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Tunisia. Sciopero massiccio nel settore pubblico

Un anno dopo la caduta del dittatore Ben Ali, le promesse sociali della “rivoluzione tunisina” sono lontane dall’essere realizzate.

E’ anche in nome delle speranze suscitate l’anno scorso dai movimenti, che i lavoratori dei tre rami del settore pubblico – giustizia, istruzione e salute – sono in sciopero mercoledì 30 e giovedì 31 maggio.

Se lo sciopero dei magistrati è durato solamente un giorno con una piattaforma imperniata sulle questioni della giustizia che tiene conto della difesa dell’indipendenza della magistratura contro il licenziamento di 81 giudici, lo sciopero degli insegnanti da un lato e quello dei medici e del personale ospedaliero dall’altro, sono stati ampiamente partecipati e con rivendicazioni generali: la difesa del servizio pubblico contro la privatizzazione strisciante dell’era Ben Ali.

Il successo dello sciopero è innegabile, l’85% dei lavoratori nei settori in questione ha risposto, secondo il portavoce dell’UGTT Sami Thari: “La maggior parte delle scuole e dei tribunali sono rimasti chiusi mercoledì. Gli ospedali hanno garantito un servizio minimo e nei casi di emergenza.”

Nel settore dell’istruzione, la rabbia cresce per la mancanza dei mezzi per la scuola. Gli insegnanti reclamano salari più alti e diminuzione dell’orario, sulla base degli insegnanti della scuola secondaria.

Va detto che la condizione di docente non è invidiabile e non suscita vocazioni, con un salario di ingresso di 600 dinari (300 euro). L’abbandono sotto Ben Ali di una formazione di qualità per gli insegnanti, coniugata a una politica quantitativa degli esiti delle laurea, ha contribuito a svalutare i diplomi e la professione di docente in Tunisia.

La mobilitazione è stato ampia tra gli insegnanti tunisini: l’adesione allo sciopero è stata mediamente dell’85%, con punte del 97% in Beja, 95% a Kasserine e Gafsa e il 94% a Tunisi.

Ma è nel comparto sanitario la rabbia più accesa, che ha mobilitato medici, farmacisti, dentisti e una parte del personale ospedaliero e universitario negli Ospedali Universitari.

Gli ospedali pubblici stanno soffrendo a causa della mancanza di mezzi con drammatiche conseguenze umane: la carenza di posti letto e di apparecchiature mediche, la diffusione di tecnologie obsolete. Negli ospedali le aggressioni contro il personale ospedaliero sono in aumento.

I medici specialisti passano al sistema privato visto che il salario di ingresso di un medico d’emergenza non raggiunge i 1.000 dinari (500 euro) in condizioni di lavoro terribili.

La precarietà è diventata un luogo comune negli ospedali con la pratica dei “contratti rinnovabili” (l’equivalente dei contratti a tempo determinato) che mantengono il personale in una situazione di insicurezza, con un salario minimo di 300 dinari (150 euro).

Secondo Habiba Mizouni, Segretario del Sindacato dei Medici legato alla UGTT, si tratta di una “politica deliberata nell’era Ben Ali, che mira a creare un divario tra la sanità pubblica e quella privata per promuovere la privatizzazione del settore”.

Il sindacato rivendica non solo l’aumento degli stipendi e la fine dei contratti a termine, ma anche infrastrutture di qualità, mezzi per consentire all’ospedale pubblico di essere riferimento nel settore.

La risposta allo sciopero è stata quasi all’unanimità: con il 95% delle adesioni negli ospedali in tutto il paese, con un record del 100% a Monastir, il 95% in Sfax, il 90% a Tunisi.

La consapevolezza della posta in gioco nella lotta contro la strisciante privatizzazione della salute, è chiara in molti scioperanti. Così, Kalthoum Kazdaghli del UGTT ha detto:

“Nel prossimo futuro, chi avrà i soldi potrà accedere al”università di medicina e fare carriera, gli altri saranno allontanati. Il futuro della medicina in questo paese è davvero in pericolo”.

Un altro medico ha commentato: “Mi oppongo alla privatizzazione degli ospedali e degli ospedali universitari, perché l’accesso alle cure dovrebbe essere universale e non solo per chi può permetterselo”.

Lo sciopero del 30 e 31 maggio è solo l’inizio di un movimento di rabbia nei confronti di una rivoluzione sequestrata dalle forze liberali al servizio dell’imperialismo occidentale. Prende forma una convergenza delle lotte in difesa di una concezione diversa della società tunisina, quella sostenuta dai veri protagonisti della “rivoluzione tunisina”.

da solidarite-internationale-pcf.over-blog.net/article-greve-massivement-suivie-en-tunisie-dans-le-secteur-public-hopitaux-et-ecoles-paralyses-pour-defen-106221577.html

Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

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