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Newroz: capodanno di sangue per i curdi

Anche quest’anno il popolo curdo non ha potuto festeggiare in pace il Newroz, il  capodanno zoroastriano che cade nell’equinozio di primavera e che da decenni ha assunto il carattere di festa nazionale e di giornata di rivendicazione dei propri diritti politici, linguistici e culturali. Dopo un periodo caratterizzato da alcune aperture di facciata, il governo dell’AKP ha scatenato contro i curdi una repressione su grande scala. Decine di amministratori locali, sindaci e deputati sono sotto processo con l’accusa di essere al servizio dei guerriglieri del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), mentre le galere del paese si sono riempite di giornalisti curdi e turchi dei media dell’opposizione di sinistra, oltre che di attivisti del movimento studentesco. Quale sarebbe stato l’atteggiamento del governo turco era già chiaro da domenica, quando le autorità hanno proibito i festeggiamenti pubblici ad Ankara e Istanbul ma anche a Diyarbakir e Van, con la giustificazione che sarebbero state permesse solo il 21 di marzo e non prima. 

Nella città di Mersin la Polizia è intervenuta senza alcun preavviso assaltando con lacrimogeni e idranti le migliaia di persone che si erano radunate. Ertugrul Kurkcu, deputato eletto in città, è stato duramente picchiato dalla polizia. Di fronte ai divieti il presidente del  BDP (“Barış ve Demokrasi Partisi”, il Partito della  Pace e la Democrazia espressione maggioritaria della popolazione curda di Turchia) Selahattin Demirtas ha risposto “Nessun esercito, nessuna polizia, nessuna forza può impedire la marcia de popolo curdo verso la libertà.” E così è stato, ovunque in Turchia. A Diyarbakir un milione di persone è scesa in piazza nonostante gli attacchi continui della Polizia e dell’Esercito con i cannoni ad acqua e i manganelli. Nell’impossibilità di bloccare l’afflusso dei curdi la Polizia ha anche aperto il fuoco contro i manifestanti e li ha inondati dagli elicotteri di gas CS. Ma gli attivisti hanno eretto barricate per rallentare l’intervento delle forze repressive e per permettere l’afflusso della gente sulla spianata di Baglar dove era prevista la celebrazione. Come hanno testimoniato i componenti della Rete Italiana di Solidarietà con il popolo curdo, presenti alla manifestazione, numerosi attivisti e semplici manifestanti sono stati fermati e arrestati, tra questi lo stesso Selahattin Demirtas e molti deputati e dirigenti del BDP. Nonostante la repressione la celebrazione si è svolta come previsto: “All’inizio, un minuto di silenzio con le mani in alto, divaricate a V, in onore dei martiri; “Biji Serok Apo”, (Viva il Presidente Apo), lo slogan più gridato. Sono poi arrivati i bus del partito BDP con i dirigenti e i parlamentari; sono seguiti gli interventi di Osman Baydemir, sindaco di Diyarbakir, di Ahmet Turk, vicepresidente del DTK e parlamentare, Aysel Togluk, copresidente del DTK, Leyla Zana, parlamentare, Selatin Demirtas, copresidente del BDP. Verso le 15,00, la folla è defluita, dando vita a numerosi cortei, non senza provocazioni della polizia e conseguenti scaramucce e scontri, che sono proseguiti nei quartier della città sino a sera. In particolare, alcuni delegati italiani hanno assistito al pestaggio ed all’arresto di un ragazzino nelle periferie, ove gli scontri sono stati più diffusi e continuati” racconta in una nota la delegazione italiana a Diyarbakir.

Anche ad Istanbul, che in questi anni si è popolata di milioni di curdi espulsi a forza dai loro territori – migliaia sono stati i villaggi bombardati e bruciati dalle forze di sicurezza di Ankara – oppure emigrati per ragioni economiche, la Polizia ha represso duramente la celebrazione del Capodanno. Domenica le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno attaccato decine di migliaia di persone che erano scese in strada per manifestare. Il dirigente del BDP Hacı Zengin, di 57 anni, ha perso la vita in seguito al feroce attacco della polizia contro la folla. L’attivista politico è stato colpito in testa da uno dei candelotti di gas lacrimogeno lanciati dalla polizia ad altezza d’uomo contro i manifestanti. Al termine della giornata di scontri almeno 165 persone sono state arrestate nella principale città turca.
Festeggiamenti e manifestazioni si sono svolte ieri e lunedì in altre 50 città del Kurdistan e anche nelle città turche dove è forte la presenza curda. Centinaia di persone, tra cui due deputati curdi, sono rimaste ferite e altri 400 sono stati arrestati.
Violenti scontri ci sono stati a Batman, Nusaybin, Cizre e Yuksekova, dove decine di migliaia di curdi sono riusciti a superare le barriere della polizia. A Batman la polizia ha arrestato almeno 148 persone, tra cui 42 minorenni. Il parlamentare curdo Ahmet Turk, 70 anni, co-presidente del Congresso della società democratica (DTK) è stato colpito dalla polizia e ricoverato in ospedale, mentre un altro manifestante è stato ferito gravemente dopo essere stato colpito alla testa da un candelotto lacrimogeno. A Cizre, nella provincia di Sirnak, la Polizia ha sparato proiettili veri su una folla di oltre 20.000 manifestanti. Oltre 50 persone, tra cui il vicesindaco della città Mustafa Goren sono stati arrestati. A Viransehir, in provincia di Urfa, la polizia ha violentemente attaccato i kurdi riuniti per il Newroz, arrestandone almeno 25. Scene di guerriglia urbana in tutti i quartieri di Nusaybin e Yuksekova. Diverse persone sono rimaste ferite e sono stati effettuati diversi arresti. In molte città i manifestanti si sono scontrati duramente con le forze di sicurezza, tentando di respingere i loro attacchi con barricate e il lancio di bottiglie molotov e pietre contro i blindati della Polizia lanciati contro la gente scesa in strada. Altre manifestazioni e celebrazioni sono in programma da oggi e fino alla fine della settimana, il bilancio di sangue potrebbe quindi aumentare.
Assieme alla repressione diretta, gli hacker al servizio del regime hanno preso di mira le due agenzie kurde Firat e Dicle, per evitare la diffusione delle informazioni su quanto stava avvenendo.
Intanto un giornalista curdo rifugiatosi in Francia ha denunciato che ormai da più di sette mesi nessuno ha più contatti diretti con Abdullah Ocalan, il leader del Pkk condannato all’ergastolo e rinchiuso nell’isola-lager di Imrali ormai da 13 anni. «Da 234 giorni non si hanno notizie di Ocalan e nessuno riesce ad incontrarlo. Né i suoi familiari, né i suoi avvocati» ha spiegato Ferda Cetin, che poi ha aggiunto: «Recentemente a Imrali sono stati portati altri cinque detenuti, rinchiusi in una cella diversa da quella di Ocalan. Ma da allora non si ha notizia neanche di loro  mentre finora «sono stati arrestati 40 avvocati difensori» del leader curdo – considerato un superterrorista da Turchia, Usa e Ue – ha aggiunto ancora Cetin. 

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