convocazione dell’assedio al Parlamento, hanno visto un rimescolamento forzoso – e salutare – degli spezzoni dei sindacati, delle associazioni politiche e dei partiti della sinistra sommersi da una quantità di gente scesa in piazza con l’unica intenzione di esprimere la propria rabbia e la propria frustrazione. 

Ieri la polizia ateniese ha comunicato quello che dovrebbe essere il bilancio definitivo della battaglia di domenica ad Atene: 170 feriti sono stati curati negli ospedali, tra cui 70 agenti; 92 manifestanti sono stati fermati e per 74 di loro è scattato l’arresto. Molti di loro non sono giovani militanti dei gruppi dediti abitualmente alla guerriglia urbana, ma padri di famiglia, attivisti sindacali, ultrà e in alcuni casi persone con nessun passato di attività politica o sindacale alle spalle. Le agenzie di stampa riportano che tra le centinaia di scritte che hanno ricoperto kilometri quadrati di muri della città, una spiccava sulla facciata bianca della Banca di Grecia: «Sbirri, vi mangeranno i figli». 

Per ora a mangiarsi la Grecia sono i tecnocrati dell’Unione Europea, al servizio di stati e banche voraci. «Vogliamo chela Grecia resti nell’Eurozona ma la solidarietà non può essere una strada a senso unico, quindi è normale che i partner dell’Euro si aspettano che Atene rispetti gli impegni» ha detto oggi, tanto per non perdere il vizio, un portavoce della Commissione europea commentando le voci secondo cui Germania, Olanda e Finlandia sarebbero orientate a far fallirela Grecia. Come se i greci non fossero già falliti. Oppure a Berlino e Bruxelles pensano che milioni di lavoratori, precari e pensionati greci possano sopravvivere a lungo con 500-600 euro al mese in un paese che ha prezzi – questi sì – europei?

La classe politica ellenica continua a chinare la testa, sperando che la propria sudditanza agli interessi tedeschi gli conceda un salvacondotto sufficiente a sfuggire alla rabbia popolare sempre più incontenibile. Le condizioni poste dalla zona euro alla Grecia «saranno soddisfatte» entro la teleconferenza dei ministri delle finanze della zona euro in programma nel tardo pomeriggio ha promesso il ministro delle finanze di Atene, l’odiatissimo Evangelos Venizelos. Tra le condizioni richieste, Atene deve trovare altri 325 milioni di risparmi nel bilancio 2012 e i leader politici devono impegnarsi per iscritto a mettere in atto riforme dopo le elezioni di aprile. Elezioni formalmente anticipate, rispetto alla scadenza naturale del mandato. Ma ampiamente ritardate rispetto ad una situazione in cui la fiducia o la semplice tolleranza dei greci nei confronti del proprio governo e del proprio parlamento sono ridotte al lumicino.

Quei 325 milioni di euro Papademos e i suoi dovrebbero trovarli segando un altro po’ le pensioni di gente che fa la fila davanti alle mense della Chiesa Ortodossa e della Croce Rossa. E sulla spesa per i medicinali e la sanità. Ieri la centrale via Stadiou, uno degli epicentri della battaglia di domenica, era occupata da centinaia di pensionati che protestavano contro i tagli ai loro assegni e all’assistenza sociale e sanitaria. E per domenica i sindacati hanno già indetto una nuova manifestazione.

Ma ieri il consiglio dei ministri ha dato carta bianca al Ministro delle Finanze per attuare l’iter necessario alla svendita delle società dell’acqua di Salonicco e Atene, del Casinò della capitale, dei porti del Pireo e di Salonicco, delle poste, degli aeroporti di provincia, delle autostrade, dell’energia elettrica e, infine, dei giacimenti di gas a Kavala.

La Grecia è in vendita. E a comprarsela saranno – in saldo – quei creditori che stanno speculando sul debito ‘pubblico’ di Atene e che ogni giorno mandano segnali impazienti ai ministri di Papademos. Sui giornali finanziari di tutto il mondo già si adombra l’ipotesi di una terza spremitura per i greci. A giugno. Secondo le indiscrezioni la troika starebbe pensando a ulteriori tagli salariali nel settore pubblico, alla spesa sociale e alla difesa (ma non all’acquisto degli armamenti di Berlino e Parigi, naturalmente).

Secondo l’economista Christopher Pissarides, nato a Cipro da famiglia greca e Nobel nel 2010, i provvedimenti decisi dall’Ue siano “inevitabili”. “Atene ha solo due alternative – spiega -: farsi male o farsi molto male, cioè uscire dall’euro”. Ma a farsi molto male potrebbero essere gli apprendisti stregoni di Berlino e Bruxelles, e sicuramente i loro scodinzolanti agenti ad Atene.

Suona come uno schiaffo all’intelligenza dei greci la decisione, annunciata oggi dal presidente della Repubblica ellenico Papoulias, di rinunciare al proprio stipendio in segno di solidarietà con il suo popolo. La favoletta dell’equità nei sacrifici non ha più molti estimatori da quelle parti…

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2 Commenti


  • SV

    minacciare di uscire dall’euro non sarebbe autolesionismo, dal momento che e’ la maggiore preoccupazione dell’europa germanica: non a caso il precedente premier greco e’ stato portato alle dimissioni per evitare un referendum piuttosto spinoso in programma proprio per questo. potremmo farci molto male, ma anche fare ancora piu’ male. La grecia sta in una situazione in cui puo’ e deve imporre condizioni per una minore stretta di questa entita’ sovranazionale. E se ci fossero un’opposizione e un sindacato in italia dovremmo farlo anche noi per dovere verso tutti i popoli dell’europa


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